Santa Faustina Kowalska (1.Settembre)
Kowalski è il secondo cognome più diffuso in Polonia, deriva da kowal, “fabbro” o “nero”, e al femminile diventa Kowalska. Tra i tantissimi che lo portano o l’hanno portato c’è Stanislaw, falegname e contadino di Glogowiec (paesino che oggi conta circa trecento abitanti), che assieme all’amata Marianna il 25 agosto 1905 dà alla luce Elena, terzogenita di dieci figli. Due giorni dopo la piccola diventa sacramentalmente figlia di Dio, con l’atto di battesimo della parrocchia di San Casimiro scritto in lingua russa, la Polonia in quel periodo appartiene infatti ancora all’Impero Russo. I due coniugi fanno crescere Elena in un clima in cui si respira una religiosità semplice, ma vera. Del padre, abituato a cantare ogni mattina i canti popolari religiosi, scriverà più tardi: «Quando osservai come pregava.. mi vergognai molto, dato che io che ero vissuta tanti anni in convento non sapevo pregare con tanta sincerità e tanto fervore. Perciò ringrazio continuamente Iddio di tali genitori» (Diario, 398).
Quindi divenne poi suora..
Sì, ma tale cammino fu tutt’altro che facile, paradossalmente proprio a causa dei suoi genitori. Nel 1912, durante la preghiera dei Vespri e davanti a Gesù Eucaristia esposto, sente una voce che la chiama ad una vita perfetta. Due anni più tardi riceve la Prima Comunione, ma è solo nel 1920 che ha il coraggio di dichiarare a mamma Marianna di voler andare in convento, ricevendo un primo e secco rifiuto. Nello stesso anno si reca a Lódź per lavorare come domestica, mentre nell’ottobre del seguente è cresimata. Nel frattempo una voce interiore insiste affinché entri in convento. Nel 1922, al tempo diciottenne, chiede nuovamente ai genitori di potervi entrare: secondo “no” categorico. Triste e rassegnata, tenta in qualche modo di sopprimere la chiamata: «Dopo tale rifiuto mi diedi alle vanità della vita, non rivolgendo alcuna attenzione alla voce della grazia, sebbene l’anima mia non trovasse soddisfazione in nulla. Il richiamo continuo della grazia era per me un gran tormento, però cercavo di soffocarlo con i passatempi. Evitavo di incontrarmi con Dio intimamente e con tutta l’anima mi rivolgevo verso le creature» (ivi, 8).
Quanto durò la sua resistenza?
Poco, nelle pagine del suo Diario infatti, così prosegue: «Ma fu la grazia di Dio ad avere il sopravvento nella mia anima. Una volta ero andata ad un ballo con una delle mie sorelle. Quando tutti si divertivano moltissimo, l’anima mia cominciò a provare intimi tormenti. Al momento in cui cominciai a ballare, scorsi improvvisamente Gesù accanto a me.. flagellato, spogliato delle vesti, tutto coperto di ferite.. mi disse..: “Quanto tempo ancora ti dovrò sopportare? Fino a quando mi ingannerai?”» (ivi, 9). E aggiunge: «Rimanemmo soli Gesù e io. Mi sedetti accanto alla mia cara sorella, facendo passare per un mal di testa quanto era accaduto dentro di me. Poco dopo.. andai nella cattedrale di S.Stanislao Kostka. Era quasi buio.. c’erano poche persone.. mi prostrai, le braccia stese, davanti al SS.mo Sacramento e chiesi al Signore che si degnasse di farmi conoscere ciò che dovevo fare» (ivi).
Cosa rispose Lui?
«Parti immediatamente per Varsavia; là entrerai in convento» (ivi, 10). Così, dopo essere stata respinta ovunque, Elena bussa alla porta della Congregazione delle suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, ma è costretta ad attendere ancora un anno, tempo utile ad accumulare il denaro necessario per il corredo da suora. Vi entrerà il 1 agosto 1925, dando vita ai suoi intensissimi tredici anni di vita religiosa, che la vedranno cimentarsi nelle vesti di cuoca, giardiniera e portinaia. Il 30 aprile del ’26 inizia il noviziato, con abito e nome nuovi: Maria Faustina, mentre lo stesso giorno di due anni dopo pronuncia i voti temporanei, rinnovati i quali, per cinque anni, la porteranno a quelli perpetui: è il 1° maggio del 1933. Ma prima di quel momento successero diverse cose, come lei stessa scrive: «Verso la fine del primo anno di noviziato cominciò a farsi scuro nella mia anima. Non provavo alcuna soddisfazione nella preghiera; la meditazione era una gran fatica; la paura comincia ad impossessarsi di me.. Vedo anche chiaramente la grande santità di Dio; non oso alzare gli occhi fino a Lui, ma.. méndico la Sua Misericordia» (ivi, 23).
Riuscì a venir fuori da questa “notte spirituale”?
Premesso che nel corso della sua pur breve vita, appena 33 anni, Dio le elargì immense grazie (visioni, stimmate nascoste, profezia, la lettura delle anime e le cosiddette “nozze mistiche”), il 22 febbraio 1931, la sera della prima domenica di Quaresima, ebbe la più importante delle sue apparizioni: «stando nella mia cella – è ancora lei a parlare – vidi il Signore vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido.. Gesù mi disse: “Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto Gesù confido in Te!. Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero”» (ivi, 47).
Il primo a cui riferì l’accaduto fu il suo confessore, quindi le superiore della comunità, che non le credettero, ritenendo la cosa frutto della sua fervida immaginazione. Il direttore spirituale però, don Michele Sopoćko (da lei conosciuto in visione prima ancora che si incontrassero fisicamente), pur sconvolto da quanto riferitogli – al punto da voler abbandonare il suo incarico di confessore! – , siccome lei non sa dipingere la invia il 2 gennaio 1934 dal pittore Eugenio Kazimirowski, che accoglie l’incarico e lo termina nel giugno del ’34.
Come reagì Faustina alla vista del dipinto?
Pianse amaramente, perché non era bello come il Gesù che aveva visto “in carne ed ossa”. Le visioni si ripeteranno, mentre nel 1936, dopo numerosi spostamenti, viene assegnata alla casa di Cracovia, dove rimarrà fino alla morte. Dal 2 al 5 giugno del ’38 avrà perfino il privilegio (probabilmente unico nella storia) di svolgere gli esercizi spirituali direttamente sotto la guida di Gesù stesso: non male come relatore.. Tutto quanto le accade interiormente, viene da lei riportato, invitata da don Michele, su un Diario, frutto di sei quaderni che iniziò a scrivere a Wilno (al tempo sotto la Polonia, oggi capitale della Lituania col nome di Vilnius) il 28 luglio 1934 con queste parole: «O Amore Eterno, ordini di dipingere la Tua santa immagine, e ci sveli la fonte inconcepibile della Misericordia. Tu benedici chi si avvicina ai Tuoi raggi, ed all’anima nera dai il candore della neve» (ivi, 1). Questo «prezioso gioiello della letteratura mistica dei nostri tempi», come lo chiama don Jozef Bart è per lei occasione per adempiere con gioia un compito apostolico.
Come e quando lo terminò invece?
Le ultime pagine risalgono al giugno del ’38, pochi mesi prima di morire: «benché io sia tutta miseria, non ho paura di Te, poiché conosco bene la Tua Misericordia. Nulla potrà allontanarmi da Te, o Dio, poiché tutto è più piccolo delle conoscenze che ho di Te, lo vedo chiaramente» (ivi, 1803). Il Diario è stato arricchito in seguito da un quadernetto di dodici pagine trovato dopo, intitolato La mia preparazione alla santa Comunione. Possiamo dire che è stata davvero una brava segretaria, come la chiama Gesù a più riprese: «Segretaria della mia Misericordia, scrivi, parla alle anime» (ivi, 965), «segretaria della Mia misericordia: ti ho scelta per questo incarico in questa vita e in quella futura» (ivi, 1605), e ancora: «Segretaria del Mio mistero più profondo.. desidero che tutti i momenti liberi li dedichi a scrivere» (ivi, 1693).
