Isaia 50,4-9a con il commento di Manuel Semprini



Dal libro del profeta Isaia
Is 50,4-9a 

Testo del brano
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
J.S.Bach. Goldberg Variations. BWV 988-10. Variatio 9 a 1 Clav. Canone alla terza. Kimiko Ishizaka. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione
Manuel Semprini

Meditazione
Il rapporto con Dio è fatto innanzitutto di ascolto, di obbedienza. Infatti, l’etimologia di obbedire deriva dal latino dall’unione di ob, “davanti”, e audire, “ascoltare”. Obbedire significa letteralmente “ascoltare chi sta dinnanzi”. Non a caso la preghiera più sentita della liturgia ebraica recita: «Ascolta, Israele» (Shemà Israel). Per questo motivo chi parla in questo brano, il servo del Signore, si pone alla scuola dell’unico maestro, la Parola di Dio. Si fa attento alla voce di Dio e docile alla sua volontà. Conforta gli sfiduciati e non si tira indietro di fronte alle persecuzioni. Rimane obbediente e per questo Dio lo assiste, non lo abbandona, gli rende giustizia. Non è forse questa la tragica fine della vicenda umana di Gesù? Egli subisce accuse infondate, calunnie infamanti e sofferenze inaudite. Egli subisce tutto questo rimanendo fedele alla sua preghiera: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). Gesù si affida totalmente al Padre e per questo, pur martoriato e deriso, sceglie di continuare il suo cammino fino al sacrificio finale. Come scrive Paolo, «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). In questa umiliazione, tuttavia, è sorretto e accompagnato dalla voce del Padre; voce che forse svanirà solo un attimo infinitesimale all’apice della croce, nel salto che ognuno di noi compie per tornare tra le braccia del Creatore. Il servo e il Figlio affrontano ostacoli, violenze e morte, perché obbediscono/ascoltano. Se non ascoltassero, vano sarebbe il loro sacrificio. 

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