Compagni di viaggio: Giorgio Perlasca (16 Gennaio)



Giorgio Perlasca (16 Gennaio)
Nel giorno in cui rilascerà gli ultimi (finti) salvacondotti, facciamo memoria di un uomo con la U maiuscola..

Una sera del 1987, in un’abitazione di Berlino la contessa ungherese Irene von Borosceny interviene durante una conversazione, in cui si sta parlando dell’inviato del re di Svezia a Budapest, Raul Wallenberg: «io.. l’ho conosciuto personalmente – afferma – Ma, oltre a lui, ho conosciuto un altro uomo eccezionale, un italiano di nome Giorgio Perlasca.. di cui nessuno si ricorda». Da tale affermazione all’appello comparso il 15 maggio dell’anno dopo, sulla rivista della comunità ebraica di Budapest Vita Nuova, il passo fu breve: «Cerchiamo tutti coloro che nel 1944-45 conobbero Jorge Perlasca..». Risultato dell’appello: se il parlamento ungherese conferì al Perlasca il più alto riconoscimento nazionale, Gerusalemme lo proclamò “giusto tra le Nazioni” nonché cittadino onorario d’Israele! 

Ma di chi stiamo parlando concretamente?
Di un commerciante di carne e di cavalli italiano che, praticamente da solo e fingendosi Console spagnolo, salvò migliaia di ebrei ungheresi. Nato a Como il 31 gennaio 1910, si spostò a Padova con la famiglia, dove papà Carlo si era prima laureato in Giurisprudenza e poi sposato, iniziando a lavorare nella città patavina come assicuratore. Negli anni Venti Giorgio aderisce entusiasta all’ideale fascista, nello specifico quello dannunziano, e lo fa con un fervore tale che, per sostenere il celebre poeta e patriota, arriva allo scontro con un suo professore, evidentemente contrario alle idee di D’Annunzio: il litigio gli costa l’espulsione per un anno da tutte le scuole del Regno!

Dunque era fascista..
Inizialmente sì, a venticinque anni parte infatti volontario per l’Etiopia, mentre l’anno dopo va a combattere al fianco del generale Franco in Spagna, paese del quale iniziò a innamorarsi e ad imparare perfettamente la lingua. Ma l’alleanza con i tedeschi da una parte, e le leggi razziali dall’altra, mandarono in crisi i suoi ideali mussoliniani, senza tuttavia diventare mai antifascista. Sposatosi con la triestina Nerina Dal Pin, con lo scoppio della seconda guerra mondiale viene mandato nell’Est Europa con l’obiettivo di acquistare carne per l’Esercito italiano. Mentre si trova a Budapest, i nazisti ungheresi iniziano una persecuzione sistematica nei confronti degli ebrei connazionali. Un documento ricevuto in Spagna permette a Giorgio di trovare riparo presso l’ambasciata spagnola, diventando in un battibaleno Jorge Perlasca. 

Come riuscì a salvare tante vite?
Per capire quanto accadde occorre tornare alla scoperta dell’America, quel celebre 1492 in cui gli ebrei erano stati cacciati dalla Spagna, per poi disperdersi ovunque come sefarditi, dato che la nazione iberica era chiamata in ebraico Sepharad. Per cancellare questa triste pagina storica però, quattro secoli dopo i re spagnoli favorirono il loro ritorno, concedendo a tutti, nel 1924, la cittadinanza. A metà del secolo scorso gli ebrei costituivano il venti per cento dell’intera popolazione ungherese: degli 825.000 ben 565.000 furono eliminati, e 5.218 li salvò lui. Il 16 ottobre 1944, come detto, Perlasca chiese al primo segretario Angel Sanz Briz il passaporto spagnolo per poter riparare in Svizzera, ma in tutta risposta gli viene chiesto di non partire, anzi, di rimanere per aiutare gli ebrei locali. Davanti alla legazione spagnola chiede ad un avvocato cosa stesse succedendo; questi gli disse che quell’assembramento di persone vocianti era costituito da ebrei che chiedevano protezione, ma loro non potevano fare nulla: «dopo pochi minuti ci ho pensato sopra – dice Perlasca – e ho detto, beh se avete bisogno di un cristiano per organizzare questa protezione, io mi metto a disposizione. E così ho cominciato». «Ne fui felice – disse col senno di poi il finto diplomatico – ..Io sono nato da una famiglia cattolica. L’educazione che ho ricevuto.. diceva.. che tutti gli uomini erano considerati uguali». Così si recava in stazione e, salito sui treni che stavano per deportare i malcapitati, iniziava a gridare: «sono cittadini spagnoli, nessuno può toccarli!», caricandoseli in auto per portarli nelle case protette disseminate lungo il Danubio.

Come si diffuse la sua incredibile storia?
In primis attraverso una fiction della Rai intitolata Perlasca. Un eroe italiano, con Luca Zingaretti nei panni di Giorgio, andata in onda per la prima volta nel gennaio 2002 e, soprattutto, grazie libro di Enrico Deaglio, il cui titolo, La banalità del bene, fa evidentemente il verso al più celebre La banalità del male della filosofa Hannah Arendt: «Lei, che cosa avrebbe fatto al mio posto?». Con questa domanda inizia il testo di Deaglio, un quesito che mirava a sottolineare il fatto che tutti, al posto suo, si sarebbero comportati come lui.. Ma la domanda torna poche pagine dopo: «Dunque, signor Perlasca: perché lo fece? “Perché non potevo sopportare – risponde questa volta – la vista di persone marchiate come degli animali. Perché non potevo sopportare di vedere uccidere dei bambini. Credo che sia stato questo, non credo di essere stato un eroe.. – e aggiunse – Da noi c’è un proverbio, che dice: l’occasione fa l’uomo ladro. Ebbene, di me ha fatto un’altra cosa». Ad uno dei tanti giornalisti che gli chiedeva «ma lei si sente un eroe?», rispose «Io no, perché?».    

Quando tornò a casa?
Una volta entrata l’Armata Rossa a Budapest, Perlasca venne imprigionato e poi liberato dopo pochi giorni, per poter quindi rientrare in patria dopo un lungo viaggio tra i Balcani e la Turchia.
Tornato in Italia, però, la sua storia non la racconta a nessuno, nemmeno ai familiari. Motivo? Riteneva di aver fatto semplicemente il suo dovere. Fino al già citato appello della rivista ebraica.. Giorgio Perlasca è morto il 15 agosto del 1992 e, sepolto nel cimitero di Maserà, vicino a Padova, ha voluto che l’unica epigrafe capeggiante sulla sua tomba, in italiano ed ebraico, fosse la scritta “Giusto delle Nazioni”. 

«Donaci, Signore, sulla scia di Giorgio, di poter partecipare alla tua giustizia, insieme al coraggio, di fronte all’occasione, per fare di noi “un’altra cosa”».

 

Recita
Patrizia Sensoli, Stefano Rocchetta, Cristian Messina

Musica di sottofondo
Libreria suoni di Garage Band
Libreria suoni di Logic Pro
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