Compagni di viaggio: Virginia Woolf (28 Marzo)



Virginia Woolf
Tra i nostri Compagni di viaggio ecco fare la sua entrata in scena – per alcuni forse un po’ azzardata –  Adeline Virginia Woolf, scrittrice, saggista e attivista britannica, tra le principali figure letterarie del XX secolo. Ma, considerata la rubrica, cosa può insegnarci una donna tutto sommato non troppo religiosa, una che del Creatore diceva: «ho letto il libro di Giobbe, non penso che Dio ne esca fuori molto bene», mentre delle creature affermava: «gli esseri umani non hanno nulla se non qualche tregua.. non hanno bontà, né fede, né carità, salvo quando serve ad aumentare il piacere del momento», per chiudere in modo ancor più lapidario con la Chiesa: «alcune persone vanno dai preti; altre si rivolgono alla poesia; io vado dai miei amici»? Cosa può in-segnarci – quale segno può cioè imprimere in noi – una donna vissuta oltre cento anni fa, etichettata da alcuni come antisemita (nonostante il suo matrimonio con un ebreo), donna che ebbe relazioni affettive anche con altre donne, si suicidò e il cui corpo fu cremato? Ripetiamocelo ancora una volta: ha qualcosa da insegnarci? Forse sì, magari indirettamente, per via di quanto le è successo.

Cosa, nel concreto?
Proviamo a ripercorrere anzitutto la sua vita: nata a Londra nel 1882 dalle seconde nozze di genitori entrambi precedentemente vedovi, il padre Leslie Stephen era autore, storico, critico letterario e alpinista, mentre la madre Julia Prinsep Jackson nacque in India per poi trasferirsi in Inghilterra, dove iniziò la carriera di modella per pittori. A Virginia, come prevedeva l’educazione vittoriana, non fu concesso di frequentare alcuna scuola. Fu la madre a darle lezioni di latino e francese, mentre il padre le permise di leggere i libri della sua personale biblioteca. Virginia e il fratello Thoby mostrarono subito la loro passione per la letteratura, dando vita ad Hyde Park Gate News, un giornalino familiare in cui scrivevano storie inventate, sorta di diario familiare che raccoglieva aneddoti domestici di vario tipo. Insomma il sogno di ogni bambino, o quasi.. I ricordi più belli della sua infanzia furono tuttavia quelli legati alla residenza estiva degli Stephen, vacanze familiari che rimasero impressi in uno dei suoi scritti di maggior successo, Gita al faro. Ma la felicità non durò molto: nel 1895, quando Virginia aveva solo tredici anni, morì la madre. All’inizio dell’università le morì invece la sorellastra, Stella, e nel 1904 il padre.. lutti che la portarono ad un primo crollo nervoso, problema che l’avrebbe accompagnata per il resto della pur breve vita.

In che senso?
Nell’autobiografia Momenti di essere e altri racconti riportò di abusi sessuali che lei e la sorella Vanessa Bell subirono da parte dei fratellastri George e Gerald Duckworth, ferite che sicuramente hanno influito sui frequenti esaurimenti nervosi, sulle crisi maniaco-depressive e sui forti sbalzi d’umore che hanno caratterizzato la sua vita e che la portarono, dopo diversi tentativi, al suicidio. Le moderne tecniche hanno portato a una diagnosi postuma di disturbo bipolare unito forse, negli ultimi anni, a psicosi. Eppure, ci ha ricordato papa Francesco il 25 giugno 2021 durante una conferenza sulla salute mentale, «quanti soffrono fanno risplendere, nelle loro esistenze ferite, la bellezza insopprimibile della dignità umana». Una bellezza che tuttavia porta lo stigma della finitudine: «siamo fatti dunque in modo tale da dover prender la morte a piccole dosi, giorno per giorno – si domanda questa volta la Woolf – , per continuare ad affrontare l’impresa di vivere?». 

Come arrivò al suicidio?
Dopo la pubblicazione del suo primo libro, nel 1913, cadde in una seconda depressione e tentò di uccidersi, ragion per cui, per farle recuperare fiducia, il marito le propose di fondare un’impresa editoriale: nacque così nel 1917 la Hogarth Press, per la quale pubblicarono grandi nomi, da Italo Svevo a Sigmund Freud, da James Joyce alla stessa Woolf. Ma il 28 marzo 1941, col procedere della guerra che di certo contribuì ad aumentare le sue fobie, all’età di 59 anni si riempì le tasche di pietre e si lasciò morire nel fiume Ouse, non lontano da casa. Prima di compiere l’estremo gesto, però, lasciò al marito Leonard uno scritto estremamente lucido e toccante: «Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E stavolta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone avrebbero potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai, lo so. Vedi, non riesco neanche a scrivere questa mia come si deve.. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono.. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone avrebbero potuto essere felici più di quanto lo siamo stati noi». Leonard fece cremare il corpo e ne seppellì le ceneri sotto un olmo in giardino. Anni dopo ebbero la medesima sorte le sue stesse ceneri, e nello stesso luogo.

Davvero parole pesanti e al tempo stesso di estrema lucidità. Quanto a chi compie l’estremo gesto e alla cremazione, come si pone oggi la Chiesa?
Circa il suicidio, il Catechismo della Chiesa Cattolica da una parte afferma che «Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata. Egli ne rimane il sovrano Padrone.. Siamo amministratori.. Non ne disponiamo (n. 2280)», dall’altra che «Gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida (2282)», per poi concludere che «Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, può loro preparare l’occasione di un salutare pentimento (2283)». Insomma, non sta a noi giudicare né generalizzare, ogni sofferenza umana è infatti cosa a sé.. Per quanto riguarda invece la cremazione, la Chiesa si è espressa con l’Istruzione Ad resurgendum cum Christo del 25 ottobre 2016, dato che tale prassi «si è notevolmente diffusa in non poche Nazioni», quindi, «seguendo l’antichissima tradizione cristiana.. raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero (dal greco “dormitorio”) o in altro luogo sacro.. (poiché) l’inumazione è innanzitutto la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale.. (e in tal modo) si è opposta alla tendenza a occultare o privatizzare l’evento della morte..». Curioso poi, tornando all’olmo, che quest’albero grande e ombroso compaia nell’Eneide di Virgilio, alla cui ombra «hanno il loro giaciglio il Lutto e gli Affanni, abitano le pallide Malattie, la triste Vecchiaia, la Paura e la Fame, la turpe Miseria, la Morte e il Dolore, il Sonno, fratello della Morte, e i malvagi Piaceri dell’animo, la Guerra portatrice di morte..» (canto VI). Non c’è bisogno, in ogni caso, di forzare la mano associandolo ad altre celebri piante della letteratura biblica, dall’albero “della vita” di Genesi a quello appeso al quale si tolse la vita Giuda Iscariota.        

Qual è, allora, il lascito per noi più decisivo di Virginia?
Senza dubbio il suo essersi battuta per la parità dei sessi, lotta di cui oggi iniziamo concretamente a toccare con mano i frutti, anche in ambito ecclesiale! «Per tutti questi secoli – scriveva – le donne hanno svolto la funzione di specchi, dotati della magica e deliziosa proprietà di riflettere la figura dell’uomo a grandezza doppia del naturale». Tutto ebbe inizio col primo nucleo del circolo intellettuale Bloomsbury Group e grazie alla conoscenza di importanti intellettuali, tra cui Bertrand Russell e Ludwig Wittgenstein, oltre a colui che successivamente diventò suo marito, anch’egli appartenente al gruppo che si faceva chiamare Gli apostoli, i cui membri confluiranno più tardi nel Bloomsbury set, circolo letterario destinato a dominare la cultura inglese per oltre trent’anni. Virginia fu dunque attivista in movimenti femministi per il suffragio delle donne, riflettendo più volte, nelle sue opere, sulla condizione femminile. In Una stanza tutta per sé del 1929 trattò ad esempio il tema della discriminazione del ruolo della donna, mentre in Le tre ghinee (ex moneta inglese) del 1938 approfondì quello della figura dominante dell’uomo nella storia contemporanea, in cui la donna era unicamente destinata al matrimonio, dato che la sua formazione era in realtà unicamente in vista delle nozze! Il matrimonio le era in sostanza l’unica “professione” concessa. Quante cose sono cambiate da allora, e per fortuna, o meglio, anche grazie a Virginia. 

In ambito ecclesiale invece, cos’è cambiato per la donna?
I passi in avanti sono stati diversi, a partire dal campo simbolico: dall’equiparazione della Maddalena agli apostoli – sottolineata da papa Francesco con l’elevazione al grado di festa della sua celebrazione – al vaglio della figura della “diaconessa”, e ciò perché già Cristo, sottolinea il monaco Enzo Bianchi, è stato innovativo ed eversivo nel suo rapportarsi alla donna. Il suo stesso entourage, tra l’altro, era composto dai Dodici e da alcune (per Matteo «molte», cfr. 27,55) donne. «L’occasione che oggi si presenta – afferma nel suo libro Una fede al femminile la docente francese di sacra Scrittura Anne-Marie Pelletier – è di prendere atto della complessità di venti secoli di cristianesimo, nei quali.. i pregiudizi della misoginia coesistevano con il dinamismo della femminilità cristiana..». Ma se risaliamo a Genesi, ci accorgiamo che la maggior parte delle versioni della Bibbia traduce con “costola” la parte del corpo di Adamo da cui viene tratta Eva, con conseguente dipendenza di quest’ultima dal primo. Ma l’ebraico qui usato solo raramente indica la costola, più spesso traduce infatti “fianco” o “lato”. I rabbini ci fanno quindi notare che se Dio avesse voluto la donna come dominatrice sull’uomo, l’avrebbe creata dalla testa di lui; se, al contrario, l’avesse voluta sua schiava l’avrebbe formata dai suoi piedi.. invece l’ha tratta dal fianco, consegnandogliela in tal modo come compagna, perfettamente identica a lui.   

«Donaci, Padre, occhi capaci di scorgere, anche in esistenze ferite come quella di Virginia, il volto luminoso del tuo Figlio risorto, immagine perfetta di ogni uomo e di ogni donna». 

 

 

 

 

Recita
Giulia Tomassini, Cristian Messina

Musica di sottofondo
Musiche di Lorenzo Tempesti
https://www.suonimusicaidee.it

Scarica la nostra App su