San Francesco Saverio (3 dicembre)
«..ho salvato un numero grandissimo di bambini.. (che) non mi lasciano né dire l’Ufficio divino, né prendere cibo, né riposare fino a che non ho loro insegnato qualche preghiera; allora ho cominciato a capire che a loro appartiene il regno dei cieli», queste le parole che Francesco indirizzava dall’Oriente, in una lettera rivolta al suo padre spirituale e amico, Ignazio di Loyola.
Francesco Saverio è considerato uno dei più grandi missionari della storia..
Forse il missionario per antonomasia, ma per poterlo affermare dobbiamo fare un passo indietro di molti anni, esattamente in un castello della Navarra, la cui capitale era Pamplona, luogo nel quale fu ferito e da cui ebbe inizio la conversione del soldato Ignazio, che in seguito segnò indelebilmente la vita del santo che oggi celebriamo. Era martedì 7 aprile del 1506, in piena Settimana Santa, quando Maria de Azpilqueta diede alla luce Francesco, quinto ed ultimo figlio di una delle più potenti e illustri famiglie di Navarra, i signori di Saverio.
Come contribuì questa ricca famiglia nel suo percorso di conversione?
La madre ogni sera, prima di mandarli a letto, chiamava a sé i cinque figli e, davanti al grande crocifisso – situato nella cappella di casa – pregava con loro. Questa e altre pie abitudini contribuirono alla crescita dei giovani: dei quattro fratelli di Francesco, Michele e Giovanni seguirono la carriera militare, Anna si sposò e Maddalena divenne Clarissa. Ma i genitori del beniamino di casa, il piccolo Francesco, vollero diventasse un uomo colto, motivo per cui nel 1525 lo mandarono a studiare a Parigi, nel collegio di Santa Barbara, in cui condivideva la camera con un altro futuro uomo di Dio, il beato Pietro Favre, che già a dodici anni aveva fatto voto di castità.
Qual’era il suo rapporto con Pietro?
Lo stimava e ne subiva l’influsso, nonostante il suo stile di vita fosse di tutt’altro tipo, dedito cioè alla più sfrenata mondanità. Ma l’arrivo che più sconvolse la vita non solo di Francesco, ma di molti altri studenti del Santa Barbara, fu quello di un allievo molto più anziano di loro, lo spagnolo Iñigo di Loyola, che nel 1529 divenne compagno di Francesco e Pietro. Iñigo, poi divenuto Ignazio, aveva tra l’altro combattuto otto anni prima (ferendosi gravemente ad una gamba) proprio contro Michele e Giovanni, i fratelli di Francesco. Mentre Pietro si era inteso subito con il trentasettenne spagnolo, Francesco lo riteneva altamente antipatico, soprattutto perché questi gli predicava il disprezzo del mondo, che invece lui tanto amava: «Che giova, Maestro Francesco? Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se perde l’anima sua?», gli ripeteva spesso.
Quando decise di cambiare vita?
Nell’estate del 1533, quando, quattro anni dopo l’arrivo dello scomodo spagnolo zoppicante, ne divenne come Pietro un umile discepolo, tanto che dopo la festa dell’Assunta si ritirò per quaranta giorni nella solitudine più totale, facendo i famosi Esercizi Spirituali sotto la guida di Ignazio, inventore della celebre pratica. Quando tornò al Santa Barbara era praticamente trasfigurato. Un anno dopo, il giorno dell’Assunta del 1534, Francesco, Ignazio e altri cinque compagni si consacrarono a Dio facendo voto di povertà e decidendo di recarsi in Terrasanta, mettendosi a completa disposizione del papa Paolo III: era nata la Compagnia di Gesù!
Cosa fecero i primi sette gesuiti in Terrasanta?
Per diversi motivi non riuscirono ad andarci, ma su invito del re di Portogallo, Francesco venne scelto come missionario e legato pontificio per le colonie portoghesi nelle Indie Orientali. Era il 14 marzo 1540. In soli dieci anni evangelizzò in India e Giappone, battezzando oltre 30.000 persone: «Se non trovo una barca, ci andrò a nuoto», ripeteva spesso, sottolineando come nulla lo avrebbe ostacolato nella sua opera di annuncio del Vangelo. Morì di stenti, colto da un terribile attacco febbrile, la notte del 3 dicembre 1552, sulla riva del mare nell’isola cinese di San Chao. Ma i suoi compagni gesuiti li portò sempre e ovunque nel cuore, al punto che, durante i suoi viaggi, non si staccava mai dalle loro firme autografe. Mentre il suo corpo riposa ancora in Oriente, nel 1614 venne portato a Roma il suo braccio destro che, come preziosa reliquia, viene venerato ancora oggi nella chiesa romana del Gesù.
«Donaci, Francesco, di portare il Vangelo a chiunque incontriamo nelle nostre semplici attività quotidiane, sicuri che il nostro “Oriente” sta proprio qui..».
Recita
Daniela Santorsola, Cristian Messina
Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri