Isaia 35,1-10 con il commento di Luca Tentoni



Dal libro del profeta Isaia
Is 35,1-10 

Testo del brano
Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua. I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa; nessun impuro la percorrerà. Sarà una via che il suo popolo potrà percorrere e gli ignoranti non si smarriranno. Non ci sarà più il leone, nessuna bestia feroce la percorrerà o vi sosterà. Vi cammineranno i redenti. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
J.S.Bach. Goldberg Variations. BWV 988-10. Variatio 9 a 1 Clav. Canone alla terza. Kimiko Ishizaka. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione
Luca Tentoni

Meditazione
Il narciso fiorisca la steppa. Per il mondo ebraico il narciso è associato alla bellezza e fertilità. Il significato etimologico di questo fiore pare derivi dal greco e si potrebbe tradurre come “stordimento”, forse dovuto probabilmente al profumo intenso e penetrante. È una pianta che necessita di sole e fiorisce generalmente tra marzo e maggio, il periodo della Pasqua, importante per gli Ebrei e importante per noi. Il deserto che fiorisce rimane uno spettacolo unico nel suo genere e nell’immaginario di un fedele che ha visto sia i giardini persiani, sia la desolazione del deserto, ha fatto in modo di trasporre quella bellezza e soprattutto la forza della vita in un luogo dove difficilmente si potrebbe notare. Rileggendo il testo emerge che l’essere umano, la vicenda di un popolo non sono il prodotto di forze “psico-fisiche accidentali”, ma il prodotto del piano di Dio, che lo crea e lo rigenera quando dona il “soffio vitale”. Ma c’è un ostacolo a questo progetto, cioè il malvagio, ovvero colui che vuole togliere il “soffio vitale” dalla persona, trasformandoci in un oggetto, un numero tatuato sul braccio, in un manichino bersagliato da continui pensieri negativi. Il malvagio, a differenza del cattivo, non vuole rimanere all’interno della comunità umana, anzi, si smarca da essa per annientarla. I cattivi forse sono la versione peggiore di ciò che siamo, mentre il malvagio si trova a proprio agio con l’oggetto che mira ad annientare. Egli non è colui che minaccia il nostro corpo, ma vuole derubare il nostro sé: è “antispirito”, “antisoffiovitale”, “anticomunità”. L’evoluzione storica ci ha portato al tentativo, in gran parte riuscito, di far credere che ogni religione sia il frutto dell’alienazione dell’uomo per evadere dalla realtà, e ci ha condotto ad un essere che produce e consuma beni. Ci hanno fatto credere che la religione servisse a camuffare la nostra miseria presente. «Non illudetevi, non c’è alcun profumo di narciso!». Una volta liberati dalla religione, la malvagità ha cercato di cancellare i segni della presenza del sacro nel mondo. In una realtà in cui l’uomo è misura di tutte le cose, a cosa serve Dio? L’obiettivo di far perdere la fede al cristianesimo, presentandolo come un mero fatto culturale. Una volta riusciti a diffondere che senza religione, senza Dio la vita sia migliore, gli esseri malvagi si stanno adoperando sul “soffio vitale”, per cui i rapporti con gli altri sono di negazione. Tutto è incentrato sull’Io. La vita diviene solitudine angosciata: bene e male non trovano un motivo. L’essere che aveva in dono il “soffio vitale” si sente sprofondare nel nulla, nel vuoto deserto. Il Signore ci ha riscattati, ha pagato con il proprio sangue i nostri “no”. Ci invita a fidarci di Lui, anche se nella tempesta ci sembra che dorma e non si interessi di ciascuno. A noi, abituati al tutto e subito, ci chiede di avere la pazienza di Dio. Scriveva Edith Stein: «Più si fa buio attorno a noi, e più dobbiamo aprire il cuore alla luce che viene dall’alto». Oh Signore, il nostro cuore è provato, ferito e piagato, ma come ci ricorda Schiller: «Non è la carne e il sangue, ma il cuore che ci rende padri e figli». Solo unendoci al cuore di Dio attraverso Gesù, percepiamo il profumo del narciso e tutta la realtà circostante si trasforma. Ogni deserto fiorirà. Solo attraverso il cuore cogliamo l’essenza. «E Ti vengo a cercare anche solo per vederti o parlare, perché ho bisogno della Tua presenza per capire meglio la mia essenza», cantava Franco  Battiato. Cogliere il “soffio vitale” in noi e negli altri ci permette di capire chi siamo. 

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