Sante Perpetua e Felicita (7 Marzo)
Oggi celebriamo la fede di due donne davvero incredibili: Felicita e Perpetua. Quest’ultima non va confusa con il celebre personaggio de I Promessi Sposi, che darà il nome alla domestica che assiste il prete.
Chi erano dunque?
Entrambe vivono a cavallo tra il secondo e il terzo secolo, in un’epoca ancora caratterizzata dalle persecuzioni anticristiane. La nobildonna Perpetua era una ventiduenne, madre di un bimbo ancora lattante, mentre Felicita era la sua giovane schiava, incinta di una creatura che darà alla luce in carcere, appena due giorni prima del supplizio. Parlare oggi di schiavitù ci lascia – e giustamente – ancora molto perplessi, ma bisogna tenere a mente che questo triste fenomeno comparve già prima del cristianesimo, e che, praticato dagli stessi cristiani, scomparve in seguito anche e soprattutto grazie ad essi.
Tornando alle due donne, perché la Chiesa le ricorda?
Ancora catecumene, ancora cioè in cammino, in vista di ricevere il battesimo, andarono incontro alla morte come a una festa, “celebrata” a Cartagine, nell’attuale Tunisia, il 7 marzo dell’anno 203. Non furono però le sole a morire in questo giorno, dato che subirono il loro martirio, durante la persecuzione di Settimio Severo, assieme ad altri quattro: Saturnino, Revocato e Secondino, chiamato anche Secondulo, che morì tuttavia in carcere, ancor prima di essere condotto al supplizio. Oltre a Perpetua e Felicita, anche costoro erano catecumeni, e al loro martirio si aggiunse quello di Satiro (o Saturno), il loro catechista, colui che ne guidò la “formazione” battesimale. Evidentemente una guida niente male!
Come sono giunte fino a noi queste notizie?
Perpetua scrisse in prigione una sorta di diario del suo arresto, le visite che riceveva come le visioni e i sogni che l’accompagnavano, fino alla vigilia della morte. I suoi appunti confluirono in un secondo momento in un libro, intitolato Passione di Perpetua e Felicita, completato da un’altra mano, forse quella di Tertulliano, l’unico apologeta cristiano antico, insieme ad Origene, che non venne considerato un Padre della Chiesa, a causa del suo contatto con alcune sette ritenute eretiche. Tornando a Tertulliano, narrò gli ultimi momenti di vita delle due donne, sospese su una rete e straziate dalle corna di una belva inferocita, prima di essere uccise da un colpo di spada, sorte che toccò anche agli altri martiri.
Certo non deve essere stato facile per Felicita, incinta e condotta al supplizio..
La sua preghiera, affinché il parto giungesse prima del martirio, fu esaudita (avvenne infatti a due giorni dalla morte), e mentre partoriva un soldato la prendeva in giro: «Come ti lamenterai, allora, quando ti sbraneranno le belve?». Ma Felicita replicò: «Ora sono io a soffrire; quello che patirò allora invece non lo patirò più io, ma lo patirà Gesù per me!». Anche Perpetua, tuttavia, sebbene già madre, dovette subire un personale travaglio prima del supplizio. Aveva infatti un figlioletto ancora in fasce e, al padre di lei, non cristiano, che la supplicava di abiurare, di ritrattare cioè la sua fede, per salvare il bimbo dalla futura orfanità, Perpetua in lacrime rispose: «Non posso, sono cristiana».
Davvero una scena straziante..
Come l’intero martirio del resto, che narra quegli ultimi istanti dei cristiani cartaginesi: «Spuntò il giorno della vittoria dei martiri e dal carcere si recarono all’anfiteatro, come se andassero in cielo, raggianti in volto, dignitosi, trepidanti più per la gioia che per la paura». La loro fede fu davvero mirabile, come testimoniato dall’estremo comportamento di Perpetua, che «guidò (lei stessa) alla sua gola la mano incerta del gladiatore, ancora novellino».
Vi affidiamo, Perpetua, Felicita e martiri cartaginesi tutti, il coraggio e la gioia necessari a celebrare pienamente la vita, sicuri che la morte che ci attende, indipendentemente da come si manifesterà, non è altro che il coronamento e la nascita ad una vita nuova ed eterna!
Recita
Massimo Alberici, Simona Mulazzani
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri