Sant'Ireneo (28 giugno)
«..l’uomo vivente è la gloria di Dio e vita dell’uomo è la visione di Dio». In questa massima sono condensati il pensiero e la vita di Ireneo. Tale citazione fa parte del suo "Trattato contro le eresie", in cui dice che vivere è partecipare della vita divina, partecipazione che consiste nel vedere Dio e nel godere della sua bontà. L’uomo che vive davvero è dunque “gloria di Dio”, cioè sua presenza manifesta e tangibile.
Chi era Ireneo?
Originario dell’Asia Minore, seppur non è certo sia morto martire, la Chiesa lo venera come tale. Ireneo (130 ca. – 202 ca.) lo è di nome e di fatto, come dicevano i latini «Nomen omen», ovvero il nome pre-dice già la persona, il suo destino. Tale credenza romana, che vede nel nome della persona la sintesi della sua vita, ben si sposa col festeggiato odierno: Ireneo deriva dal greco eirénē, “pace”, egli fu infatti uomo di pace e pacificatore, soprattutto in alcune circostanze importanti.
Quali precisamente?
Su tutte l’episodio della controversia sulla Pasqua. Gli orientali e gli occidentali cristiani dibattevano già allora – ma un accordo non si è tuttora trovato – sul “quando” celebrarla: i primi sostengono che la data più opportuna sia il 14 di Nisan, settimo mese del calendario ebraico, corrispondente al nostro marzo-aprile; i secondi prediligono invece quanto fissato dal Concilio di Nicea del 325: la domenica successiva alla prima luna piena di primavera, che si verifica in ogni caso tra il 22 marzo e il 25 aprile. Ireneo si recò dunque a Roma per suggerire moderazione a papa Vittore, in procinto di scomunicare le Chiese dell’Asia che non volevano attenersi alla medesima data delle altre comunità. Egli fu tuttavia anche un grande rivale delle eresie del tempo.
Cosa sostenevano tali eresie?
I primi secoli del cristianesimo furono un periodo “di assestamento”, in cui tutto andava delineandosi. Il pensiero degli gnostici era al tempo molto forte. Essi ritenevano che vi fossero tre categorie di uomini: la prima (i pneumatici, dal greco pneuma, “spirito”), rappresentata da coloro che possiedono lo spirito divino e quindi la gnosi, cioè la conoscenza dei misteri, ben superiore – secondo loro – alla fede dei comuni cristiani; la seconda (gli ilici o coici, dal greco hyle e chous, “terra, materia”), rappresentata all’opposto da coloro che sono destinati alla dannazione; la terza infine (gli psichici, da psychè, “anima”), formata da chi ha la possibilità di scegliere tra il bene e il male, in base al libero arbitrio.
Cosa comporta concretamente questa concezione degli uomini?
Per gli gnostici il Salvatore verrebbe nel mondo solo per “risvegliare le coscienze”, se così possiamo dire, ma per fare ciò non è necessario che assuma una carne vera e propria: l’incarnazione di Cristo sarebbe per costoro solo apparente. È quanto afferma l’eresia dei docetisti, così chiamati dal greco dokéin, “apparire”. Tale concezione vanifica evidentemente l’intera opera di salvezza attuata da Gesù! Non solo, questa verità verrebbe trasmessa solo ai pochi “fortunati”, rendendo vana l’universalità della salvezza stessa. Rivelazione che, conseguentemente, non avrebbe nemmeno bisogno di una Tradizione apostolica. A tutto ciò si aggiunse anche l’idea – sostenuta da Marcione di Sinope – che l’Antico Testamento doveva essere ripudiato, poiché mostrava non il Dio Padre di Gesù, ma un dio inferiore e vendicativo, creatore di questo mondo malvagio e corrotto.
Dunque Ireneo si scagliò contro tutte queste idee..
Premesso che in tali tentazioni possiamo incappare in ogni tempo, nostro compreso, va detto che prima di Ireneo già due grandi figure, Giustino e Melitone di Sardi, lottarono contro gli eretici, ma le loro opere andarono purtroppo perdute, come tante altre di quel periodo. La prima grande opera antignostica a noi pervenuta è appunto il "Trattato contro le eresie" di Ireneo, divenuto poi evangelizzatore della Gallia e vescovo della città di Lione.
«O Dio, che al vescovo sant’Ireneo hai dato la grazia di confermare la tua Chiesa nella verità e nella pace, fa’ che per sua intercessione ci rinnoviamo nella fede e nell’amore, e cerchiamo sempre ciò che promuove l’unità e la concordia».
Recita
Vittoria Salvatori, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale con chitarra di Gabriele Fabbri