Testimoni: Carlo Acutis (12 Ottobre)



Carlo Acutis (12 Ottobre)
«Eeeee.. sono destinato a morire!»
«Assistendo appunto alla morte di mio figlio, ho proprio pensato dentro di me “questo è un santo”, perché mai un lamento, mai un.. sempre col sorriso, sempre.. quando un medico gli chiede se soffre, lui risponde “c’è gente che soffre più di me”. San Francesco chiamava la morte “sorella morte”, no? E Carlo veramente ha vissuto la morte come l’incontro con l’Amato. Al funerale era talmente piena la chiesa, dico “Ma questi dove li ha conosciuti?”. Erano tutti amici che Carlo si era fatto nella sua quotidianità. Veramente se tu metti Cristo al centro, è come se tutta la vita si illuminasse, come se il sole improvvisamente rischiarasse tutto, no? Ecco, la vita di Carlo era questa, e Carlo era questo»

Di chi si sta parlando?
Il frate minore conventuale Giancarlo Paris, nella prefazione al suo libretto intitolato Carlo Acutis. Il discepolo prediletto sottolinea che «Sono molti i ragazzi e le ragazze che in questi decenni stanno dando una forte testimonianza di fede.. una quarantina in Italia i giovani che hanno attraversato la vita troppo presto.. – e si domanda: – Ma cosa vuole indicarci lo Spirito con questa nuova ondata di santi? Sicuramente che prestiamo più attenzione ai giovani, al loro mondo, a ciò che abita il loro cuore, reinventando nuove modalità di trasmissione della fede». Si chiede inoltre se abbia «ragione papa Francesco quando dice che saranno i giovani ad evangelizzare i giovani». Quesiti che, se affrontati, conducono ad una possibile e bellissima risposta, fatta da un nome e un cognome (mutuati dal nonno paterno): Carlo Acutis. 

Cosa sappiamo di lui?
Nato a Londra il 3 maggio 1991, morirà a Monza appena quindici anni dopo, il 12 ottobre 2006. Figlio del torinese Andrea Acutis e della romana Antonia Salzano, i coniugi vivevano in quel periodo nel Regno Unito perché lui lavorava per una banca inglese. Venne battezzato il 18 maggio nella chiesa di Our Lady of Dolors, “Nostra Signora dei Dolori”, dedicata alla Madonna di Fatima, luogo che in seguito il ragazzino avrà molto a cuore. Battesimo per il quale mamma Antonia – è sempre il Paris a riferirlo – «fece preparare.. una torta a forma di agnellino, inconsapevole di adempiere a un disegno più grande di lei», regalandogli tra l’altro un agnellino vero, al quale Carlo si affezionò molto. A proposito del primo sacramento dell’iniziazione cristiana, dirà il giovane anni dopo: «Le persone non si rendono conto di quale infinito dono sia questo e a parte i confetti, le bomboniere e il vestitino bianco.. non si preoccupano assolutamente di capire il senso di questo grande dono che Dio dà all’umanità».   

Dunque la sua vita si è svolta nel Regno Unito?
No, poiché la coppia si trasferisce a Milano, dove Carlo cresce molto precocemente, studiando prima in una scuola gestita dalle suore Marcelline, poi in un liceo gesuita, il Leone XIII. Già alle elementari, infatti, si preoccupava e occupava dei compagni con i genitori separati e prendeva le difese di coloro che più faticavano ad integrarsi nel gruppo classe, venendo spesso bullizzati. Se ad avere la peggio era invece lui, beh, non reagiva: «il Signore non sarebbe contento – diceva – se reagissi violentemente». Tornando al suo percorso iniziatico, la Prima Comunione la fece anticipatamente, il 16 giugno 1998, a soli sette anni, poiché un prete lo ritenne idoneo anzitempo. La famiglia, benestante, si circondò di alcuni collaboratori domestici: da quando Carlo aveva quattro anni si avvalse dell’induista Rajesh, al quale il piccolo parlò subito in modo chiaro: «Mi diceva che sarei stato più felice – racconta lo stesso Rajesh – se mi fossi avvicinato a Gesù», così si fece battezzare. Tra i due nacque una profonda amicizia. Altra figura molto importante per il giovane Acutis fu la sua tata polacca, il cui nome era già un programma: Beata. Stette con lui quattro anni, durante i quali gli insegnò le prime pratiche religiose. Anche la stiratrice Sheela (Scila) racconta che Carlo la aiutava spesso, e di nascosto, per permetterle di rincasare prima dalla figlia.   

