San Giovanni Evangelista
Questo Tempo di Natale è davvero un susseguirsi di feste, una vera pioggia di grazia: se ieri abbiamo goduto della presenza di Stefano, oggi beneficiamo di quella di Giovanni, in attesa di celebrare domani i Santi Martiri Innocenti.
Un tempo di misericordia dunque, tema tanto caro a Papa Francesco, e che l’Apostolo Giovanni ci ricorda col suo stesso nome, che in ebraico significa appunto “Dio ha avuto misericordia”.
L’iconografia ce lo mostra spesso come un ragazzotto sbarbato e tranquillo: le diverse Ultime Cene lo ritraggono ad esempio col capo adagiato sul “petto” di Gesù, come un cucciolo bisognoso di stare ai piedi della mamma, ma i Vangeli ce ne danno diverse sfaccettature:
Marco (cfr. Mc 3,17) sottolinea il suo carattere attraverso il soprannome che Gesù affibbia a lui e al fratello: Boanèrghes, “figli del tuono”, che la dice lunga su quale fosse il loro temperamento!
Giovanni stesso, nel Vangelo da lui redatto, non si nomina mai, definendosi piuttosto colui “che Gesù amava” (Gv 20,2ss). Se da un lato possiamo intuire la sua umiltà, per il fatto di non citarsi, dall’altro non esita tuttavia a rimarcare il bene che il Signore gli riservava, facendolo probabilmente apparire agli occhi degli altri apostoli come il “cocco” del Maestro. Chi di noi non ha provato, da piccolo, almeno una punta di “fastidio” nel vedere qualche favoritismo nei confronti di altri compagni di classe?! La cosa, tra l’altro splendidamente umana, non può che farci sorridere.
Luca ce lo mostra tra l’altro nelle vesti di “galoppino”, quando fu mandato in avanscoperta assieme a Pietro nel Cenacolo, sincerandosi coi due affinché la sala “al piano di sopra” fosse grande e preparata, per poter celebrare al meglio la Pasqua.
Matteo infine, come gli altri Sinottici, ci ricorda che di mestiere faceva il pescatore, attività che non esitò a terminare immediatamente, non appena fu chiamato dal Maestro. Questo momento rimarrà indelebile nella memoria del discepolo amato, tanto da ricordarsene l’ora esatta: le quattro del pomeriggio (cfr. Gv 1,39).
Nel libro dell’Apocalisse, a lui attribuito (anche se si discute in merito), Giovanni riprende una visione del profeta Ezechiele (Ez 1,5-10), descrivendo il cosiddetto Tetramorfo, ovvero quattro esseri somiglianti a un leone, ad un vitello, ad un uomo e a un’aquila (cfr. Ap 4,7). La tradizione attribuirà questi simboli rispettivamente agli evangelisti Marco, Luca, Matteo e Giovanni. Perché quest’ultimo è identificato col volatile che domina i cieli? La ragione è probabilmente duplice: da un lato Giovanni è l’evangelista dell’elevatezza spirituale, più incline alla contemplazione che all’azione; dall’altro la sua opera sembra redatta quasi per cerchi concentrici, ritornando a più riprese sugli argomenti più importanti, proprio come l’aquila, capace di disegnare traiettorie circolari, volando quasi a spirale sulla sua preda.
La tradizione vuole che sia morto ad Efeso, dove visse in compagnia di Maria, a lui affidata da Gesù sotto la croce, ai piedi della quale fu l’unico tra gli apostoli ad avere il coraggio di sostare..
La liturgia di Avvento ci ha fatto ripetere più volte un’invocazione: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,19).. Se i cieli rimangono chiusi, per noi non c’è speranza, ma da quando il Verbo ha piantato la sua tenda in mezzo agli uomini – sottolinea Giovanni (cfr. Gv 1,14) – «è possibile vedere i cieli aperti», dice Papa Francesco, che conclude: «Questo è il grande tempo della misericordia! Non dimenticatelo: questo è il grande tempo della misericordia».
Insegnaci, Giovanni, a guardare e a saper leggere la profondità della vita, così come fai tu.
Recita
Stefano Gazzoni, Tiziana Sensoli
Musica di sottofondo
Arrangiamento con chitarra di Gabriele Fabbri