San Giosafat (12 novembre)
«La Chiesa di Dio.. è destinata ad abbracciare l’universalità del genere umano.. san Giosafat, arcivescovo di Pólozk, di rito slavo orientale.. (versò) il proprio sangue per l’unità della santa Chiesa.. avendo anzitutto a cuore l’unione dei suoi concittadini con la cattedra di Pietro, cercava da ogni parte argomenti efficaci a promuoverla e a consolidarla.. si accinse quindi a trattare, con forza e soavità insieme, la causa della restaurazione dell’unità, ottenendo frutti così copiosi da meritare dagli stessi avversari il titolo di “rapitore delle anime”».
Di chi sono queste parole?
Di papa Pio XI, che nell’enciclica Ecclesiam Dei dipinge i tratti del santo che festeggiamo oggi: Giovanni Kuncewycz, nato a Vilna, in Lituania, intorno al 1580. I genitori erano cristiani ortodossi separati.
In che senso “separati”?
Per capire dobbiamo fare un passo indietro: la Russia, evangelizzata poco prima dello scisma del 1054 dai cristiani di Bisanzio (futura Costantinopoli, attuale Istanbul), seguì la Chiesa greca nella sua separazione da Roma, e ciò fino al 1589, anno in cui divenne autonoma con la nascita del patriarcato di Mosca. In questo periodo la Rutenia, l’attuale Ucraina, era passata dal dominio russo a quello polacco, facendo sì che i presbiteri ortodossi, entrati di nuovo in comunione con Roma, potessero mantenere gli antichi riti e le tradizioni slave.
Dunque Giovanni nacque in un clima di grossi cambiamenti..
Proprio così. Divenuto monaco basiliano nel 1604 e convertitosi alla Chiesa rutena unita, divenne ad appena vent’anni il primo novizio del nuovo ordine della Santissima Trinità di Vilna. Da monaco assunse il nome di Giosafat, vallata che, pur alludendo a quella del Cedron, è in realtà immaginaria e apocalittica, dato che in essa, secondo il profeta Gioele (4,1-2), le anime si riuniranno durante il giudizio finale. Yehôšâfat traduce infatti “Il Signore giudica”. Eletto vescovo di Pólozk, attuale città della Bielorussia, fu assassinato il 12 novembre 1623 a Vitebsk, ad un centinaio di kilometri di distanza.
Per quale motivo fu ucciso?
Per il suo zelo ecumenico, ragione per la quale la Chiesa lo ricorda oggi. Il commando che lo martirizzò era infatti costituito da un gruppo di facinorosi ortodossi separati, che non accettavano il legame con la Chiesa di Roma. Per questo definirono con disprezzo “uniate” – dal russo uniat, “unione” – quelle Chiese d’Oriente che, dopo lo scisma ortodosso, conservarono il legame con Roma o vi ritornarono in seguito.
È proprio vero che il diavolo, letteralmente il “divisore”, fa di tutto per attentare l’unità!
I due grandi scismi della storia della Chiesa – nel 1054 prima e nel XVI secolo poi – hanno dato vita alle tre grandi Confessioni del cristianesimo (Cattolica, Ortodossa e Protestante), ovvero a tre modi di “confessare” diversamente la propria fede, e ciò rappresenta indubbiamente una grande fonte di ricchezza, ma allo stesso tempo, forse, anche l’elemento di maggior scandalo per i non credenti. Il Concilio Vaticano II ha tentato di ricucire questa ferita, nello specifico col decreto Unitatis redintegratio, che non a caso si apre con queste parole: «Promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico.. Tale divisione non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia.. la predicazione del Vangelo ad ogni creatura» (UR 1).
Ma è davvero possibile oggi, dopo quanto successo nei secoli passati, ristabilire questa unità?
Lasciamolo dire a san Giovanni Paolo II, la cui enciclica Ut unum sint! (“Perché siano una cosa sola!”) del 1995, inizia proprio con un imperativo, e termina affermando: «se volessimo chiederci se tutto ciò è possibile, la risposta sarebbe sempre: sì. La stessa risposta udita da Maria di Nazaret, perché nulla è impossibile a Dio». La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che, nata nel 1908, si celebra ogni anno dal 18 al 25 gennaio, è un piccolo segno in tal senso.
«Ti chiediamo, Signore, per intercessione di Giosafat, di non farci mai desistere da questo miracolo possibile. Te lo chiediamo oggi, come ogni giorno e in ogni Messa, assieme ai tuoi presbiteri: “Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo” (Epiclesi sui comunicandi della Preghiera Eucaristica II).
Recita
Cristian Messina, Giulia Tomassini
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri