San Bartolomeo apostolo (24 agosto)
La festa di oggi riguarda un santo purtroppo poco conosciuto.. cosa sappiamo di lui?
Se gli evangelisti Matteo, Marco e Luca lo chiamano Bartolomeo, Giovanni invece utilizza il nome di Natanaele. Mentre il significato di quest’ultimo, nella lingua ebraica, è “Dio ha dato”, l’etimologia di Bartolomeo rimanda alla sfera agricola, traducendo “figlio del solco”, o “della terra arata”, oppure “dell’aratro”. I Sinottici si limitano inoltre ad annoverarlo tra i Dodici, mentre Giovanni ce ne dà un profilo particolare, grazie al suo celebre incontro con Gesù.
Cosa accadde precisamente in questo incontro?
Nei giorni in cui sta “reclutando” i primi discepoli, Gesù chiama a seguirlo anche Filippo, il quale a sua volta va dall’amico Natanaele dicendogli: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret», ma questi gli risponde: «Da Nàzaret non può venire qualcosa di buono». L’abitudine a questo scambio tra i due rischia tuttavia di non farci cogliere l’affermazione di Natanaele.
In che senso?
Prima di tutto, come molti giudei, egli immagina che il Messia debba venire naturalmente da Betlemme, la città del re Davide, suo prestigioso antenato. In secondo luogo occorre considerare che Natanaele era di Cana, che dista appena 14 km da Nàzaret, per cui il campanilismo tra le due località – che vige ovunque da che mondo è mondo – era probabilmente molto forte. È come se, per usare una fra le innumerevoli metafore del tifo calcistico, Natanaele fosse nato a Pisa e Gesù a Livorno: alla comunicazione di Filippo, che il Messia veniva proprio dalla cittadina “rivale”, il nostro apostolo avrebbe quanto meno ironizzato. Occorre insomma tenere sullo sfondo l’elemento campanilistico.
Quindi Natanaele rimane spiazzato dall’affermazione di Gesù..
Proprio così. Egli infatti non si aspetta questa mano tesa da parte del vicino “antagonista”. Il Maestro infatti, prima ancora che la distanza tra i due fosse quella della normale conversazione, lo anticipò dicendo a Filippo: «Ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità». Lo loda cioè per la sua sincerità, emersa proprio nell’esplicitare il suo campanilismo! Ne elogia in pratica la schiettezza, il parlare concorde al pensiero, anche a costo di risultare poco formale. All’udire tale elogio, però, Natanaele rimane spiazzato: «Come mi conosci?», e Gesù gli risponde di averlo visto sotto un fico. Cosa facesse sotto quel tipo di pianta non ci è dato saperlo, possiamo tuttavia ipotizzare che studiasse o pregasse, dato che, con le sue foglie a pianta larga, il fico garantiva l’ombra necessaria a tali attività, soprattutto in regioni calde come la Palestina.
Cosa può essere scattato in lui, dopo l’inaspettato elogio di Gesù?
Forse, sentendosi riconosciuto, Natanaele non ha potuto fare a meno di riconoscerlo a sua volta: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!», «proprio tu, che vieni dalla città che ho sempre osteggiato e preso in giro», potremmo aggiungere noi. E’ quanto di più bello possa accaderci ogni volta che incontriamo qualcuno: sentirci riconosciuti, cioè accettati ed amati per quello che siamo realmente, con i nostri pregi e, soprattutto, le nostre ombre, che spesso non accettiamo per primi. Ma Gesù non si ferma qui e gli anticipa che vedrà cose ben più sconvolgenti di queste. Ed è quanto accadrà.
Cos’è avvenuto in concreto?
Il vescovo San Giovanni Crisostomo sottolinea dove il gruppo dei Dodici abbia trovato la “forza” per evangelizzare, dopo l’incontro che mutò la loro vita, e dice: «come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera? Essi forse mai erano entrati in una città o in una piazza. E allora come potevano pensare di affrontare tutta la terra? ..E’ evidente perciò che, se non lo avessero visto risuscitato e non avessero avuto una prova inconfutabile della sua potenza, non si sarebbero esposti a tanto rischio».
La risurrezione è stata dunque il vero “Big-bang”, una sorta di esplosione la cui energia ha permesso agli Apostoli di arrivare ovunque, Bartolomeo compreso!
Esatto. Il nostro Bartolomeo-Natanaele infatti, come narra lo storico Eusebio nel IV secolo, ha probabilmente portato il Vangelo fino in India. Un’antica tradizione armena ci dice che sarebbe morto proprio in quelle zone, scorticato vivo (e poi decapitato) da Astiage, fratello del re Polimio, convertito assieme alla moglie proprio da Bartolomeo. Le sue reliquie sono state in seguito portate a Roma dall’imperatore tedesco Ottone III, nell’anno 983.
Se i testi canonici ci dicono poco di lui, l’iconografia però lo ritrae ampiamente.
Le sue rappresentazioni più diffuse sono di due tipi: la prima lo ritrae con un coltello in mano, un’altra invece mentre regge la propria pelle. Le opere più importanti lasciateci sono inoltre di due grandi artisti: la scultura di Marco d’Agrate, allievo di Leonardo, esposta all’interno del Duomo di Milano, e l’affresco di Michelangelo, che nel Giudizio Universale della Cappella Sistina lo raffigura sempre con la propria pelle in mano. Pelle in cui, nella parte del volto, Michelangelo ha fatto il proprio autoritratto. Insomma una delle tante firme bizzarre dei grandi geni dell’arte, un po’ come le sfuggenti comparse di Alfred Hitchcock nei propri film.
"Donaci, Signore, di sentirci da te riconosciuti in ogni momento, per poter a nostra volta riconoscere la bellezza del creato che ci circonda, ma soprattutto delle creature che ogni giorno ci poni accanto".
Recita
Cristian Messina, Pina Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento di Gabriele Fabbri