Compagni di viaggio: Vittime di ogni fondamentalismo (11 Settembre)



Vittime di ogni fondamentalismo (11 Settembre)
In questa data così potente sotto il profilo simbolico, vogliamo ricordare – cioè “richiamare al cuore” – tutte le vittime di ogni tipo di fondamentalismo. L’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York rappresenta in effetti un “evento cerniera” relativo a quella tendenza ideologica, politica e religiosa chiamata convenzionalmente fondamentalismo, di cui non ci interessa indagare le cause specifiche, ma i meccanismi sottostanti, trattandosi di un fenomeno più ampio di quanto si immagini. Mettiamoci allora nei panni di Oskar, il bambino di nove anni protagonista del romanzo Molto forte, incredibilmente vicino – il secondo dello scrittore statunitense Jonathan Safran Foer – che ha perso il padre proprio nell’attentato alle Torri Gemelle, certi che in quella perdita si nasconda un tipo di violenza che forse val la pena smascherare..  

Cosa si intende esattamente con fondamentalismo?
Nel 1997 Umberto Eco affermava che si tratta di «un principio ermeneutico, legato all’interpretazione di un libro sacro. In fondamentalismo occidentale moderno nasce negli ambienti protestanti degli Stati Uniti del XIX secolo ed è caratterizzato dalla decisione d’interpretare letteralmente le Scritture, specie per quanto riguarda quelle nozioni di cosmologia.. Nell’ambiente cattolico invece è l’autorità della Chiesa che garantisce l’interpretazione, e pertanto l’equivalente del fondamentalismo protestante assume se mai la forma di tradizionalismo». «Si intende invece con “integrismo” – è ancora l’intellettuale piemontese a parlare – una posizione religiosa e politica per la quale i principi religiosi debbono diventare al tempo stesso modello di vita politica e fonte delle leggi dello stato.. (ma) Le sfumature possono essere.. sottili. Pensate al fenomeno della politicalcorrectness (politicamente corretto) in America. È nato per promuovere tolleranza e riconoscimento di ogni differenza, religiosa, razziale e sessuale, e tuttavia sta diventando una nuova forma di fondamentalismo.. che lavora sulla lettera a scapito dello spirito – così che si può persino discriminare un cieco purché si abbia la delicatezza di chiamarlo “non vedente”». Geniale come sempre..

Dunque non è unicamente caratterizzato in senso religioso..
No, indica infatti un tipo di conflitto culturale e politico, la cui vocazione originaria è quella di sposare religione e politica ristabilendo un regime di verità. Tra l’altro, se nell’immaginario collettivo la parola evoca immediatamente quello di stampo islamico, è opportuno chiarire che si tratta del lato oscuro di ogni religione (e forse non solo), per cui è più corretto parlare di fondamentalismi: islamico, ebraico, cristiano, ecc.. la cui prima forma è storicamente rintracciabile, come già accennato, in una corrente del protestantesimo, sviluppatasi negli Stati Uniti tra il 1878 e il 1918, nello specifico nata in seno alla Chiesa battista, che intendeva opporsi al modernismo e al razionalismo teologici che si stavano diffondendo tra i fedeli evangelici. In origine non aveva accezioni negative, era infatti legata ad una raccolta di saggi dal titolo The Fundamentals, i quali attaccavano ogni studio critico del testo sacro: filologia, storia, archeologia e via dicendo. Alla base del pensiero fondamentalista c’era la riaffermazione del valore letterale del testo della Bibbia: ecco il punto! C’era – e c’è tuttora – il rifiuto di trattare la Bibbia, e con essa ogni testo sacro, alla stregua di qualsiasi altro libro. 

Ma che legame ha tutto ciò con i fatti dell’11 settembre 2001?
Se i primi attentati di quel tipo, dunque suicidi, risalgono al 1982 ad opera del movimento libanese Ḥezbollāh, di matrice musulmana sciita, lo studioso statunitense Mark Juergensmeyer concentra la sua attenzione sulla violenza religiosa nel mondo contemporaneo, sostenendo che il fondamentalismo in diversi contesti ha finito per esprimere tutto il suo potenziale di violenza simbolica. Chi uccide “in nome di Dio” vuole infatti giustificare razionalmente ciò che compie, sentendosi investito da una missione speciale, divina appunto, ragion per cui si fa combattente non solo di quella che ritiene una “giusta causa”, ma di una “causa superiore”: la verità trascendente messa in pericolo dalla società moderna. Ma quante volte nella storia, è il caso di chiederci, si è ucciso “in nome di Dio”? È questa la prima e più vera traduzione del secondo comandamento (o meglio parola) del Decalogo: «non pronunciare il nome di Dio in vano», cioè “a vuoto”, partendo proprio dal chiamarlo in causa per giustificare quella violenza che Dio, pur permettendola, è il primo a non volere! La violenza, mascherata in diversi modi, è purtroppo parte dell’essere umano, e i libri fondanti delle diverse religioni non fanno che attestarlo, come ha ben sottolineato l’antropologo e filosofo francese René Girard nel suo capolavoro del 1972, La violenza e il sacro. 

Questo ha a che fare con il meccanismo del capro espiatorio? 
Non solo. «Avere un nemico – sottolinea il già citato Eco – è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro. Pertanto, quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo». E prosegue: «Pare che del nemico non si possa fare a meno. (Nemico la cui) figura.. non può essere abolita dai processi di civilizzazione. Il bisogno è connaturato anche all’uomo mite e amico della pace. Semplicemente in questi casi si sposta l’immagine del nemico da un oggetto umano a una forza naturale o sociale che in qualche modo ci minaccia e che deve essere vinta, sia essa lo sfruttamento capitalistico, l’inquinamento ambientale, la fame del Terzo mondo.. Direi che l’istanza etica sopravvive non quando si finge che non ci siano nemici, bensì quando si cerca di capirli, di mettersi nei loro panni..». E conclude: «Ma siamo realisti. Queste forme di comprensione del nemico sono proprie dei poeti, dei santi o dei traditori. Le nostre pulsioni più profonde sono di ben altro ordine».

È proprio così: mettersi nei panni del prossimo, chiunque esso sia, è appannaggio solo di poeti, santi e traditori?
Forse no, ma ciò che dobbiamo fare è anzitutto stare all’erta dagli “ismi”, pericoloso suffisso di cui la parola fondamental-ismo fa parte. Ogni “ismo” mira infatti ad assurgere a sistema di pensiero, pretendendo di spiegare la totalità a discapito della realtà. Il filosofo e scrittore francese Gustave Thibon scrisse: «Gli “ismi” – e Dio sa se pullulano oggi in tutti i campi – sono parassiti ideologici che svuotano le cose della loro sostanza proiettandole fuori dai loro confini». L’“ismo”, ogni “ismo” – facciamoci caso – è quasi sempre una parola negativa, che tradisce la realtà in favore dell’idolatria. Il terribile trinomio fondamental-ismo, integral-ismo e letteral-ismo non fa dunque eccezione.. Ma in ballo c’è ben altro, a partire dallo scontro tra Oriente (là dove “sorge” il sole) e Occidente (dove “cade”) fino all’eterna contesa tra conservatori e progressisti. Non è allora, come sempre, una questione di tempo? Quello mitico, ad esempio – cui ogni forma di fondamentalismo in qualche modo si rifà – non è mai esistito! È inoltre parente stretto dell’adagio “si è sempre fatto così”, altro falso storico: la storia – come insegna Cicerone nel suo De Oratore – è maestra di vita, e ci dice che l’unica sua costante è paradossalmente il cambiamento. È sempre di tempo che stiamo parlando, tema che non può non affrontare, prima o poi, il suo termine: la morte, quella che tanti giovani vanno sfidando e cercando. Occorrerebbe allora indagare sul perché di tale situazione..

Cosa possiamo fare, quindi, di fronte a questo meccanismo così complesso?
Tornare all’educazione! «L’intolleranza.. – tuona ancora una volta il compianto alessandrino – ha radici biologiche, si manifesta tra gli animali come territorialità.. non sopportiamo coloro che sono diversi da noi.. L’intolleranza.. è naturale presso il bambino.. (che) viene educato alla tolleranza a poco a poco.. (che) rimane un problema di educazione permanente degli adulti, perché nella vita quotidiana si è sempre esposti al trauma della differenza.. (così) le dottrine della differenza.. sfruttano un fondo d’intolleranza diffusa preesistente». E aggiunge: «Ma.. quando l’intolleranza si fa dottrina è troppo tardi per batterla.. si batte alle radici, attraverso una educazione costante che inizi dalla più tenera infanzia». «Il razzismo.. – scrive lo stesso Eco dieci anni dopo l’attentato alle Twin Towers – è la forma patologica di una reazione naturale al cospetto della diversità, nasce dalla prossimità, di fronte a qualcuno che è quasi uguale a noi.. Il razzismo nasce da un “quasi” e su questo “quasi” prospera.. La tentazione è di tradurre queste differenze come carenze, difetti, deformità». «(ma) – cita quindi il filosofo cinese ZhaoTingyang – “Ogni cosa deperirà se diventerà esattamente identica alle altre.. L’armonia fa prosperare le cose, mentre l’uniformità le fa deperire”». 

Insomma un nemico – questo sì! – nei confronti del quale vigilare senza posa..
Nel libro intitolato Gridalo – in cui l’autore “mette in guardia” sé stesso da giovane, e con lui tutti coloro che si apprestano ad affrontare la vita – Roberto Saviano chiede al suo interlocutore: «Sai cosa vuol dire talebano? ..vuol dire “studente”, ma per estensione “studente del Corano”, in riferimento a quel gruppo di studenti coranici che tra il 1996 e il 2001 imposero in Afghanistan un regime fondamentalista; dunque, per ulteriore estensione, significa “studente integralista” e ancora “censore e nemico giurato della parola”. – e prosegue – Ma come può accadere che uno studente censuri la parola?». Già, si tratta di un evidente paradosso: studente deriva infatti dal latino studium, da studere, “aspirare a qualche cosa, applicarsi attivamente”, partendo proprio dalla ricerca di quei segreti del mondo che in primis ogni parola cela. La domanda che dovremmo porci è pertanto chi sia l’altro per me, dato che il prossimo – dal latino proxĭmus, superlativo di prope, “vicino” – dice un’imminenza spaziale, temporale o affettiva: non “quello dopo”, come solitamente lo intendiamo, ma “il più vicino”.. «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mt 22,39) potrebbe allora essere anche tradotto con “Amerai chi ti è accanto perché è vicino a te quanto te stesso!”. “Gli altri siamo noi”, per dirla con Umberto Tozzi.. Chi è l’altro per me: un altro me, che pertanto concorre alla mia vita quanto me stesso, oppure qualcuno (o peggio ancora qualcosa) che mi mette i bastoni fra le ruote? Tornando a Saviano, nel già citato Gridalo e riferendosi a Carl Schmitt (politologo famoso per aver gettato le basi teoriche del nazismo) mette in guardia il suo lettore svelandogli un interessante meccanismo: «(egli) Ci rivela che l’unico modo possibile per governare una persona è farla sentire circondata da nemici. Il marketing, oggi, fa questo. Ti vuole far sentire circondato solo da ciò che ti è familiare, così, senza che te ne accorgi, ciò che non ti somiglia inizierà a creare in te sospetto, perché un prodotto per piacerti dovrà somigliarti, o fingere di somigliarti. – e aggiunge – Sai per quante volte ricorre il termine “nemico” in quel libraccio che è il Mein Kampf di Hitler? Più di centosettanta volte. Sai cosa vuol dire questo? Che Hitler aveva appreso bene la lezione di Schmitt».   

Alla luce di ciò, è possibile dire che esistono “spie” indicatrici di quella che col tempo può trasformarsi in intolleranza, razzismo e fondamentalismo?
Parlando di quello che ha definito “fascismo eterno”, il plurimenzionato Eco ci fa notare una serie di caratteristiche tipiche di questo fenomeno. Anzitutto il culto della tradizione che, se sfocia in tradizional-ismo, impedisce l’avanzamento di ogni tipo di sapere. Da questa si passa al rifiuto della modernità; poi all’azione priva di ogni riflessione (tendenza evidente oggi più che mai, a causa della velocità impostaci dagli attuali mezzi di comunicazione), che sconfina nel sospetto per la cultura. Da qui al disaccordo con l’autorità di turno, vista come una forma di tradimento e di diversità, per cui si ha paura di tutto ciò che è differente. Nella frustrazione individuale e sociale attecchisce quindi il nazional-ismo che, per cementarsi, necessita di un nemico, esterno o interno che sia: nel primo caso si diventa xenofobi, nel secondo si cerca la presunta causa del problema.. ed è proprio in questa situazione che l’obiettivo si è storicamente spostato sugli ebrei. Questo perenne stato di conflitto fa inoltre emergere una sorta di “complesso di Armageddon”, che contempla una battaglia finale per il controllo del mondo, prospettiva nella quale si cerca di diventare eroi, sfiorando il culto della morte. È a questo punto che la disanima di Umberto Eco si fa più interessante e curiosa: «Dal momento che sia la guerra permanente sia l’eroismo sono giochi difficili da giocare.. (la cosa si) trasferisce.. su questioni sessuali. È questa l’origine del machismo», con relativo disprezzo per le donne, la castità e l’omosessualità. Ma non è finita: «Dal momento che anche il sesso è un gioco difficile da giocare.. (si) gioca con le armi». In tutto ciò, inoltre, il popolo è concepito unicamente come entità del quale il suo leader pretende di essere l’unico interprete. Ecco allora profilarsi quel popul-ismo che facilmente arriva a nutrirsi della neolingua di orwelliana memoria: «lessico povero e.. sintassi elementare, al fine di limitare gli strumenti per il ragionamento complesso e critico». 

«Donaci, Padre, di saper vedere nella diversità una fonte zampillante di bellezza e arricchimento, e di guardare l’altro – che è e sarà sempre altro-da-noi – come dono. Ti affidiamo, Signore di ogni uomo e donna della storia, la vita di chi non c’è più a causa dell’odio.. e quella di chi c’è ancora, perché la spenda, nella multiformità dello Spirito, per l’unica causa dell’amore». 

Recita
Vittoria Salvatori, Cristian Messina

Musica di sottofondo
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