Santa Marta (29 luglio)
«..esiste un unico traguardo al quale tendiamo, quando ci affidiamo nelle svariate occupazioni di questo mondo. Vi tendiamo mentre siamo ancora pellegrini e non ancora stabili; in cammino e non ancora in patria; nel desiderio e non ancora nell’appagamento.. Ma dimmi: quando sarai giunta a quella patria, troverai il pellegrino da accogliere come ospite? ..l’affamato cui spezzare il pane? L’assetato al quale porgere da bere? L’ammalato da visitare? Il litigioso da condurre alla pace? Il morto da seppellire?». In questo modo Sant’Agostino dialoga oltre lo spazio-tempo con Marta, la festeggiata di oggi, spesso relegata nello sterile antagonismo tra contemplazione e azione. Ma ha da dirci molto di più.
Cosa precisamente?
È lo stesso vescovo di Ippona a dircelo, che prosegue: «Lassù non vi sarà più posto per tutto questo. E allora che cosa vi sarà? Ciò che ha scelto Maria: là saremo nutriti, non nutriremo». Tali parole non sono tuttavia un rimprovero, semmai uno sprone a ciascuno di noi. Marta, etimologicamente “signora”, figura sempre come la sorella “peggiore”, tanto da essere apparentemente rimproverata da Gesù, eppure lei sola ha trovato posto nel calendario universale dei santi, non la sorella Maria! I primi a dedicarle una celebrazione liturgica furono i francescani già nel 1262, fissando la data al 29 luglio, ciòè otto giorni dopo la festa della Maddalena, impropriamente identificata con la sorella Maria.
Chi erano dunque queste due sorelle?
I Vangeli ce le mostrano prima nel celebre episodio in cui Marta s’affanna (Lc 10,38-42), poi durante la malattia e la morte del fratello Lazzaro (Gv 11,1-44), infine sei giorni prima della Pasqua ebraica (Gv 12,2-11). Se cercassimo di capire chi sono, basandoci unicamente sul primo brano, faremmo un errore grossolano. Ma prendiamole separatamente: Maria è colei che “spreca” il nardo, a detta di Giuda Iscariota, che invece si poteva vendere, facendolo tra l’altro attraverso un gesto quasi erotico nei confronti di Gesù. Asciugargli i piedi con i capelli era infatti un gesto molto sopra le righe. Lo stesso gesto è compiuto da una prostituta al capitolo settimo di Luca (7,36-39). Ma, come detto, Maria non va confusa con la Maddalena, anche se su questo si è dibattuto e si dibatte.
Di Marta, invece, cosa possiamo dire?
Anzitutto che era sorella di Maria, probabilmente la maggiore, con le dinamiche “familiari” del caso: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?», gli dice, un modo non troppo sottile e indiretto per rimproverarla, ma anche per ingraziarsi Gesù, svalutando Maria. Ma il maestro non sta a questi “giochetti” e punta dritto al cuore della questione, sottolineando come Marta sia l’immagine del popolo d’Israele, tutto indaffarato a seguire il “fare”, cioè la Legge, mentre Maria sia già passata oltre, capace di accogliere e ri-conoscere lo Sposo, quel Messia atteso dalla Legge stessa.
Quindi Gesù privilegia Maria..
Anche se l’ascolto è previo all’azione (ma la nostra epoca sembra non averlo capito..), non è questo il punto, dato che il comportamento delle due sorelle non va contrapposto, ma messo in parallelo: se Marta rappresenta l’attesa, Maria è figura del compimento. E Marta stessa effettuerà tale compimento, come sottolineato dal capitolo 12 di Giovanni, in cui è di nuovo occupata nel servire i commensali, ma questa volta per festeggiare (nello specifico la risuscitazione di Lazzaro), dopo aver compiuto il salto di fede quando ancora il fratello era morto. Alla domanda di Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà.. Credi questo?», lei rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio..» (Gv 11,23-27). E in tutto ciò l’ospitalità è centrale.
In che senso?
L’intera Bibbia potrebbe essere letta alla luce dell’ospitalità: il Creatore ci ha ospitati anzitutto nel suo “mondo”, ma quando è stato il momento di “ricambiare”, noi esseri umani non l’abbiamo fatto: lo abbiamo perfino lasciato nascere all’aperto! Ma Gesù ci dice che chi accoglie colui che manderà, accoglie Lui stesso (cfr. Gv 13,20). Non solo: «Non dimenticate l’ospitalità – raccomanda la Lettera agli Ebrei – alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» (Eb 13,2). Sacra Scrittura che si chiude non a caso con un monito dell’Apocalisse: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 13,20). E quella “cena”, in fondo, è tutto ciò che il nostro cuore desidera..
«La comunione al corpo e al sangue del tuo unico Figlio ci liberi, o Padre, dagli affanni delle cose che passano, perché sull’esempio di santa Marta collaboriamo con entusiasmo all’opera del tuo amore, per godere in cielo la visione del tuo volto» (Preghiera dopo la Comunione del giorno).
Recita
Federica Lualdi, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri