Isaia 49,1-6 con il commento di Manuel Semprini



Dal libro del profeta Isaia
Is 49,1-6 

Testo del brano
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua farètra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza –, e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
J.S.Bach. Goldberg Variations. BWV 988-10. Variatio 9 a 1 Clav. Canone alla terza. Kimiko Ishizaka. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione
Manuel Semprini

Meditazione
L’immagine del Signore che chiama a sé una vita fin dal grembo materno ricorda quanto è scritto del profeta Geremia: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato» (Ger 1,5). Dio sceglie l’uomo per uno scopo, e lo fa chiamandolo per nome. Così ha fatto anche per il suo servo, al quale ha dato come missione la riunificazione del popolo di Israele sotto l’unico Dio. Il servo però ha fallito, i suoi sforzi sono stati vani. Non si è scoraggiato, perché ripone tutta la sua fiducia in Dio; tuttavia, non è riuscito nell’impresa. A questo punto ci si potrebbe aspettare che il Signore abbandoni il suo profeta, ma Dio non getta mai la spugna con noi. Semplicemente, alza il tiro. Se essere il suo servo non è sufficiente per cambiare il destino di Israele, allora occorre qualcosa di più grande, qualcosa che superi le umane fragilità. Dunque, il servo diventerà «luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». Non è questo il contenuto del Vangelo? Non è questa la buona novella che ci ha portato il Signore Gesù? La salvezza non è riservata al solo popolo eletto, ma riguarda tutti, nessuno escluso. Gesù è venuto per la nostra salvezza. È Lui la “luce delle nazioni”, il servo che si innalza per far risplendere tutto della luce di Dio. Davanti a Lui non c’è ombra, ma la sua trasfigurazione poteva arrivare solo dopo la sofferenza e il sepolcro. La sua risurrezione prima, e il suo Spirito poi, sono diventati per i primi discepoli e per noi tutti la fulgida via per la vita eterna.

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