Esaltazione della Santa Croce (14 settembre)
La festa odierna, forse ancora poco considerata, almeno in Occidente, è un tesoro da celebrare e valorizzare con cura, come ci insegna l’Oriente cristiano, che la paragona giustamente alla Pasqua.
Storicamente come nasce?
Venne celebrata come festa per la prima volta nel 335, anno in cui Costantino e sua madre Elena consacrarono in Gerusalemme la basilica dell’Anàstasis (in greco “risurrezione”), diventata poi con i Latini la basilica del Santo Sepolcro, edificio contenente la piccola altura, chiamata Golgota o Calvario, ed il sepolcro appunto di Cristo. Se la dedicazione della basilica avvenne il 13 settembre, il giorno seguente cominciò la venerazione della croce, in essa contenuta.
Nel secolo VII passò in Occidente col nome di “esaltazione”, dal greco hypsòsis, per commemorare la vittoria nel 630 dell’imperatore Eraclio sui Persiani, ai quali furono sottratte le reliquie della croce, riportate processionalmente nella città santa.
Cosa ci dice invece la Bibbia riguardo alla Croce?
La Croce, che lo storico romano Tacito definisce servile supplicium, “supplizio degli schiavi”, è il filo rosso delle letture (due o tre, in base a se tale festa cade o meno di domenica) che il Lezionario ci propone oggi: se il libro dei Numeri (21,4-9) ce la mostra nel simbolo del serpente di rame innalzato, Paolo, nella Lettera ai Filippesi canta il celebre inno costruito sul binomio abbassamento-esaltazione..«Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio.. svuotò se stesso.. e umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte.. di croce» (Fil 2,6-11). Giovanni (3,13-17) infine, ne fa il punto di congiunzione tra la sfera umana e quella divina, fino a quel momento nettamente opposte.
Nella Sacra Scrittura non ci sono altri passi in cui la Croce è citata?
Certo, i casi sono tanti, ma è ciò che simboleggia a far la differenza, è infatti il terreno simbolico sul quale si consuma la battaglia tra Cristo e il “principe di questo mondo”, il “serpente antico”, personificazione dell’inimicizia, che inscena una battaglia che percorre le pagine bibliche dal libro della Genesi a quello dell’Apocalisse. Se in Genesi 3 il serpente causa la morte dell’uomo, e in Numeri 21 quella degli Israeliti, sulla Croce provoca quella di Cristo, suo vero obiettivo. L’innalzamento della Croce significa allora che essa, simbolo del male, rivolta verso il cielo assoggetta lo stesso male a Dio e alla sua potenza, capace di annientarlo! Ma «la posta in gioco di questo conflitto – sottolinea il filologo don Carlo Rusconi – siamo noi». L’obbedienza alla Croce da parte di Gesù, è dunque l’atto contrario a quello di Satana e dei nostri progenitori, Adamo ed Eva. È il suo trono regale, che manifesta un inedito e strano modo di regnare, contrario alle logiche di questo mondo; ma è soprattutto la chiave che ci apre definitivamente le porte del Regno, dunque trofeo di vittoria!
La simbologia della Croce è davvero molto forte, ma cos’ha da dire a noi oggi, così distanti da questo tipo di supplizio e di racconti?
La parola italiana “croce” deriva dal latino crux, “tormento”, era infatti lo strumento di umiliazione principale per i malfattori del tempo. Il significato di ciò era ben chiaro ai primi cristiani, che, diversamente da quel che si pensa, ci misero molto tempo prima di accettarla come simbolo della loro fede. La sua prima rappresentazione accertata risale infatti al 134 d.C., rinvenuta nella città siriana di Palmira. I cristiani fecero dunque inizialmente uso di altri simboli per esprimere il loro credo, ad esempio l’ancora, il pesce, ecc.. Oggi tuttavia è ormai segno distintivo della propria fede e non solo: pensiamo alla facilità con la quale viene portata al collo o tatuata sulla pelle. Il rischio della superstizione è sempre dietro l’angolo, ma sarebbe opportuno chiedersi anzitutto cosa spinga una persona ad ostentare tale simbolo, o del perché divida tanto la questione sull’affiggerla o meno nei luoghi pubblici. È solo un simbolo, certo, ma rimanda a ben altro..
A cosa precisamente?
Gesù sulla Croce grida una frase che ci scandalizza: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46) Sappiamo che cita il Salmo 21(22), ma tale frase esprime l’esperienza concreta della sua lontananza dal Padre, fa esperienza cioè del nostro peccato, che Lui non ha commesso. È tale esperienza però che gli permette di annientarlo. Il già citato Rusconi utilizza un parallelo mutuato dalla strategia militare, sottolineando come, se un esercito vuole assoggettare un territorio nemico, vi deve entrare per farlo suo: ecco quanto ha fatto Gesù attraverso la Croce.
Ma cosa s’intende in concreto, quando si afferma che Gesù “si è fatto lui stesso peccato”?
«Con la Croce – dice papa Francesco – Gesù si unisce a tutte le persone che soffrono la fame.. è unito a tante madri e a tanti padri che soffrono vedendo i propri figli vittime di paradisi artificiali come la droga.. si unisce a chi è perseguitato per la religione, per le idee, o semplicemente per il colore della pelle.. è unito a tanti giovani che hanno perso la fiducia nelle istituzioni politiche.. o che hanno perso la fede nella Chiesa, e persino in Dio.. e Lui accoglie tutto con le braccia aperte, carica sulle proprie spalle le nostre croci e ci dice: coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te e ho vinto la morte..».
Ti chiediamo, nostro Signore crocifisso, innalzato e risorto, di saper cogliere nelle nostre croci quotidiane il più grande e paradossale dei tesori, consapevoli che perfino la più inaudita delle sofferenze è stata da te abbracciata e vinta, per guadagnarci la gioia senza fine.
Recita
Cristian Messina, Giulia Tomassini
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri