Santa Margherita Maria Alacoque (16 ottobre)
Oggi la Chiesa festeggia sant’Edvige, duchessa di Slesia e Polonia che, dopo la morte del marito e di ben sei figli entrò fra le cistercensi di Trebnica, dove già era abbadessa la settima figlia. Oltre a questa grande donna si festeggia però, tra i tanti, anche una seconda santa, probabilmente più conosciuta per l’impronta devozionale che seppe lasciare ai posteri.
Di chi si tratta?
Nata il 22 agosto del 1647 in Borgogna, nel piccolo paesino francese di Verosvres, Margherita Maria Alacoque divenne in seguito monaca presso Paray-le-Monial, nell’ordine fondato da Francesco di Sales, quello della Visitazione. A venticinque anni, mentre si trovava in adorazione di Gesù Eucarestia, iniziò ad avere le prime singolari visioni, che si ripeteranno per due anni durante ogni primo venerdì del mese.
Questo evento ha a che fare con la diffusa pratica devozionale?
Proprio così. Ma facciamo un passo indietro: se a nove anni ricevette la prima Comunione, solo a ventidue fu cresimata, occasione per la quale volle prepararsi col sacramento della Riconciliazione, impiegando quindici giorni per scrivere su un quaderno le proprie mancanze! Fatto che sottolinea ampiamente la sua predisposizione ad accogliere quanto seguirà: nel 1675, durante l’ottava del Corpus Domini, Gesù le apparve col petto squarciato e, indicandosi il cuore, le parlò, promettendo grazie a tutti coloro che avrebbero onorato il suo Cuore. Da quel momento l’iconografia si sbizzarrì nel riprodurre l’eccezionale evento.
Cosa le disse di preciso?
Le fece dodici promesse, l’ultima della quali afferma: «A tutti quelli che, per nove mesi consecutivi, si comunicheranno al primo venerdì d'ogni mese, io prometto la grazia della perseveranza finale: essi non morranno in mia disgrazia, ma riceveranno i Santi Sacramenti (se necessari) ed il mio Cuore sarà loro sicuro asilo in quel momento estremo».
Con tutto il rispetto per chi segue con sincera fede questa devozione, non è forse un po’ troppo “sdolcinata”, vincolante e anacronistica?
Premesso che la diversità – e ciò vale anche e soprattutto all’interno della Chiesa – è sempre fonte di ricchezza e di scelta, a questa critica, sottile ma non nuova, lasciamo rispondere il teologo valdostano Paolo Curtaz: «La fede – dice – è questione di cuore. Di affetto, di slancio, di emozioni, di profonde scoperte, di radicali scoperte.. è questione di incontri e di profondità, non di apparenza, non di superficie, non di pelle.. è esperienza travolgente e se così non è stata, lo può e lo deve diventare. La fede è passione e slancio.. Quando Gesù apparve nella preghiera a suor Maria Margherita a Paray-le-Monial, nella devota e pia Francia del XVII secolo, era per ricordare a lei e a noi che quando parliamo di lui e di Dio stiamo parlando di un cuore divorato dalla passione. Non di paura, di punizioni, di bronci divini (speravamo, sinceramente, di non doverne sentire più parlare). E nemmeno di insignificanza, di fede come evento culturale, un’acqua cheta inutile e insapore. Ma di un fuoco divorante». Del resto, le straordinarie visioni procurarono alla santa stessa – come sempre accade quando si manifesta nella Chiesa qualcosa di “nuovo” che ne scombussola gli equilibri! – incomprensioni e giudizi, finché non fu affidata alla direzione spirituale del gesuita san Claudio de la Colombière.
Cosa ci dice la stessa Margherita sul Cuore di Gesù?
In una delle sue lettere così si esprime: «il suo Sacro Cuore è una fonte inesauribile che cerca solo di riempire i cuori umili, vuoti.. è una fonte inesausta, dalla quale scendono ininterrottamente tre canali: il primo è quello della misericordia verso i peccatori.. Il secondo è quello della carità.. Il terzo è quello dell’amore e della luce per gli amici perfetti, che egli desidera unire a se stesso, per comunicare loro la sua scienza e i suoi desideri.. Questo cuore divino – prosegue – è un abisso di bene, in cui i poveri devono riversare le loro necessità. È un abisso di gioia, dove bisogna gettare tutte le nostre tristezze. È un abisso di umiliazione per il nostro orgoglio, un abisso.. in cui bisogna seppellire tutte le nostre miserie». Margherita morì a soli 43 anni.. era il 17 ottobre 1690. La sua memoria tuttavia è stata collocata il giorno precedente, con ogni probabilità per non sovrapporla a quella del celebre martire Ignazio di Antiochia.
«La Scrittura chiama “cuore” tutto ciò che in esso vi confluisce, i pensieri e i dubbi, la volontà e i sentimenti. Allora sì, Gesù, affidiamo il nostro povero cuore al tuo: rendilo capace di amare!».
Recita
Vittoria Salvatori, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento musica di Gabriele Fabbri