Santa Cecilia (22 novembre)
«Cecilia – afferma il Messale – è una delle sette donne martiri di cui si fa menzione nel Canone Romano (la prima e più importanti tra le Preghiere Eucaristiche).. La sua memoria il 22 novembre è già celebrata nell’anno 546, come attesta il Liber Pontificalis (il “Libro dei papi”, testo del VI secolo)».
Chi era davvero Cecilia, che cosa sappiamo di lei?
La sua storicità è stata spesso messa in discussione, poiché pochissimo sappiamo di lei, non possedendo fonti ufficiali. Su cosa poggia dunque la devozione a questa santa così celebre? All’antichità del suo culto, alla presenza della basilica in Trastevere dedicatale, e alla venerazione della sua tomba. Lo scritto che ce ne parla è la sua Passione, datato V secolo, dunque posteriore di circa duecento anni alla sua morte, avvenuta appunto nel terzo secolo. E le Passioni, com’è noto, sono spesso romanzate oltre misura.
Dunque cosa possiamo ricavare di “storico”?
Oltre a quando, non sappiamo di preciso neppure dove nacque. Secondo alcune narrazioni l’avrebbe catechizzata e condotta al fonte battesimale la sua nutrice. Ancora in giovane età si offre totalmente al Signore, ma, poco dopo viene a sapere di essere stata promessa sposa a Valeriano, un giovane nobile. Non potendo sottrarsi alle nozze combinate, giunge il fatidico momento: l’ingresso nel talamo, il letto nuziale, dove l’attende lo sposo fremente. È la messa alla prova della sua verginità! Cecilia non esita e confessa il suo intento, ma Valeriano all’inizio non accetta. L’ostinazione e la dolcezza della moglie lo convinceranno però, col tempo, a fidarsi di lei, fino a farsi battezzare da papa Urbano (sedicesimo o diciassettesimo successore di Pietro), pastore a cui Cecilia è molto affezionata. Valeriano, “contagiato” dalla moglie, contagia a sua volta il proprio fratello Tiburzio.
Come vivono a questo punto la loro conversione i tre?
Scoppiata l’ennesima persecuzione anticristiana, che vede centinaia di fedeli morire ovunque, dalle arene alle carceri, braccati e torturati, ma senza poter essere sepolti, Valeriano e il fratello decidono di raccogliere nottetempo – quando la sorveglianza si allenta – le salme dei martiri, per condurle nelle catacombe (la cui etimologia rimanda probabilmente al termine greco katà, “sotto”, e a quello latino cumba, “cavità”). Oggi con questo termine si indicano i primi cimiteri cristiani, ma al tempo ci si riferiva unicamente a quello di san Sebastiano sulla via Appia. Il feroce prefetto romano Turcio Almachio riesce però a catturare i due, facendoli decapitare. La testimonianza dei fratelli, che pregarono prima di essere decapitati, colpisce il capo dei loro carnefici, tale Massimo, che li seguirà sulla via del martirio e con essi sarà sepolto!
Cecilia come morì invece?
Almachio, che vuole appropriarsi dei beni di Valeriano, sa che non può farlo finché è in vita la sua vedova: fattala catturare le chiede se è cristiana. Cecilia non rinnega Cristo, sigillando in tal modo la sua condanna a morte. Ma nel frattempo ha già ceduto le sue proprietà al patrizio Gordiano, che le metterà al servizio della Chiesa. I soldati riconducono la giovane a casa e la chiudono nel calidarium, la parte delle terme destinata ai bagni caldi. Pensando di averla uccisa, la ritrovano invece sfinita ma ancora viva. Uno di loro le sferra un colpo di spada al collo, seguito da un secondo e da un terzo, dopo il quale sono costretti a fermarsi, dato che la legge romana impedisce di infierire su un agonizzante. Morirà di lì a breve, ma solo dopo aver incontrato il caro papa Urbano, che la seppellirà nel cimitero di san Callisto, vicino a quella che diverrà la celebre “cripta dei papi” (altro dato che attesta l’importanza e la storicità della martire!).
Qual è stata la vicenda successiva delle sue reliquie?
Nell’821 furono traslate in quella che oggi è la basilica di santa Cecilia in Trastevere, mentre nel 1599, durante alcuni lavori di restauro (in occasione del Giubileo che ci sarebbe stato l’anno successivo), venne rinvenuto il sarcofago contenente la sua salma, perfettamente intatta. Il cardinale Sfondrati commissionò allora lo scultore italo-svizzero Stefano Maderno, di realizzare una statua che riproducesse la santa in quella medesima posizione: Cecilia bendata e adagiata su un fianco, mentre con le tre dita della mano destra simboleggia la Trinità, e con l’indice della sinistra l’unicità di Dio. Si tratta del capolavoro che possiamo ammirare oggi sotto l’altare maggiore della basilica.
Come mai è patrona dei musicisti?
La ragione sta probabilmente in un curioso malinteso, nella Passione vengono infatti descritte le sue nozze con Valeriano con tali parole: «Mentre gli strumenti suonavano, Cecilia in cuor suo rivolgeva un canto al Signore». Tali parole vennero scelte come antifona liturgica delle “sue” Lodi, omettendo però l’espressione “in cuor suo”, mutando così il senso della situazione, come se Cecilia cantasse “a voce”. Da quel momento venne raffigurata nell’iconografia con uno strumento (solitamente un piccolo organo portatile) ed eletta patrona dei musicisti.
«Ascolta, Signore, la nostra preghiera e per intercessione di santa Cecilia, vergine e martire, rendici degni di cantare le tue lodi» (Preghiere Colletta).
Recita
Stefano Rocchetta, Federica Lualdi
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri