San Giovanni Crisostomo (13 settembre)
«Cosa.. dovremmo temere? La morte? “Per me vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21). Allora l’esilio? “Del Signore è la terra e quanto contiene” (Sal 23,1). La confisca dei beni? “Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portare via” (Tm 6,7). Disprezzo le potenze di questo mondo e i suoi beni mi fanno ridere. Non temo la povertà, non bramo ricchezze, non temo la morte, né desidero vivere, se non per il vostro bene..». Così si esprimeva il vescovo Giovanni, rivolgendosi ai suoi fedeli prima di essere esiliato.
Cosa sappiamo di lui?
Nacque ad Antiochia nel 349 circa. Educato dalla madre Antusa, che pure sarà dichiarata santa, in gioventù condusse vita monastica in casa propria. Morta Antusa si ritirò nel deserto per sei anni, gli ultimi due dei quali abitando in una caverna. In seguito fu ordinato prima presbitero, poi vescovo, succedendo a Nettario sulla prestigiosa cattedra di Costantinopoli. La classe più ricca di questa città, si sentiva però colpita dalle sue omelie taglienti, ragion per cui iniziò a fargli opposizione, soprattutto attraverso la voce dell’imperatrice Eudossia, che riuscì a farlo esiliare per ben due volte. Durante l’ultima di queste morì: era il 14 settembre del 407. La sua memoria viene celebrata però il 13, con ogni probabilità per cedere il posto all’Esaltazione della santa Croce. Dal sepolcro di Comana le sue spoglie mortali furono in seguito trasferite a Costantinopoli.
Da dove gli deriva il soprannome Crisostomo?
Giovanni di Antiochia venne chiamato Crisostomo, dal greco “bocca d’oro”, solo tre secoli dopo la sua morte. Il soprannome è evidentemente legato alla sua abilità oratoria, della quale possediamo diverse testimonianze. La parola di Dio era per lui il riferimento di tutto: «..la sua parola – scrive nell’omelia già citata – è il mio bastone, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Anche se tutto il mondo è sconvolto, ho tra le mani la sua Scrittura, leggo la sua parola. Essa è la mia sicurezza e la mia difesa..». Celebri sono inoltre le sue circa 250 omelie sulle lettere paoline, ma fu illuminante anche in campo liturgico: la sua anafora (dal greco “portare su”, “offrire in alto”, termine utilizzato come sinonimo di preghiera eucaristica), è ancora oggi la più diffusa in tutto l’Oriente cristiano.
Dunque offrì un grande contributo anche riguardo al culto..
Sì, ma dandogli il giusto peso: «Vuoi onorare il corpo di Cristo? – scrive commentando il Vangelo di Matteo – ..Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità.. Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura.. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua? ..Perciò mentre adorni l’ambiente per il culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello..». E aggiunge, commentando invece gli Atti degli Apostoli: «Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri..».
«O Dio, sostegno e forza di chi spera in te, che ci hai dato in san Giovanni Crisostomo un vescovo mirabile per l’eloquenza e per l’invitta costanza nelle persecuzioni, fa’ che il popolo cristiano, illuminato dalla sua dottrina, sappia imitare la sua fortezza evangelica..» (Preghiera Colletta).
Recita
Federico Fedeli, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri