Isaia 42,1-7 con il commento di Manuel Semprini



Dal libro del profeta Isaia
Is 42,1-7 

Testo del brano
«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento». Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre». 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
J.S.Bach. Goldberg Variations. BWV 988-10. Variatio 9 a 1 Clav. Canone alla terza. Kimiko Ishizaka. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione
Manuel Semprini

Meditazione
Chi è il servo di cui parla il Signore? È forse lo stesso Isaia o un altro profeta? Sicuramente si tratta di un uomo che è stato scelto da Dio come suo intermediario per una grande missione: portare la giustizia, quella vera, quella divina, sulla terra a tutte le genti. E quale sarà lo stile di questo eletto? Non imporrà il suo volere con la forza, né farà grandi proclami in pubblica piazza. Sarà mite e umile. Sarà anche saldo e risoluto. Così l’ha voluto il Signore, che l’ha chiamato e l’ha formato, perché «le isole», cioè i popoli lontani, «attendono il suo insegnamento». Non è difficile intravedere in questo “servo del Signore” la figura di Gesù, agnello sacrificale per la redenzione di tutti gli uomini. La sua mitezza, ma anche la sua risolutezza, il suo affidamento totale al Padre, la sua adesione completa alla missione consegnatagli, ne fanno lo strumento perfetto della volontà di Dio. È Lui il servo del Signore. In greco servo e figlio sono indicati in modo ambivalente con lo stesso termine, così come in aramaico servo e agnello si dicono con la medesima parola. Tutto torna: Gesù è il Figlio, il Servo e l’Agnello. È l’amato, l’inviato e l’offerto. Come ci ricorda san Paolo nella Lettera ai Filippesi: «egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,6-7). Gesù svuota se stesso, si fa servo, ma – attenzione – non degli uomini, bensì di Dio, della volontà paterna, che è quella di portare a compimento l’alleanza con l’umanità: una nuova alleanza in Gesù che riporterà al mondo grazia, amore e salvezza.

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