Annalena Tonelli (25 Giugno)
«Non parlate di me che non avrebbe senso, ma date gloria al Signore per gli infiniti indicibili grandi doni di cui ha intessuto la mia vita». Invece lo faremo, parleremo di te Annalena, ma solo per dare gloria a quel Signore che hai amato in tutti i modi!
Chi è Annalena?
Guido Tonelli e Teresina Bignardi, originari di Castel Guelfo di Bologna, dopo un breve periodo trascorso a Milano si trasferiscono a Forlì nel 1941. Due anni dopo, il 2 aprile, nasce Annalena, secondogenita di cinque figli, che dopo il liceo classico Morgagni si iscrive alla facoltà di Legge a Bologna.
Dunque si laureò in Giurisprudenza..
Non subito. Partita per gli Stati Uniti, nel quartiere di Harlem – al tempo “ghetto nero” della Grande Mela – sperimentò intensamente la chiamata a donarsi: «Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati, che ero bambina e così sono stata e confido di continuare fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri in Lui. Per Lui feci una scelta di povertà radicale». Solo un anno dopo, nel 1962, riprese gli studi. In quegli anni si appassionò ai problemi sociali della sua Forlì, buttandosi a capofitto su tutti i fronti: collaborando alla creazione dell’opera Don Pippo, che si occupava di ragazze rifiutate, diventando presidente della F.U.C.I. (gli universitari cattolici), assistendo le famiglie più povere, collaborando con la San Vincenzo e seguendo un’istituzione che si interessa di bimbi non voluti, nati cioè al di fuori delle nozze. Si spende all’interno di un carcere minorile e frequenta un gruppo di preghiera. Nel 1967 contribuirà perfino a far costruire un monastero per le clarisse. Soprattutto, però, inizia ad interessarsi di tutto ciò che gravita attorno al Terzo Mondo, diffondendone in ogni modo la conoscenza.
Un’attività caritativa davvero impressionante, quasi da non credere..
Proprio così: «La mia preoccupazione e desiderio insaziabile – scriverà infatti – furono di condividere i problemi degli svantaggiati in modo il più possibilmente profondo e di combattere duramente per crescere insieme e divenire individui più sani in una società più sana e capire la salute come benessere totale delle creature dal punto di vista fisico, mentale e sociale». Nel 1968, grazie all’insistenza dei genitori, si laurea a Ferrara con una tesi sulla responsabilità penale dei minori, ma l’Africa la stava aspettando: «Partii decisa a “gridare il Vangelo con la mia vita” sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza». Ci resterà, tra andirivieni, 33 anni. L’anno seguente parte infatti per il Kenya, in qualità di missionaria laica, insegnando letteratura inglese e africana, oltre che storia e geografia, in una scuola superiore. Ma non le basta: chiede di poter lavorare direttamente alle dipendenze del governo keniota, ma a condizione di essere assegnata ad un villaggio, da lei precedentemente visitato e scelto, in cui poter predicare il vangelo ai musulmani. Così, nel 1970, inizia ad insegnare nella scuola di Wajir, villaggio in cui inizia anche la sua vita “comunitaria”: la raggiunge quella che sarà la sua prima compagna, Maria Teresa, cui si aggiungeranno negli anni seguenti Liliana, Maria Assunta, Linda e altre ancora. Nel 1975 inizierà la costruzione dell’eremitaggio “Beata Angelina”, sul cui terreno saluterà questo mondo..
In che senso?
Tempo al tempo. A proposito, dall’anno seguente e per i nove successivi Annalena comincerà ad occuparlo quasi interamente per i malati di tubercolosi, accudendone circa 1500! Ma la sua vita, oltre che dallo spendersi per gli altri e in ogni modo, sarà segnata allo stesso tempo dalla meditazione e dalla vita comunitaria, sorta di pellegrina dello spirito che la vedrà ritirarsi nella comunità monastica di Monteveglio, nell’eremo francescano di Cerbaiolo – vera oasi di pace – e in quelli di Montevecchio e Gamogna, quest’ultimo abitato dalle Fraternità monastiche di Gerusalemme. E poi ancora Castagnolo di Civitella e Campello sul Clitunno, reso celebre da sorella Maria, vera pioniera dell’ecumenismo. Il 4 gennaio 1986 le muore fra le braccia babbo Guido, evento che lei definirà «di grazia». Dal 1984, purtroppo, diventerà bersaglio di diversi attentati: nel 1990 verrà sequestrata per tre giorni, l’anno dopo minacciata di morte e miracolosamente risparmiata.. nel marzo ’94 verranno tra l’altro uccisi la giornalista Ilaria Alpi e il suo operatore. Ma nulla le impedirà di spendersi per «I piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agli occhi del mondo ma grandemente agli occhi di Dio, i suoi prediletti – diceva – hanno bisogno di noi e noi dobbiamo essere con loro e per loro e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia di acqua nell’oceano..».
Chissà quanti riconoscimenti avrà ricevuto per il bene fatto..
Diversi, ma sempre da lei non accettati o accettati per altri motivi: nel 1993 le verrà consegnata l’onorificenza di cavaliere della Repubblica; nell’Ottobre 2000 il comitato italiano dell’UNICEF le offrirà il premio annuale per la pace, che lei non verrà a ritirare: «Sono spiritualmente incapace di accettare premi». Ma il più prestigioso sarà il premio Nansen, consegnatole nel giugno 2003 a Ginevra per la sua lunga dedizione nei confronti delle comunità somale: lo accetta a fatica, ma solo per attirare l’attenzione su quanto stava accadendo a quella terra martoriata, in cui lei stessa vedrà la fine, neppure quattro mesi dopo..
Ovvero?
Il 5 ottobre, a Borama, nell’ospedale da lei stessa fondato, alle ore 19 viene uccisa da un commando somalo islamista con un colpo alla nuca. L’ultimo attentato le costa la vita: muore dopo circa mezz’ora e dopo che, in un estremo tentativo di restituire quanto ricevuto, alcuni malati cercano di ridonarle quel sangue che ormai era stato versato per loro e per sempre.. Le sue ceneri sono state sparse, come aveva espressamente chiesto, nell’eremo di Wajir, sulla sabbia di quel deserto da lei tanto amato, come quei musulmani che pure l’hanno uccisa: «loro mi hanno insegnato la fede; l’abbandono incondizionato, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico, una resa rocciosa e arroccata a Dio, una resa che è fiducia e amore». Il 7 ottobre di nove anni dopo si è svolta la prima Marcia della Pace, dalla sua città natale, Forlì, al paese di Bertinoro, tragitto segnato dalle sue “orme” e da quelle di un altro gigante della fede: padre Ernesto Balducci. In questo modo Annalena ha calcato i passi del maestro di Nazareth, quel “Figlio dell’uomo che non ebbe neppure dove posare il capo”: «Volevo seguire Gesù e scelsi di essere per i poveri. Per lui feci una scelta di povertà radicale, anche se povera come un vero povero io non potrò mai esserlo. Vivo il mio servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio, senza un versamento di contributi per quando sarò vecchia».
Ti ringraziamo, Signore, per il dono di Annalena: aiutaci ad abbracciare come lei il mondo intero, ad amare «Tutti gli uomini, pur così totalmente differenti.. (eppure) così meravigliosamente simili.. compagni di strada e fratelli e figli dello stesso Padre». Donaci di poter dire con lei: «veramente tutto il mondo è dentro di me e io amo tutto il mondo».
Recita
Maruska Guiducci, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Libreria suoni di Garage Band