Insomma il Signore le ha fatto un bel po’ di richieste..
Proprio così, ma «la missione di Santa Faustina – sottolinea suor Maria Elzbieta Siepak – consiste nel ricordare una verità di fede da sempre conosciuta, ma forse dimenticata, riguardante l’amore misericordioso di Dio per l’uomo e nel trasmettere nuove forme di culto della Divina Misericordia, la cui pratica dovrebbe portare al rinnovamento della vita di fede». Culto che consiste, prosegue la religiosa, «nella fiducia nella infinita bontà di Dio e nelle opere di misericordia verso il prossimo». Nulla di nuovo, verrebbe da dire, almeno nella sostanza, ma nella forma no.
Ovvero?
Le forme specifiche di questo tipo di culto, richiestole espressamente da Gesù, sono le seguenti: quello del già citato dipinto, legato alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua, immagine in cui abbiamo due raggi: quello rosso che rimanda al sangue (la vita delle anime) e quello pallido che rappresenta l’acqua (che giustifica tali anime), là dove sangue e acqua sono gli elementi che scaturiscono tanto dal costato di Cristo crocifisso, quanto dall’organo genitale femminile durante il parto, a dire che la sua morte ci ha fatti ri-nascere, generandoci a vita nuova; quindi la festa della Misericordia, la più importante tra le forme di devozione di cui Faustina si fece latrice: «(la) prima domenica dopo Pasqua – le disse Gesù stesso – ..deve essere la festa della Misericordia» (ivi, 49); passando per la Coroncina della Divina Misericordia, dettatale nel 1935 come forma di preghiera per placare l’ira di Dio (cfr. Diario, 477), concetto biblico quest’ultimo molto complesso, che indica in ogni caso come, pur pienamente liberata dall’ira, la Chiesa continui ad essere luogo di combattimento con Satana, in attesa di quel giorno in cui Dio, diciamo così, “chiarirà” tutto; infine l’ora: «Ogni volta che senti l’orologio battere le tre (del pomeriggio, ndr), ricordati di immergerti tutta nella Mia Misericordia.. poiché fu in quell’ora che venne spalancata per ogni anima» (ivi, 1572), dicendole anche in questo caso esattamente come fare, con richieste “a scalare”, dalla Via Crucis ad un breve momento di raccoglimento in qualunque luogo le fosse possibile.
Ma non sono un po’ troppo precise e puntuali come richieste? Possibile cioè, che Gesù chieda a tutti di fare o non fare determinate cose?
Il Figlio di Dio, dopo essersi rivelato “nella carne”, si è rivelato “personalmente” a tanti fratelli e sorelle: se con Teresa d’Avila lo fece attraverso colloqui teneri e gioiosi, Padre Pio ebbe l’onore di tenere il Bambino Gesù in braccio; se la mistica barese Luisa Piccarreta lo vide dal balcone di casa, mentre assieme alla folla era condotto alla croce, a Margherita Maria Alacoque mostrò il suo Sacro Cuore; se alla beata portoghese Alexandrina da Costa apparve accanto al suo letto, papa Pio XII (fatto poco conosciuto) venne da Lui confortato nella malattia; se a Gemma Galgani mostrò le proprie piaghe, a suor Lucia di Fatima apparve insieme alla Madonna; e gli esempi potrebbero non finire più, stando solo a quelli accertati.. Dunque quale Gesù seguire? Concretamente: possibile che, ad esempio, il dipinto richiesto a suor Faustina debba essere universalmente riconosciuto e venerato? Per non parlare poi del polverone sollevato tra i liturgisti riguardo alla festa legata alla domenica “della Divina Misericordia”..
Cioè?
«La richiesta di Gesù rivelata(le) – scrive l’agiografo Jan Kupka – ha suscitato nella Chiesa forti discussioni. Si sono dovuti aspettare 60 anni (affinché).. fosse approvato il 1° settembre 1994.. (motivo per cui festeggiamo proprio oggi santa Faustina) il testo della Messa “de Dei Misericordia” in uso alla Chiesa universale da celebrare nella prima domenica dopo Pasqua». Ma le divergenze potrebbero sorgere anche rispetto all’uso della Coroncina o delle novene, devozione quest’ultima molto diffusa (e spesso abusata) ispirata dal libro degli Atti (1,14), dove si dice che gli Apostoli «erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria», facendolo durante i nove giorni (da cui “novena”) compresi tra l’Ascensione di Gesù e l’invio dello Spirito Santo. L’oggetto del contendere, tuttavia, è infondo sempre lo stesso, legato alla libertà e alle due facce della nostra identità: umana e spirituale, conservatrice e progressista allo stesso tempo, o a volte l’una e a volte l’altra.
Ma cos’è esattamente la misericordia?
Se il linguaggio corrente è mutuato dal latino ecclesiastico, che ha identificato la misericordia con la compassione e il perdono, l’Antico Testamento con questo termine rimanda sia alla compassione che alla fedeltà. Il termine ebraico rahamîm esprime infatti l’attaccamento istintivo di un essere ad un altro, sentimento che ha sede nel seno materno, ma anche nelle viscere di un padre o di un fratello, che noi tradurremmo con tenerezza. Un secondo termine invece, hesed, indica la pietà, quella relazione cioè che unisce due persone e implica fedeltà. La perfezione chiestaci è allora, prima di tutto, quella di essere misericordiosi «come (Dio) Padre» (Lc 6,36), che ha mostrato la sua misericordia per noi, lui che è Padre e Madre allo stesso tempo, regalandoci Gesù, che la nostra miseria l’ha sperimentata per primo e fino in fondo..
Torniamo invece a suor Faustina..
Nell’agosto del ’38 scrive la sua ultima lettera alla superiora Moraczewska, chiedendole scusa per le mancanze commesse all’interno della Congregazione, terminando la sua missiva con il più bello dei saluti: «Arrivederci in cielo», cioè ad-Dio. Il 5 ottobre dello stesso anno, alle ore 16 si riconcilia sacramentalmente per l’ultima volta, alle 22:45 muore infatti dopo lunghe sofferenze, sopportate tuttavia con grande serenità e pazienza. Il 7 ottobre viene sepolta nel cimitero della comunità, ma nel 1966 i suoi resti mortali verranno traslati nella cappella della Congregazione. Il 20 settembre dell’anno seguente si chiude il primo atto che la porterà alla canonizzazione: a presiedere il processo diocesano è il cardinale Karol Wojtyla, che il 18 aprile 1993 la beatifica a Roma, dato che nel frattempo è diventato papa Giovanni Paolo II. Sarà sempre lui, infine, a canonizzarla il 30 aprile del ricchissimo anno giubilare 2000.
Papa Wojtyla si è insomma speso personalmente per la causa della sua connazionale..
Decisamente sì, lo Spirito Santo si serve anche di queste “amicizie”! Non solo, il 1° gennaio del ’94 il cardinale Camillo Ruini, vicario del papa, stabilì che nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, a Roma, venisse promossa la spiritualità legata alla Divina Misericordia, chiesa in cui nell’aprile dell’anno seguente, prima Domenica dopo Pasqua, lo stesso pontefice celebra la Messa solenne della già accennata e discussa festività. Ma non è tutto: nel 2001 – con un gesto forte, perché effettuato in un luogo iconico delle cristianità – farà altrettanto, questa volta nella ben più nota e capiente Piazza San Pietro, e l’anno dopo concederà l’indulgenza nel giorno della Divina Misericordia, a cui il 17 agosto dello stesso 2002 consacrerà l’intera umanità.
«Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbi misericordia di noi e del mondo intero».
Recita
Francesca Cevoli, Cristian Messina
Musica di sottofondo
A.Marcello. Adagio per oboe e orchestra. Diritti Creative Commons