Molto interessanti i punti di vista di chi lo ha conosciuto..
In un’intervista rilasciata a Sat 2000 la madre disse: «quando era piccolo.. facevamo le passeggiate, vedeva una chiesa, desiderava sempre entrare, salutare Gesù. Oppure facevamo una passeggiata nel parco, coglieva i fiorellini da portare alla Madonna. Queste sono le piccole cose che faceva a quattro o cinque anni». Da chi ha preso questo figlio? Dai genitori? No di certo, prosegue infatti la mamma: «Sono andata a Messa il giorno della Prima Comunione, il giorno della Cresima e il giorno che mi sono sposata.. e mio marito anche, aveva una fede tiepida». Il problema nacque quando il piccolo cominciò a fare domande importanti, al punto che Antonia decise, su suggerimento di un’amica, di recarsi da un prete bolognese, che a sua volta la indirizzò agli studi teologici, che hanno permesso a lei per prima di riavvicinarsi alla fede, al punto da farle dire: «per me Carlo è stato un po’ come un piccolo salvatore.. mi ha portato alla Chiesa, e il padre è stato trascinato».

Il rapporto madre-figlio è stato quindi molto forte..
Sì, ma non sono mancate le opposizioni da parte del più piccolo: un giorno Carlo le si oppose poiché lei voleva comprargli un secondo paio di scarpe, facendole notare che c’era chi non ne aveva neanche uno. I suoi risparmi li dava alla mensa dei poveri, l’Opera di San Francesco, che ogni giorno dispensava 2500 pasti. Tra le tante persone che il ragazzino aiutava c’era Giuseppina, una donna depressa di cui si prese cura, dato che aveva deciso di lasciarsi morire. 

Possediamo qualche suo scritto?
Carlo non teneva un diario, diversamente da tanti altri santi, perché lo riteneva «(una) cosa da femmine», ragion per cui non possediamo suoi scritti cartacei, se non qualche quaderno scolastico. Abbiamo però quanto ha lasciato nel suo PC e sul web. Quanto al cartaceo, sono interessantissimi alcuni suoi disegni.. su una pagina datata 23 settembre 2002, quando ha solo 11 anni, si disegna, e lo fa in due modi: nella parte superiore del foglio dalla grande scritta “IO” partono alcune frecce volte ad indicare – come suggerisce la scritta sottostante “Io (e) gli altri” – le sue relazioni con gli amici, il suo futuro allenatore, i professori, i compagni, genitori e parenti. In quella inferiore invece si disegna, e dal suo corpo partono questa volta linee che tracciano la sua “vita da credente”: vita da figlio, da alunno, da sportivo, da amico e da compagno, insomma nel complesso possiamo dire che stila una sorta di vero e proprio programma di santificazione. 

Che spettacolo! Ma come concepisce Carlo i santi? 
Ce lo dice alla pagina successiva, in cui descrive il compagno – letteralmente colui che mangia il nostro stesso pane – come «simpatico, affidabile, leale, sincero, comprensivo, generoso (e) rispettoso». Non solo, rispetto a tali qualità è lui stesso ad autovalutarsi: se in affidabilità e comprensione si dà un bel 10, in generosità si strappa appena un 6, come mai? Il già citato Paris avanza due possibilità: «o non sa davvero quello che fa la sua destra, oppure.. ha lavorato su se stesso per migliorarsi e ci è riuscito!». Interessante inoltre una preghiera da lui scritta sotto forma di “fioretto”: su un foglio arancione ritagliato a forma di margherita, scrive «Signore, voglio essere meno materiale», constatando evidentemente come l’agio in cui vive possa rappresentare per lui un ostacolo.

Era insomma conscio che la conversione non è affare d’un giorno..
Proprio così. «Gli uomini – scrive nei suoi appunti – si preoccupano tanto della bellezza del proprio corpo e non si preoccupano invece della bellezza della propria anima. (ma) La conversione non è altro che lo spostare lo sguardo dal basso verso l’alto: basta un semplice movimento degli occhi». 

Che rapporto aveva in concreto con la preghiera?
«Il Signore – diceva – è l’unico al quale non dobbiamo chiedere udienza con preavviso. A lui posso sempre confidare qualcosa, posso anche lamentarmi, interrogarlo nel suo silenzio e dirgli quello che non capisco». Ma la sua vita – un po’ come quella di san Francesco, seppur con le dovute proporzioni –  era diventata tutta preghiera: dal passare davanti ad una semplice chiesa ed entrarvi per “buttare un bacio a Gesù”, cosa che faceva fin da piccolo, a spendersi per l’altro, chiunque altro..    

Come gli nacque, invece, la passione per la tecnologia, in concreto per il PC?
La apprese dai gesuiti alle scuole medie. L’ammirazione per Steve Jobs lo portò a citare spesso una sua celebre affermazione: «Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro». Se con ogni probabilità il cofondatore di Apple non pensava in tal caso alla santità, è di questo che Carlo sta parlando, quasi presagendo la sua prematura dipartita terrena. Si butta così nella progettazione di pagine web parrocchiali e scolastiche, brevi filmati e giornalini. Il minore conventuale ci fa inoltre notare che, pur giocando come tutti i suoi coetanei «con i Pokemon, i videogiochi e la PlayStation», nel suo PC installi anche un programma per recitare il rosario. Ma non è tutto, realizza perfino un video dallo scopo chiaro quanto ardito, come si evince già dal titolo: Per capire la transustanziazione. Ma «ciò che ha particolarmente distinto Carlo, che lo ha fatto diventare davvero un missionario su internet – scrive Thomas Alber nel suo libro intitolato Carlo Acutis. Missionar im Internet – , è il fatto che ha usato tutte le sue conoscenze e abilità acquisite per la Chiesa e la fede cattolica. Il vescovo Domenico Sorrentino lo ha giustamente riconosciuto come esempio di “santità nell’era digitale”..». 

Che rapporto aveva invece con la natura?
Come il suo “idolo” san Francesco, amava molto gli animali, nello specifico cani e gatti, arrivando a girare video i cui protagonisti erano proprio loro: la sua Stellina, chiamata “Cagnetta cannona”, e il suo cane Briciola, un dobermann di piccola taglia da lui soprannominato “il cane dei sette demoni”. Il suo amore per tali creature non si fermava tuttavia qui: spesso, trovando animali abbandonati, implorava mamma e papà di poterli portare a casa. «Era anche convinto – è sempre Paris a dircelo – che dopo la morte gli animali andassero in cielo». Chissà.. Il suo rapporto col creato lo portava inoltre a tener puliti e ordinati gli ambienti personali e pubblici, raccogliendo le immondizie lasciate da altri, ma era solito anche raccogliere fiori da portare ai piedi di Maria.     

A proposito dell’“ancella del Signore”, che legame aveva con Lei?
Diretto e privilegiato, a partire dalla chiesa in cui venne battezzato, dedicata alla Madonna di Fatima. Una volta cresciuto, si fa per dire, volle raggiungere con decisione diversi santuari mariani: Loreto, Pompei, Caravaggio, Oropa ed altri ancora, sparsi per l’Europa e non solo. Il fatto che pregasse quotidianamente il rosario – talvolta addirittura tre! – non lascia dubbi in merito. Ma non è finita qui: crebbe nella parrocchia di Santa Maria Segreta, la stessa in cui avranno luogo i suoi funerali. Ma ciò che più lo colpì della Vergine fu quanto da Lei affermato a Fatima, circa le anime di coloro che finirebbero all’inferno poiché non c’è chi preghi per loro. Questa affermazione divenne per lui «una specie di ossessione», portandolo a fare piccole rinunce o penitenze, oltre a pregare, per chi ha già salutato questo mondo.  

Carlo è ormai sulla strada della santità.. c’era qualcuno, di quelli diciamo così “già con l’aureola”, a cui in qualche modo si ispirava?
«Tutti gli uomini – diceva – sono chiamati a diventare, come Giovanni, discepoli prediletti: basta diventare anime eucaristiche.. ci vuole però la libera adesione della nostra volontà. (poiché) Dio non ama forzare nessuno». Detto altrimenti, riteneva anzitutto la santità «(non un) processo di aggiunta, ma di sottrazione: meno io per lasciare spazio a Dio». La mamma, che da piccola era stata benedetta da Padre Pio, e di nome fa Antonia (motivo che la portava ogni anno a visitare Padova), dice che il figlio era più che simpatizzante del francescano “di Padova”, anche se nella città patavina visitava spesso anche il santuario di un altro celebre frate: il confessore san Leopoldo Mandić. Ma colui al quale maggiormente s’ispirava è senza dubbio il fondatore dell’ordine cui aderirono i primi due, ovvero Francesco. I genitori, come detto benestanti, si poterono permettere di comprare una casa ad Assisi, in cui Carlo passava intere estati, tra passeggiate con i suoi cani sul Subasio, corse con gli aquiloni (altra sua passione) e visite quotidiane alla tomba del poverello. Assisi gli fu talmente cara da fargli chiedere, nello stesso video in cui prediceva la propria morte, di esservi sepolto. Ma la sua “francescanità” lo portò a legarsi ad un altro luogo molto caro al figlio di Pietro di Bernardone, quel santuario delle Stimmate della Verna in cui faceva annualmente gli esercizi spirituali.  

Come morì Carlo?
Nell’ottobre del 2006 tutto iniziò con quella che sembrava una semplice influenza, salvo poi scoprire una diagnosi ben diversa e impietosa: leucemia di tipo M3, una delle forme più aggressive in circolazione. Dopo i genitori fu lui stesso ad essere informato della gravità della propria situazione, eppure, rivolgendosi a papà e mamma, disse: «Il Signore mi ha dato una sveglia!». L’11 ottobre entrò in coma intorno alle 14:30 e, nel giro di qualche ora, morì.. «I medici – è nuovamente il Paris a narrarcelo – decisero di non staccare il respiratore finché il cuore non avesse smesso di battere spontaneamente. Così, mentre la morte cerebrale avvenne l’11 di ottobre, quella certificata risale alle 6:45 del mattino (successivo).. memoria della Vergine del Pilar», concludendo in tal modo la sua esistenza così come l’aveva inaugurata: in modo mariano. Ma le “coincidenze”, se così vogliamo chiamarle, non sono finite: altro santo a lui molto caro fu Alessandro Sauli, un vescovo barnabita festeggiato proprio l’11 ottobre, le cui reliquie sono tra l’altro conservate davanti alla prima clinica in cui Carlo fu ricoverato.  

Tornando alla città umbra, è lì che riposa?
Sì, ma non più nel cimitero. Se inizialmente venne inumato nella tomba di famiglia a Ternengo, nel biellese, nel 2007 la sua salma fu sepolta nel cimitero di Assisi per poi essere trasferita nel santuario della Spoliazione, così chiamato perché in quel luogo Francesco si spogliò delle sue nobili vesti per essere accolto dal mantello del vescovo. Dichiarato venerabile il 5 luglio 2018, la beatificazione è arrivata grazie alla miracolosa guarigione di Matheus, un bimbo brasiliano affetto da una rara malattia al pancreas: il 12 ottobre 2013, mentre don Marcelo, parroco di San Sebastiano, stava benedicendo i fedeli con una reliquia di Carlo (una parte del pigiama da lui indossato prima di morire), il piccolo Matheus guarì “inspiegabilmente”. Due anni dopo papa Francesco ha riconosciuto il miracolo che ha portato all’attesa beatificazione, celebrata nella cara Assisi il 20 ottobre 2020. Ma dal 6 aprile 2019, come detto, la sua salma è stata traslata nel santuario, mentre il cuore è conservato in san Rufino, sempre ad Assisi, nell’altare dedicatogli dopo la beatificazione. Alcune ciocche dei suoi capelli sono infine esposte nella chiesa francescana dell’isola maltese di Gozo. Dopo la sua morte mamma Antonia confessa di avergli parlato in sogno: le avrebbe promesso altri figli.. e così avvenne! Nel 2010 hanno infatti visto la luce i gemelli Michele e Francesca.

Che rapporto aveva, ancora, con l’Eucaristia?
Le ultime estati della sua breve vita le trascorse ad Assisi per preparare una mostra sui miracoli eucaristici da lui raccolti, mostra cui è stato dedicato perfino un docufilm, intitolato Segni: «Possiamo trovare Dio.. – diceva Carlo alla mamma – in tutti i tabernacoli del mondo! Se ci pensiamo bene – ammonizione semplice e ovvia, eppure davvero poco considerata – , noi siamo più fortunati di coloro che vissero 2000 anni fa, a contatto con Gesù, perché abbiamo Dio “realmente e sostanzialmente” presente con noi sempre, basta visitare la chiesa più vicina! – se poi fosse anche aperta, aggiungiamo noi con un pizzico di sarcasmo.. Per concludere: – Gerusalemme l’abbiamo sotto casa. Gerusalemme è in ogni chiesa!». Come dargli torto? Ma l’amore che provava per questo sacramento è sintetizzato nel suo celebre motto: «L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo!». E ancora: «Ogni volta che ci comunichiamo dovremmo dire: “Gesù accomodati pure, fai come se stessi a casa tua”». 

Da dove gli venne l’idea, davvero inusuale per uno della sua età, di realizzare una mostra sull’Eucaristia?
La scintilla scoccò nel 2002 quando, visitando il Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini, rimase stupito e meravigliato dagli stand allestiti per una mostra ben diversa, legata all’arte e alle automobili. Da quel momento metterà in moto l’intera famiglia, coinvolgendola per due anni e mezzo, fino al primo allestimento, realizzato nella basilica di San Carlo al Corso a Roma. Alla prima, come si dice a teatro – tenutasi proprio il giorno 4 ottobre, in cui la Chiesa celebra l’amato Francesco – Carlo tuttavia non poté presenziare per via della malattia. Dalla capitale la mostra raggiunse ben presto i cinque continenti: altro grandissimo miracolo! «Secondo la letteratura – scrive il già citato Alber – , circa 136 miracoli eucaristici sono attualmente riconosciuti dalla Chiesa. Tra (questi).. Lanciano occupa un posto di primo piano. Anche se questo miracolo risale all’anno 730 circa, è.. (con ogni probabilità) quello scientificamente meglio studiato.. un altro miracolo eucaristico – prosegue – .. (è) accaduto a Tixtla nel 2006, cioè nell’anno della morte di Carlo Acutis», per poi evidenziare come il gruppo sanguigno di entrambi i miracoli, così come quello della Sacra Sindone di Torino, sia AB! 

Semplice coincidenza? 
Forse no. Ad ogni modo, da quel giorno a Rimini «Carlo – sottolinea ancora Alber – non lasciò più pace ai suoi genitori. In Italia e in tutta Europa viaggiò con loro nei siti delle meraviglie eucaristiche. È facile immaginare quale dispendio di tempo e denaro hanno dovuto investire qui soprattutto i genitori. Le sue eccellenti competenze informatiche sono state ovviamente di grande aiuto a Carlo nella realizzazione della sua idea. E sapeva anche come coinvolgere la sua famiglia in questa causa, così come non pochi dei suoi coetanei». E conclude: «È difficile da credere, ma dopo meno di tre anni l’opera è stata completata. È stato creato un eccellente sito web su tutti i miracoli eucaristici riconosciuti insieme a 166 pannelli espositivi per le mostre». 

Come strutturò Carlo la mostra?
«Alcuni anni fa pubblicai una ricerca sui miracoli eucaristici – scrive il cardinale Angelo Comastri nella prefazione al libro in cui la mostra è confluita – , ma.. ricevetti una lettera che contestava la documentazione raccolta, perché sosteneva che i “sanguinamenti” eucaristici erano frutto di un’epoca ingenua e facilmente portata a costruire prodigi». Addolorato per la contestazione, l’arcivescovo cita alcune figure per smentirla: «Teresa Neumann, morta nel 1962 e quindi in pieno secolo ventesimo, si è nutrita per trentasei anni.. soltanto di Eucaristia.. Marthe Robin, morta nel 1981, per cinquantatré..».

Forse stiamo dando per scontato cosa sia un miracolo eucaristico..
Forse sì, per cui val la pena ricordare che lo scopo di quest’ultimo è confermare la fede, chi va a Messa lo può sperimentare ogni domenica, assistendo a quella transustanziazione (cioè il passaggio di sostanza) durante la quale pane e vino continuano a rimanere accidenti, termine filosofico utilizzato per dire che dimensione, colore, sapore, odore e capacità nutritive rimangono tali, diversamente dalla sostanza, cioè la realtà “vera”, che diventa invece Corpo e Sangue di Gesù. Transustanziazione che, dunque, può essere “sperimentata” solo dalla fede, non dalle nostre percezioni sensoriali. 

Si diceva che i miracoli eucaristici raccolti da Carlo sono oltre un centinaio.. avvenuti dove e quando?
Sul quando la risposta è dal III secolo al 2013, passando per quel 2006 – anno della morte di Carlo – in cui il 21 ottobre a Tixtla, in Messico, le ostie contenute nella pisside con la quale una religiosa si stava accingendo a distribuire la Comunione, iniziarono ad assumere un colore rossastro.. le ricerche scientifiche condotte tra il 2009 e il 2012 emisero il verdetto: si trattava di sangue umano di tipo AB. Sul dove c’è da sbizzarrirsi, col Belpaese a guidare la classifica con 34 miracoli, di cui uno a Rimini, la diocesi del Punto Giovane, in cui sant’Antonio di Padova, cui Carlo era affezionatissimo, si sentì dire da un tale di nome Bonovillo: «Se tu, Antonio, riesci con un prodigio a dimostrarmi che nella Comunione vi è realmente il corpo di Cristo, allora io, dopo aver abiurato totalmente l’eresia, mi convertirò subito alla fede cattolica. Perché non facciamo una sfida?». Il santo accettò e, nello stupore generale della folla accorsa in Piazza Grande (oggi Piazza Tre Martiri), la mula dell’eretico piegò le zampe anteriori davanti all’ostia e vi sostò con reverenza! La seconda Nazione col maggior numero di prodigi è quindi la Spagna con 19, seguita dalla Francia con 12, Germania 9, Belgio e Paesi Bassi con 8 e via via tanti altri. La mostra-libro è infine arricchita dai tanti santi mistici che più “hanno avuto a che fare” con l’Eucaristia: dai più noti Caterina da Siena o Giovanni Bosco ai meno conosciuti Satiro o Germana Cousin (Cusen), passando per le già citate Teresa Neumann e Marthe Robin.     

«Ci rivolgiamo a te, Carletto, chiedendoti di intercedere per i tanti giovani che incontriamo ogni giorno: possano seguire il tuo esempio, perché – lo dicevi tu stesso – “Tutti nascono come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie”. Sostienili nella loro tristezza, che “è lo sguardo rivolto verso se stessi, (mentre) la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio”. E prega il Padre di poterci fare chicco come te, “chicco produttivo, chicco efficiente, chicco efficace”». 

Recita
Sara Urbinati, Riccardo Cenci, Cristian Messina, Luigi Morrone, Enrico Raggini, Don Franco Mastrolonardo

Musica di sottofondo
www.soundscrate.com

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