Santi Cosma e Damiano (26 settembre)
«Custodisci in noi, Signore, la multiforme ricchezza del tuo dono e per la forza di questo sacramento, che abbiamo offerto e ricevuto nella memoria dei tuoi martiri Cosma e Damiano, concedi a tutti gli uomini la salute e la pace» (Preghiera Dopocomunione).
Da dove vengono le parole di questa preghiera?
Dall’orazione chiamata in latino Postcommunio, o Completamento, o ancora Orazione per completare, quella che chi presiede l’Eucarestia pronuncia immediatamente dopo la comunione e a nome di tutta l’assemblea. Il Messale ci dice che si tratta di una preghiera dal duplice scopo: ringraziamento e richiesta dei frutti per quanto appena ricevuto. Nello specifico, quella di oggi sottolinea e sintetizza la vita dei due festeggiati.
Per quale motivo? Ma soprattutto, cosa sappiamo di loro?
Di storicamente documentato ben poco, se non del loro martirio, avvenuto per decapitazione (“privilegio” riservato solitamente ai soli cittadini romani) a Kyros, in Siria, probabilmente durante la persecuzione di Diocleziano, dunque agli inizi del IV secolo. Di loro sappiamo che erano medici anargiri, dal greco “senza denaro”, prestavano cioè il loro lavoro gratuitamente.
Come mai li festeggiamo proprio il 26 settembre?
La data è verosimilmente legata alla dedicazione della basilica che papa Felice IV (526-530) fece erigere a Roma in loro onore. Inizialmente era fissata al 27, ma il nuovo calendario ha dato la precedenza in questo giorno a san Vincenzo de’ Paoli, anticipando quella dei due fratelli di un giorno.
Dunque Cosma e Damiano erano fratelli?
Neppure questo sappiamo con certezza, ma è una delle tante leggende a supporlo, quando, sottolineando proprio il fatto che curavano i malati gratis, si dice che Damiano una volta sola accettò il compenso, da parte di una certa Palladia, facendo andare su tutte le furie il “fratello” Cosma (o Cosimo), che dopo la morte non volle essere sepolto accanto a lui. Un cammello, prosegue la colorita leggenda, con voce umana disse di riunirli, dato che Damiano aveva accettato il denaro solo per non umiliare la donna.
Tornando alle parole della preghiera Postcommunio, sembra che la loro professione, compiuta tra l’altro gratuitamente, abbia un nesso con il loro martirio..
Proprio così, come chiarisce mirabilmente il testo tratto dai Discorsi di sant’Agostino, che l’Ufficio delle Letture ci propone non a caso oggi: «Sulla croce – dice il vescovo di Ippona riferendosi a Gesù – egli compì un’operazione di incalcolabile valore. Su di essa fu fatto il versamento per il nostro riscatto. La lanciata del soldato gli aprì il costato e da quella ferita sgorgò il prezzo di tutto il mondo. Con essa furono comprati i fedeli e i martiri, e il loro sangue è testimone che la loro fede era autentica. Essi restituirono ciò che era stato speso per loro, e misero in pratica quello che dice san Giovanni: Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli (cfr. 1Gv 3,16)».
Ma cosa c’entra con la loro professione?
È lo stesso Agostino a dircelo qualche riga dopo, riferendosi ai martiri: «Ma come avrebbero potuto rendere questo contraccambio, se egli, che sborsò per primo il prezzo, non avesse dato loro il mezzo per corrisponderlo? “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?”. “Alzerò il calice della salvezza” (Sal 115,12-13). Qual è questo calice? È il calice della passione, amaro, ma benefico: quel calice avrebbe causato terrore al malato, se il medico – Cristo – non l’avesse bevuto per primo».
«Insegnaci, Signore Gesù, a saperci prendere cura gli uni degli altri nella totale gratuità, sapendo che, se ci è dato di compierlo, è solo perché Tu ce ne dai la forza».
Recita
Massimo Alberici, Simona Mulazzani
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri