Santi Cirillo e Metodio, san Valentino
Oggi il calendario liturgico sembra impazzito: la Chiesa festeggia i Santi Cirillo e Metodio, eppure la società sembra non accorgersene, celebrando la memoria – soprattutto in modo consumistico – di San Valentino.. come mai?
Proviamo a farci aiutare dal Martirologio Romano, il “librone” che contiene per intero le memorie dei santi, mettendole in ordine più o meno per importanza.. Ecco che al primo posto, tra gli undici complessivi festeggiati il 14 febbraio, compaiono due fratelli: Cirillo, monaco, e Metodio, vescovo. Al secondo troviamo Valentino martire a Roma, quindi via via tutti gli altri: Vitale, Zenone, Eleucadio, Aussenzio, ecc.. Cominciamo allora a conoscere più da vicino i primi due.
Già, chi sono Cirillo e Metodio?
Michele e Costantino, questi i loro nomi prima di diventare monaci, sono ricordati come “gli apostoli degli slavi”, poiché svolsero una grandiosa opera missionaria, resa celebre in particolare per via dei metodi che utilizzarono, su tutti l’aver creato un nuovo alfabeto, il cirillico appunto, col quale tradussero la Bibbia, il Messale e il rituale liturgico, dando a quelle popolazioni uno strumento di unità culturale. E quanto una lingua riesca ad unire un popolo è cosa evidente, se poi quell’unica “parola” permette di comunicare quella divina, beh, l’opera è grandiosa!
Dunque i due fratelli furono subito lodati per quanto fecero..
Nient’affatto. Su questa terra i due ebbero tutt’altro che vita facile: nati a Tessalonica – l’odierna Salonicco, in Grecia – divennero monaci e presto accusati di eresia e scisma, loro, che vissero per unire chi avevano attorno: paradosso dei paradossi! Se Cirillo morì a Roma, e venne sepolto nella basilica di San Clemente – martire di cui lui stesso aveva portato le reliquie nella capitale –, Metodio salì al cielo dall’attuale Repubblica Ceca. La loro grandezza è sottolineata inoltre dal fatto che San Giovanni Paolo II li ha proclamati, nel 1980, compatroni d’Europa, custodia celeste che condividono con Benedetto, Brigida, Caterina da Siena e Teresa Benedetta della Croce, meglio conosciuta come Edith Stein.
Cosa sappiamo invece di Valentino?
Alcuni studiosi sostengono anzitutto che i martiri celebrati con questo nome siano due, entrambi vissuti nel III secolo e commemorati il 14 febbraio: il primo fu sepolto a Roma, lungo la via Flaminia, dove sorse una chiesa a lui dedicata; il secondo, invece, vescovo di Terni, fu condannato alla decapitazione, e immediatamente trasportato nella città umbra, che subito gli rese grandi onori. E’ tuttavia a quest’ultimo che più spesso ci si riferisce.
Come mai ha riscosso così tanto successo tra la gente comune, al punto da monopolizzare questo giorno?
Le motivazioni, anche in questo caso, sembrano essere due: la prima risale agli antichi festeggiamenti di Greci, Italici e Romani, che si tenevano il 15 febbraio in onore del dio Pane, Fauno e Luperco, festeggiamenti legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità. Considerati troppo licenziosi, furono proibiti da Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494. La Chiesa cristianizzò quel rito pagano spostando al giorno 14 la data dei festeggiamenti, e affidando al martire ternano la protezione dei fidanzati e degli innamorati.
La seconda proviene invece dai paesi anglosassoni, dove, durante il Medioevo, si riteneva che il 14 febbraio gli uccelli, avvertendo la primavera, cominciassero a nidificare.. si iniziò allora a considerare la festa di San Valentino come annuale risveglio della vita, dunque dell’amore.
L’amore vero, tuttavia, non è mai né competitivo né divisibile, anzi, si moltiplica donandolo! Ragion per cui, in questa giornata, ci affidiamo all’intercessione dei nostri tre amici celesti e con loro diciamo: «Insegnaci Signore a parlare una sola lingua, quella dell’amore, e custodisci la “sfida” – oggi più che mai controcorrente – di chi ha accettato di camminare, su questa terra, come coppia».
Recita
Stefano Rocchetta, Federica Lualdi, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri