
Note biografiche di san Pietro Claver (9 Settembre)
Quale mondo si trovò davanti il giovane gesuita Pietro Claver quando partì dalla Spagna verso le Americhe?
Era l’inizio del Seicento: le potenze europee arricchivano i loro imperi coloniali con il commercio degli schiavi africani. Cartagena de Indias, in Colombia, era uno dei porti più trafficati: lì giungevano ogni anno migliaia di uomini, donne e bambini incatenati, ridotti a merce da vendere. In questo contesto di dolore e ingiustizia, arrivò Pietro Claver, un gesuita deciso a servire Cristo nei più poveri.
Che cosa lo spinse a farsi “schiavo degli schiavi”?
Non fu una scelta dettata dalla strategia missionaria, ma dall’amore personale per Cristo. Pietro vedeva negli schiavi sofferenti il volto del Signore. Diceva spesso: “Non possiamo amare Cristo se non lo amiamo in coloro che egli ha amato di più: i poveri e gli abbandonati”. Così scelse di consacrare la sua vita a loro, firmando idealmente un voto: “Pietro Claver, schiavo degli schiavi per sempre”.
Come si comportava quando le navi negriere attraccavano al porto di Cartagena?
Mentre la folla guardava da lontano e i commercianti contavano i guadagni, Pietro correva a bordo delle navi. Lì trovava corpi piagati, uomini ammassati senza aria, bambini affamati e donne disperate. Portava acqua, frutta, medicine, ma soprattutto parole di tenerezza. Con un crocifisso in mano si inginocchiava davanti a loro, dicendo: “Voi siete figli di Dio, amati da Cristo”.
Come reagivano gli schiavi e i potenti di fronte a questo atteggiamento?
Gli schiavi, spesso privati di tutto, trovavano in lui non solo un aiuto materiale, ma anche la dignità perduta: qualcuno finalmente li guardava come persone. I potenti, invece, lo giudicavano “esagerato” o addirittura folle, perché si abbassava a toccare i malati e a curare chi era considerato “merce”. Ma Pietro non si fermò mai: per quarant’anni fu la voce e le mani di Cristo in quel porto.
Qual è un aneddoto che rivela la forza del suo amore?
Un giorno, raccontano, gli portarono uno schiavo talmente piagato che nessuno voleva avvicinarlo per il cattivo odore. Pietro si chinò su di lui, lo lavò con acqua profumata, gli diede da mangiare e lo baciò sulla fronte. Quel gesto, che sembrava inutile agli occhi del mondo, restituì dignità a quell’uomo morente. Per Pietro era semplice: “Amare non è mai inutile, anche se non porta guadagni”.
Quale eredità ha lasciato alla Chiesa e al mondo?
Quando morì, nel 1654, lasciò dietro di sé non ricchezze, ma una scia di amore. Si calcola che abbia battezzato circa 300.000 schiavi. Nel 1888, Leone XIII lo canonizzò, definendolo “missionario dei diritti umani”. Oggi ci ricorda che il Vangelo non è teoria, ma scelta di vita: chinarsi sugli ultimi significa incontrare Cristo vivo.
San Pietro Claver,
tu che ti sei fatto servo degli ultimi,
insegnaci a non restare indifferenti
di fronte al dolore del prossimo.
Donaci occhi per vedere Cristo nei poveri
e mani pronte ad aiutare con amore.
Amen.
Recita
Patrizia Sensoli, Maddalena Buttolo
Musica di sottofondo
www.motionarray.com
Testo elaborato con l'ausilio dell'IA