Santi Giovanni Fisher, vescovo e Tommaso Moro, martiri (22 giugno)
«“Perché vi siete opposto a me?”, “Mi è parso che aveste torto”, “Questione di coscienza.. se riusciste a vedere i fatti come sono, senza quell’orrendo aspetto morale.. Mi volete aiutare? ..il re ha bisogno di un figlio, voi che cosa fate?”, “Io prego tutti i giorni”, “Cose da pazzi! ..quella tale almeno non è sterile”, “Ma non è sua moglie”, “..e va bene, bravo, pregate, ma oltre a pregare si può fare dell’altro, e cioè fare ottenere a sua maestà il divorzio: voi mi darete il vostro aiuto?”, “L’unica cosa da fare è andare da sua Santità e chiederglielo.. no vostra grazia, io non vi aiuterò”, “..questo vi piacerebbe vero, governare il Paese con le preghiere?!”, “Sì, lo farei..”».
Questo dialogo tra Thomas More e il Cardinale Wolsey, cancelliere del re d’Inghilterra Enrico VIII, è tratto dal film "Un uomo per tutte le stagioni", e ci introduce alla festa di oggi.
In questo giorno la Chiesa celebra la memoria del vescovo Giovanni Fisher e del politico Thomas More, nome in seguito italianizzato in Tommaso Moro, entrambi canonizzati nel 1935 da Pio XI per l’eroicità che permise loro di non aderire al cosiddetto “Atto di supremazia”, col quale Enrico VIII si autoproclamava capo della Chiesa inglese, da quel momento definita Anglicana.
Cosa sappiamo di loro?
Giovanni Fisher nacque nel 1469 a Beverley, una cittadina nel nord dell’Inghilterra. Uomo di grande cultura, a 22 anni fu ordinato presbitero, per poi diventare vescovo della diocesi di Rochester, piccola città a una quarantina di km da Londra, famosa soprattutto poiché per molti anni vi ha abitato il celebre scrittore Charles Dickens. Fisher era inoltre cancelliere dell’università di Cambridge. Il 22 giugno 1535 accettò con serenità la sua condanna a morte, un mese prima di ricevere la dignità di cardinale conferitagli da papa Paolo III, proprio in virtù del suo coraggio e della sua fede, che gli avevano impedito di firmare quel “giuramento di supremazia”, diversamente da quanto aveva fatto la maggioranza dei vescovi.
Cosa sappiamo, invece, di Tommaso Moro?
Nato a Londra nel 1477, fu un “monaco mancato”: ai certosini preferì la carriera legale, diventando cancelliere d’Inghilterra – un parlamentare diremmo oggi –, che col passare del tempo scelse di non mischiarsi più con le “cose del mondo”. Si sposò ed ebbe quattro figli, dedicandosi in modo speciale alla famiglia, sempre aperta ed accogliente: in quella fattoria di Chelsea trovarono ospitalità tantissimi poveri e bisognosi, ma si riunirono anche i più grandi umanisti del tempo, tra i quali Erasmo da Rotterdam, che proprio qui scrisse il celebre Elogio della follia. In quella casa seppe coniugare azione e contemplazione, si alzava infatti alle due del mattino per pregare e studiare, per poi recarsi a Messa alle sette.
Come morì?
Venne decapitato 15 giorni dopo l’esecuzione di Fisher. Eppure anche tale momento, il passaggio “da questo mondo al Padre”, seppe viverlo con l’ironia che sempre lo contraddistinse. Prima di essere decapitato disse infatti al suo carnefice: «Mi aiuti a salire; a scendere ci penserò da solo», e «Ti prego, lasciami scostare la barba dal ceppo, che non succeda che me la tagli!». Se il suo scritto più importante (oltre a quelli inviati dalla Torre alla figlia Margaret) rimane "Utopia", in cui afferma che un regno di pace e giustizia non è pienamente possibile su questa terra, quello più famoso è forse la Preghiera del buonumore:
«Signore, concedimi il buonumore, la buona digestione e qualcosa da digerire. Donami la salute e la saggezza per mantenerla. Concedimi un’anima semplice, che sappia far tesoro di tutto ciò che è buono, e non si spaventi alla vista del male, ma piuttosto trovi sempre il modo per rimettere le cose a posto. Donami la grazia di non avvilirmi, nella noia, nei sospiri, nei lamenti. Non permettere che mi preoccupi del mio “io”, sempre insoddisfatto. Dammi il senso dell’umorismo. Che io possa comprendere uno scherzo, per scoprire nella vita un po’ di gioia, e farne parte anche agli altri».
Recita
Cristian Messina, Federico Fedeli, Federica Lualdi, Vittoria Salvatori
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri