Pasqua di Resurrezione



Pasqua di Resurrezione
«Sono risorto, e sono sempre con te; poni su di me la tua mano, è meravigliosa per me la tua conoscenza. Alleluia!»

Con quali stupende parole si rivolge a noi il Signore oggi! Da dove provengono?
Si tratta dell’antifona d’ingresso dell’Eucaristia che apre il giorno di Pasqua, letteralmente “passaggio”, non però dalla schiavitù alla libertà, come lo intendono i nostri fratelli ebrei – che rievocano il passaggio del Mar Rosso, con relativo abbandono dell’Egitto e approdo nella Terra promessa –, ma dalla morte alla vita, guadagnataci da Gesù. E il giorno di Pasqua, simbolicamente parlando, non dura solo ventiquattr’ore, ma cinquanta giorni, quelli dell’intero Tempo Pasquale, nel quale la liturgia non si stancherà di ripetere: «Questo è il giorno che ha fatto il Signore».

Tornando al singolo giorno di oggi, invece, è caratterizzato dall’incontro tra due innamorati: Dio e l’umanità, rappresentati da Cristo sposo e dalla sua Chiesa, oggi nelle vesti della Maddalena, che, piangendo, incontra Gesù allo spuntar dell’alba e, vedendo il sepolcro vuoto, corre ad avvisare Pietro e Giovanni.

Cosa ci dicono invece le altre letture di oggi?
Se nella prima lettura Pietro sottolinea il fatto che, Gesù risorto, sia apparso proprio ai prescelti che avevano condiviso con lui gli ultimi anni della sua vita terrena (cfr. At 10,34a.37-43), nella seconda Paolo ci invita a guardare la vita, da ora in poi, con occhi nuovi, cercando «le cose di lassù» (Col 3,1-4), cioè pensando in grande, lasciando che a scegliere per noi non sia più la paura, ma il desiderio di vita, quella vera. Prima del Vangelo la liturgia ci regala poi la cosiddetta Sequenza pasquale, che dice: «Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa» e prosegue, dando voce a tutti noi: «Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto». Forti di questa certezza non abbiamo più nulla da temere, nemmeno la morte!

Tornando alla durata del giorno di Pasqua, sarebbe di cinquanta giorni.. come mai?
I cinquanta giorni che vanno da oggi al giorno di Pentecoste si celebrano come un solo giorno di festa, anzi, come «la grande domenica», dice Sant’Atanasio, quella in cui risuonerà senza sosta, in ogni azione liturgica, il canto dell’Alleluia, allo stesso modo in cui, in Quaresima, siamo stati costretti a farne a meno: per quaranta giorni abbiamo digiunato da questa esclamazione, che letteralmente significa “Lodate Dio”, ma ora ne facciamo una scorpacciata di ben cinquanta giorni, godendone con gli interessi.

Quindi il Tempo Pasquale è importante come la Quaresima?
Per certi versi di più, dato che quest’ultima prepara al Tempo Pasquale: se la Quaresima è una “figura” di questa vita di prova e tentazione, i cinquanta giorni pasquali rappresentano invece l’eternità, la perfezione della meta. Non solo, questo periodo è il tempo liturgico dedicato allo Spirito Santo, sgorgato dal Cristo crocifisso, quindi anche il tempo della Chiesa, nata dal medesimo costato. E la pienezza di questa effusione, se così possiamo dire, ha luogo proprio nel giorno di Pentecoste, parola greca che significa appunto “cinquantesimo” (giorno).

Come mai oggi non è così chiaro questo legame tra il giorno di Pasqua e quello di Pentecoste?
È la storia, come sempre, a darci la risposta: l’antica festa della Pasqua annuale (che nasce dopo quella settimanale, cioè la domenica), già nel II secolo prevedeva il periodo dei cinquanta giorni, mentre verso la fine del IV si è cominciato a dare rilievo all’ultimo della Cinquantina. Nel frattempo però, è nata anche la festa dell’Ascensione, celebrata la settimana prima di Pentecoste, spezzando in tal modo l’unità della Cinquantina, caratterizzata dal susseguirsi di otto domeniche, sette più quella di Pentecoste appunto. Detto altrimenti, con l’Ascensione di Gesù al cielo, siamo convinti che il Tempo Pasquale sia terminato, e che la festa di Pentecoste, la settimana seguente, sia un evento a sé stante.

C’è qualcosa di particolare che caratterizza questi cinquanta giorni?
Diversi aspetti, oltre alla già citata raffica di Alleluia. Ad esempio la lettura semicontinua del libro degli Atti degli Apostoli, in cui si parla della storia delle origini della Chiesa, in cui possiamo rivivere e celebrare l’esperienza dei discepoli della “prima ora”, che «mangiarono e bevettero con Gesù Risuscitato» (At 10,41). Tale esperienza rimane il paradigma per le comunità cristiane di tutti i tempi, che rivedono in quella il modello da imitare: «erano perseveranti – così si dice dei primi discepoli – nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42) e, soprattutto, «aveva(no) un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune» (At 4,32). Parole utopiche? Chissà..
Altri tratti caratteristici della Cinquantina sono l’assenza del digiuno e la “proibizione” di pregare in ginocchio, sottolineando così il fatto che noi – pregando in piedi – siamo risorti con Gesù!

Che ruolo riveste allora la cosiddetta Ottava di Pasqua?
Tra i cinquanta giorni, un posto speciale è ulteriormente riservato ai primi otto, dalla Domenica di Risurrezione a quella successiva, periodo chiamato appunto Ottava. Il simbolismo del numero otto è infatti noto, e gioca sulla relazione con il sette: se questo nella Bibbia simboleggia la perfezione – dato che Dio ha creato il mondo in sette giorni –, il sei, per difetto, rappresenta l’imperfezione, mentre l’otto, che “eccede” il sette, rimanda alla “più-che-perfezione”, ovvero all’eternità, al giorno che non conosce tramonto. Non a caso l’infinito, in matematica, è simboleggiato dal numero otto in forma rovesciata. L’Ottava, in ogni caso, nasce come periodo speciale in cui pregare per i nuovi membri della Chiesa, i catecumeni, che, nella Veglia Pasquale, hanno ricevuto il Battesimo. Si tratta in pratica dell’attenzione tutta speciale che si riserva ai neonati!
Questi otto giorni sono inoltre l’occasione per proporci una “overdose”, ci sia concesso il termine, di Risurrezione: apparizioni non-stop raccontateci dai quattro Evangelisti, distribuite in modo da offrirci una narrazione ordinata e successiva dei fatti. La serie si apre con Gesù che si mostra alle donne (Mt 28,8-15) e si chiude con quella raccontataci da Marco (Mc 16,9-15), una specie di sintesi di tutte le altre.

Oggi, Signore, non riusciamo a trovare parole per rivolgerci a Te, se non una: grazie!

Recita
Cristian Messina, Daniela Santorsola, Enrico Cenci

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri
G.F.Haendel. Halleluja. Diritti Creative Commons

 

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