San Lorenzo (10 agosto)
San Lorenzo è conosciutissimo ovunque, tanto da essere patrono di numerose località, italiane e non, ma cosa sappiamo di certo della vita di questo gigante della fede?
Nato probabilmente in Spagna nella piccola città di Osca, la famiglia lo mandò a studiare a Saragozza, in cui ebbe come insegnante il futuro papa Sisto II. Tra i due nacque immediatamente una grande amicizia, tanto che decisero di trasferirsi entrambi nella Città Eterna. Il 30 agosto del 257 il neo papa, appena eletto, volle accanto a sé l’amico, affidandogli il ministero di arcidiacono, in pratica il responsabile tra coloro che si occupavano dei poveri di Roma.
Se l’intero Cristianesimo giubila oggi per la sua festa, sembra che la città di Roma gioisca ancor di più.. come mai è così tanto legata a Lorenzo?
La sua vita si svolse in un periodo di persecuzioni e, nel corso di quella voluta dall’imperatore Valeriano, Lorenzo venne a sapere che a papa Sisto sarebbe costata la vita. Disperato per la futura mancanza di quello che reputava un padre, oltre che un amico, si sentì rispondere dallo stesso che entro tre giorni lo avrebbe raggiunto in cielo, a causa di un martirio ben più atroce del suo: se Sisto fu ucciso a fil di spada, Lorenzo fu arso vivo su una graticola, simbolo iconografico che lo identifica inequivocabilmente. Prima di bruciare sui carboni ardenti volle pregare per Roma. Tale gesto d’amore ha riscosso la gratitudine della città, che tanto onore non ha tributato neppure ai suoi patroni principali Pietro e Paolo. A Lorenzo ha infatti dedicato ben 34 chiese, la prima e più importante delle quali è quella eretta sul luogo del suo martirio, «in agro Verano», l’attuale cimitero. Fa parte delle famose “7 Chiese” tanto care ad un altro “figlio” di Roma, San Filippo Neri, che ne fece un mini-pellegrinaggio divenuto poi celebre.
Il suo essere diacono lo portava ad aver a che fare costantemente coi poveri..
Non solo, l’amore che aveva per i più “sfortunati” è noto grazie ad un famoso aneddoto: quando l’imperatore Valeriano – si legge nella sua Passione – gli intimò di consegnargli i tesori di cui aveva sentito parlare, e che Lorenzo custodiva, questi gli presentò un gruppo di indigenti affermando: «Eccoli i nostri tesori, che non diminuiscono mai, ..fruttano sempre e li puoi trovare dappertutto!». Ma queste non furono le ultime parole del santo. Prima di morire avrebbe addirittura avuto la forza di scherzare su quanto gli stava accadendo. Mentre il suo corpo ardeva sulle fiamme avrebbe infatti detto: «Ecco, da questa parte sono cotto. Giratemi». Era il 10 agosto dell’anno 258.
La sua fu dunque una fede davvero eroica, di fronte alla quale però ci sentiamo forse troppo distanti.
È vero, la sua testimonianza fu eroica, ma la sua santità si consumò nel quotidiano. In ogni caso ognuno di noi è chiamato ad un progetto unico e inimitabile, non necessariamente eccezionale. Ce lo ricorda Sant’Agostino che, proprio nel giorno della memoria di Lorenzo, così ci sprona: «Il bel giardino del Signore, o fratelli, possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli delle vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata: Cristo ha sofferto per tutti.. Dunque cerchiamo di capire in che modo, oltre all’effusione del sangue, oltre alla prova della passione, il cristiano debba seguire il Maestro».
Tornando alla data del martirio, come mai la notte del 10 agosto è legata al santo odierno?
La tradizione la chiama notte di san Lorenzo, legandola al fenomeno astronomico definito erroneamente “stelle cadenti”, scientificamente più conosciuto come passaggio dello sciame meteorico delle Perseidi, fenomeno che tra l’altro non si esaurisce nella sola notte del 10, ma in più giorni di questo periodo, in cui l’atmosfera terrestre è attraversata più del solito da piccole meteore. Tale fenomeno evoca tuttavia, nell’immaginario collettivo, i carboni ardenti sui quali Lorenzo fu martirizzato. La celebrità di questa notte è nota in particolare grazie alla poesia di Giovanni Pascoli, intitolata proprio X agosto, in cui egli s’interroga sul perché del male, vedendo nel cader delle stelle il pianto del Cielo. La poesia inizia evocando il diacono: «San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla.. – e termina rivolgendosi al cielo – ..E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! D’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male!». Il verbo desiderare inoltre, di origine latina, deriva proprio da sidus, “stella”, e significa letteralmente “cessare di contemplare le stelle a scopo augurale”, dunque “bramare”. Per rimanere in ambito poetico, potremmo tradurlo con “sentire la mancanza di ciò che è buono e necessario”.
Donaci, Lorenzo, di poter alzare il capo per cercare l’unico volto necessario, quello del Padre, e di rispondere a tale necessità come hai fatto tu, che, abbassando lo sguardo, hai ritrovato quello stesso volto nei poveri per i quali hai speso la vita.
Recita
Cristian Messina, Pina Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri