Santo Stefano protomartire
Come mai è stato scelto questo giorno, subito dopo il Natale, per festeggiare Stefano?
La ragione è che fu uno dei primi a render testimonianza a Gesù, per questo chiamati comites Christi. La Chiesa Ortodossa lo celebra invece il 3 agosto, giorno del ritrovamento delle sue reliquie. Unitosi agli apostoli nella predicazione, fu il primo ad essere eletto da questi come diacono, una nuova figura della neonata comunità cristiana, con la funzione di preoccuparsi delle questioni pratiche, lasciando così agli apostoli la possibilità di annunciare Gesù Risorto.
In Italia la sua celebrità è tale che 85 comuni lo hanno eletto come proprio patrono. La devozione popolare lo indica inoltre come protettore dei muratori e dei tagliapietre, oltre ad invocarlo nella guarigione dai calcoli renali.
Oggi lo festeggiamo però anche e soprattutto come primo martire. Occorre allora chiedersi chi sia il martire.
Comunemente s’intende colui che, a causa della propria fede, è stato disposto a soffrire e perfino a morire. La parola greca martýs, “testimone”, ha però qualcos’altro da dirci. Indica una persona che ha fisicamente assistito ad una scena, per cui è in grado di certificare quanto accaduto, ad esempio un incidente stradale. Il film più celebre a riguardo è senza dubbio Witness, Il Testimone, che nel 1985 è valso ben due Oscar al regista Peter Weir, divenuto poi celebre grazie a L’attimo fuggente e The Truman Show. Nel film un bambino assistite ad un omicidio, per cui i suoi occhi sono in grado di incastrare i colpevoli, e la sua presenza involontaria a quella scena gli compromette la vita.
Ma in che senso Stefano è martire, se addirittura viene ucciso a causa di una falsa testimonianza!?
Il suo martirio non riguarda tanto un episodio preciso, quanto piuttosto la sua presenza continua davanti a Gesù, che in ogni istante prende a modello, tanto da morire come lui, fuori dalle mura della città, e pronunciando, in punto di morte, le sue stesse parole: «Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60).
Il libro degli Atti ci dice che i suoi accusatori, fissandolo, vedevano il suo volto come quello di un angelo (cfr. At 6,15), in un certo senso trasfigurato. Ma perché? Perché la luce del suo viso è il riflesso di ciò che sta guardando: Gesù! Stefano è martire nel senso che vive ciò che osserva. Come amico in cielo, allora, chiediamogli la forza di riuscire a guardare tutto fissando contemporaneamente un occhio su Gesù e uno sugli altri; un occhio al cielo e uno alla terra; un occhio a chi mi sta lanciando pietre e un occhio a chi, da quelle pietre, ha già salvato me e chi le sta lanciando..
Già, perché Stefano è stato capace di perdonare chi lo stava uccidendo, avendo davanti gli occhi carichi di rabbia e odio dei suoi carnefici! E tra questi c’era il futuro San Paolo..
«Sostenuto dalla forza della carità (Stefano) vinse Saulo che infieriva crudelmente e meritò di avere come compagno in cielo colui che ebbe in terra persecutore.. ecco che ora Paolo è felice con Stefano..».
Bellissima questa immagine consegnataci da San Fulgenzio, che mostra a che punto il bene sia più forte del male: non solo la vittima e il suo carnefice che ora si danno la mano in paradiso, ma due santi che da lassù si abbracciano e, guardando quaggiù, ci dicono che tutto ciò è possibile.
Ti chiediamo allora, Stefano, il coraggio e la gioia di saper testimoniare ciò che viviamo!
Recita
Cristian Messina, Riccardo Cenci
Musica di sottofondo
Arrangiamento con chitarra di Gabriele Fabbri