Ipse Dix (La Bibbia secondo David Ottolenghi)



Testo della catechesi
«Non capisco perché il Padreterno abbia impiegato quasi una settimana per un’impresa, sulla carta, assolutamente ridicola per Lui.. perché non ha creato tutto in un attimo, con un semplice schiocco di dita (ammesso che abbia le dita)? ..doveva ancora farsi le ossa (ammesso che abbia le ossa)?». Chi si pone queste domande, a proposito dei primi due capitoli del Genesi, ci tiene subito a precisare che lo fa perché in lui «combattono due opposte visioni di Dio: quella infantile e quella adulta» e, tornando alla creazione, conclude: «il risultato è lì, anzi è qui, a dimostrarlo: il mondo non è davvero un granché. Noi uomini e donne poi – posso dirlo? – facciamo quasi schifo. Detto con affetto. Ma va detto». Poi, riguardo all’averci fatto a sua immagine e somiglianza, affonda il colpo: «Avrebbe potuto farci con calma, mettendoci in cantiere fin dall’inizio.. farci sentire al centro.. il fulcro della grande Creazione.. Invece niente. Il Padreterno ci ha fatto all’ultimo momento, distrattamente e sulla fatica». Per concludere con un’immagine davvero suggestiva: «Forse, prima di crearci.. Si vide riflesso nello specchio sopra il lavabo. Si osservò a lungo.. Poi tornò alla scrivania e fece uno schizzo. Era la nostra faccia». Ma il suo giudizio sull’intera Creazione non muta: «Mettiamoci pure tutta l’enfasi che merita.. Però non dimentichiamoci com’è andata veramente: è stato un mezzo disastro. Un lavoro fatto male, più o meno come l’avremmo fatto noi.. Perlomeno io.. È per questo che mi piace Dio. Siamo due gocce d’acqua».  

Dissacranti come affermazioni sulla Parola di Dio? Nient’affatto, ipse dixit per dirlo alla latina, “lui stesso l’ha detto”, anzi, ipse Dix, perché a dirlo è Gioele Dix, e da subito, nella prefazione: «Non ho scritto questo libro per prendere in giro la Bibbia.. nel caso, avrei fatto un torto grave prima di tutto a me stesso. Porto rispetto al Libro dei Libri e alla Fede che a esso si ispira.. sono stato educato al timore di Dio». Dunque la sua è una lettura piatta e ossequiosa? Tutt’altro, una cosa è infatti obbedire ciecamente a quanto vi è scritto, «Altro conto è invece dar voce e corpo ai dubbi, ai pensieri e alle suggestioni che da(lle sacre parole) zampillano come getti da una fontana». Il libro in questione, la Bibbia, non è insomma un testo qualunque, ma discutibile e che va discusso. «È permesso smontarla, ricostruirla, reinterpretarla e pure rimasticarla. Ma con attenzione, perché a volte può risultare indigesta.. (perché) È un’opera elementare e complessa, rivolta ai cuori semplici e alle menti elevate, ricca di Storia e di storie». Ma perché, lui che è fondamentalmente un comico, approccia un libro dai più – in parte erroneamente – ritenuto serio? Perché la Bibbia parla di Dio e dell’uomo, per cui dentro c’è di tutto, ma davvero di tutto, tanto da fargli dire: «Spesso – lo ammetto – mi scappa da ridere. Ma è a fin di bene: l’ironia difende e rigenera». Niente di più vero, non a caso ha intitolato l’opera teatrale, e il libro da essa scaturito, La Bibbia ha (quasi) sempre ragione, dove quel “quasi” dice la nostra possibilità, anzi il dovere, di confrontarsi con la Parola, e quotidianamente! 

Ma per capirne il senso e la portata bisogna ripercorrere la carriera del suo autore, quello però con la “a” minuscola.. Facciamolo. Nel 1959 nasce a Milano un modesto ristorante che, per mano dei coniugi Bongiovanni, zii materni di Diego Abatantuono, diventerà il Derby, locale notturno che farà da trampolino di lancio, oltre che per il già citato Abatantuono, per numerosissimi “mostri sacri”: da Enrico Beruschi a Paolo Villaggio, da Massimo Boldi a Cochi & Rentao, da Giobbe Covatta a Mauro Di Francesco, passando per Gianfranco Funari, Giorgio Faletti, Enzo Iacchetti, Bruno Lauzi, Enzo Iannacci, Guido Nicheli, Aldo e Giovanni (che con l’aggiunta futura di Giacomo formeranno un trio tra i più noti), Giorgio Gaber, Antonio Ricci, Paolo Rossi, e ancora, Francesco Salvi, Teo Teocoli, Lino Toffolo, Fabio Concato e Claudio Bisio. A quest’ondata di celebrità aggiungiamo Luigi Vignali e Michele Mozzati, futuri ideatori, insieme a Giancarlo Bozzo, dell’altro noto cabaret meneghino, che in qualche modo raccoglierà l’eredità del Derby, chiuso nel 1985: lo Zelig. 

Negli anni ’70, dopo aver conseguito la maturità classica, un altro futuro volto noto deciderà di darsi al teatro, fino a debuttare anche lui al Derby: il nostro poliedrico David Ottolenghi, in arte Gioele Dix, attore milanese di famiglia ebraica capace di passare in men che non si dica dal teatro alla tv, dal cabaret alla drammaturgia e alla scrittura. Il nome artistico nasce nel 1987, proprio in seguito ad un provino allo Zelig. È lui stesso a motivarne la scelta: «fin da ragazzino sognavo un nome con la x, che non fosse Bettino Craxi, Tom Mix, Otto Dix. Gioele è il nome di un profeta della Bibbia, omaggio alla mia identità ebraica». Il grande pubblico inizia a conoscerlo però l’anno seguente, quando si presenta su Rai 2 col personaggio dell’automobilista, diciamo così, “arrabbiato”. Dopo varie esperienze teatrali e televisive, nel ’97 fa la sua comparsa a Mai dire gol imitando lo sciatore Alberto Tomba. Nel 2001 va in scena Il libertino, in cui è il primo attore italiano a recitare totalmente nudo. Qualche anno dopo, invece, ecco quel che non t’aspetti: accompagnato dal solo pianoforte e sotto la regia di un’altra che, come lui è nata a Milano ma da famiglia ebraica (nel suo caso sefardita), Andrée Ruth Shammah, calca la ribalta con La Bibbia ha (quasi) sempre ragione, diventato poi un bellissimo libro edito dalla Claudiana. Lo dedica «A Renzo, fratello fuggito via troppo presto». Di chi sta parlando? Lo ha svelato al Meeting di Rimini.. si tratta di Renzo Marotta, suo amico d’infanzia che, quando nel 1986 è venuto a mancare, lo ha fatto sentire perso: «È come se avessi vissuto due esistenze: – confida in un intervista su Famiglia Cristiana del 2016 – la prima, con il mio grande amico, e la seconda, senza di lui. – e aggiunge – Sono certo che se oggi Renzo fosse ancora qui, a parlare e ridere con me, sarei un uomo migliore». In occasione dei 30 anni dalla sua morte, Dix ha scritto Diversi come due gocce d’acqua, spettacolo con cui ha voluto omaggiare la loro amicizia, fatta certo di grandi risate, ma soprattutto di grandi domande, quelle che la vita ad un certo punto ti impone. Gioele ebreo, Renzo cattolico: «Per quel che riguarda la fede – prosegue nella stessa intervista – , ammiravo molto il suo modo di praticarla: pregava con impegno quotidiano, mentre io ho sempre considerato la religione come una vocazione, un’ispirazione, qualcosa che va cercata nelle cose che fai». Alla domanda su cosa gli piaccia della Sacra Scrittura, risponde: «A me piace la Bibbia sporca di sugo, quando è vissuta (in questo senso, tenuta in cucina), e non bollata come un testo per addetti ai lavori. Certo, almeno all’inizio, c’è bisogno di una guida che aiuti a orientarsi nella lettura, ma la Bibbia resta un mare stupendo nel quale pescare». Immagine meravigliosa!

Nel 2023, a vent’anni dalla morte di Giorgio Gaber, Dix questa volta rende omaggio al suo grande concittadino e, in un’altra intervista sul medesimo giornale, sottolinea il filo rosso che li legava, costituito dal non rinnegamento delle rispettive radici religiose, cristiane nel caso di Giorgio, ebraiche nel suo. Una sua canzone lo colpì particolarmente, Anni affollati, in cui cantava: «Anni affollati di gente che ha pensato a tutto, senza mai pensare a un Dio. Di troppe cose non so cosa farne, per me che avrei bisogno di poche immagini ma eterne». La stima nei confronti di Gaber si basava proprio sulla solida visione della vita del cantautore, talmente solida da permettergli di coltivare il dubbio. 

Tornando a La Bibbia ha (quasi) sempre ragione, non è quest’ultimo a caratterizzare l’opera, quanto piuttosto un approccio al testo sacro – l’Antico, o meglio il Primo Testamento, nel caso dell’ebreo Gioele Dix – che «sporca di sugo», che non relega cioè la Bibbia alle panche di una chiesa o sinagoga, tanto meno allo scaffale di una libreria, quanto piuttosto a una fucina di domande e aspetti lasciati in sospeso, perché poi quelle pagine è nel quotidiano che andranno vissute..    

Nella prefazione del testo alla sua edizione del 2018, Dix spiega cos’è cambiato nel frattempo in lui. Ciò che scrive è a dir poco illuminante: «Materia di ispirazione è ancora la Bibbia, che ovviamente non è cambiata, ma forse sono cambiato un po’ io. Ho metabolizzato pensieri, esperienze, incontri e letture che hanno modificato, a volte sensibilmente, il mio punto di vista sulla vita. Con l’età, sono aumentati i miei dubbi a scapito delle certezze. Le illusioni si sono azzerate, e forse era ora. Sono diventato insofferente verso chi mi fa perdere tempo. Sono sempre più desideroso, quasi affamato, di sorprese e imprevisti, assai rari purtroppo». E a riguardo cita Eugenio Montale, che scrisse «Un imprevisto è la sola speranza», commentando che invece la sua fiducia nella Bibbia, «scrigno inesauribile», non è mutata. Ma aggiunge: «Oggi, tuttavia, sento che il mio approccio alla fede è più libero, leggero, disincantato. Accetto il rischio di una rivelazione frammentaria e intermittente. Prendo atto che risposte definitive non ne troverò». Forse non è proprio ciò che vorrebbero sentire le nostre orecchie, ma in quel che afferma crediamo siano in tanti a potersi rivedere, indice forse di un percorso di fede maturo, o almeno adulto, ecco.  

Dopo la creazione Gioele affronta, nel secondo capitolo, quanto accaduto in Eden, quindi la figura di Noè, quella di Abramo, poi i fratelli Esaù e Giacobbe e il colpo di fulmine che quest’ultimo ebbe nei confronti di Rachele, senza tralasciare i profeti Giona e Gioele, ovviamente. Nella terza edizione dello scritto aggiunge infine un nono capitolo, composto da undici paragrafi che, altrettanto ovviamente, non potevano non comprendere il re David, di cui anagraficamente è omonimo. Ma aldilà di quel che tratta – in ogni caso sempre e solo il Primo Testamento, ovvero la “sua” Bibbia – , l’aspetto più interessante è il come lo faccia, cioè scherzandoci su, ma in modo intelligente. 

Domanda: è possibile scherzare col testo sacro? E ancora, la comicità appartiene ad esso? Per il monaco di Bose Luciano Manicardi sì, tanto da scriverci un libricino, intitolato proprio La comicità nella Bibbia, in cui precisa che «L’ironia biblica mira più a con-vertire che a di-vertire, ma è ben presente e si fonda sulla distanza e sull’alterità fra Dio e l’uomo, fra i pensieri di Dio e quelli dell’uomo». Insomma il sorriso nella Sacra Scrittura non è fine a sé stesso, ne fuorviante o volto a mitigare talvolta la pesantezza di quanto riportato, ma «aiuta a non assolutizzare il testo fino a darne una lettura monolitica, fondamentalista, intollerante». Nella Bibbia tra l’altro, narrando questa ogni aspetto antropologico, come potrebbe essere assente uno tra gli elementi più caratteristici e distintivi della condizione umana, ovvero la capacità di ridere? Già Aristotele sottolineava come l’essere umano sia l’unico, fra tutti gli animali, a saper e poter ridere.. «Il riso e l’humour rientrano poi – è ancora il monaco a parlare – in quella dimensione di gioia e gratuità che è al cuore della rivelazione biblica (tanto che) Essere privi di humour significa.. fare di noi degli dèi: non è forse questa l’ironia con cui si apre la Bibbia? L’uomo che pretende stupidamente di essere Dio (cfr. Gn 3,5)». E, aggiungiamo noi, tale stupidità non ci è certo passata..  

Manicardi si chiede quindi di cosa ridesse l’uomo biblico, dato che «il comico dipende da convenzioni culturali peculiari, differenti da regione a regione, da popolo a popolo, da periodo a periodo», evidenziando aspetti che a noi oggi sfuggono, ad esempio giochi di parole e relativi effetti sonori inconcepibili al di fuori di quel linguaggio. Non riesce infine a non farsi una domanda che forse ha colto anche parecchi di noi: Gesù ha mai riso? Se infatti è logico pensare di sì, i Vangeli tuttavia non lo esplicitano. Rispondendo allora a san Giovanni Crisostomo il quale, commentando il Vangelo di Matteo affermava non solo che il Salvatore non avrebbe mai riso, ma che la stessa «chiesa non è certo un teatro dove ci si riunisce per ridere smodatamente, ma è il luogo dove si geme e si conquista il Regno con i nostri pianti e i nostri sospiri.. (poiché) I divertimenti non sono un dono di Dio, ma del diavolo», si chiede come allora fosse possibile per Gesù partecipare ad esempio a banchetti nuziali senza essere conviviale, o addirittura essere considerato un mangione e un beone, capace di farsi prossimo alle prostitute, ai bambini e ai pubblicani, senza mai ridere. E sentenzia: «sarebbe ridicolo e non credibile». Sottoscriviamo pienamente: il Crisostomo questa volta ha toppato! Capita anche ai migliori. Anzi, siamo sicuri che da “lassù”, ripensando a quanto scritto, san Giovanni si stia facendo una grossa e grassa risata.. L’immagine della pagliuzza e della trave nell’occhio, solo per fare un esempio, è tra l’altro davvero comica, anche se forse non l’abbiamo mai considerata sotto questo punto di vista, comico appunto. Ma il Cristo è l’intero Nuovo Testamento non condannano il riso in sé, quanto piuttosto quello dei gaudenti e di coloro che si beffano degli altri, non curanti o sbeffeggianti la gioia che ci attende nell’aldilà, che in realtà è già visibile e operante nell’aldiquà: preludio non significa forse “giocare e divertirsi prima”?

Lasciamo dunque il libricino di Manicardi con la sua chiosa, davvero stupenda: «Il sorriso di Dio – conclude il monaco – dice la distanza tra lui e noi, ma dice anche la sua benedizione.. per noi che pure siamo da lui visti così come siamo, nelle nostre debolezze, piccinerie, meschinità, immaturità, cattiverie. Dunque è un sorriso che ci accompagna ogni giorno. La fede è anche credere, nel nostro opaco quotidiano, al (suo) sorriso.. che ci attende al di là della morte.. dove il nostro volto sarà pienamente illuminato dalla luce del volto di Dio, dal suo sorriso». 

Allora torniamo a Gioele Dix e al suo spassoso La Bibbia ha (quasi) sempre ragione, a tratti davvero da goccioloni agli occhi! Circa il peccato originale, legato al “rapporto” con l’albero della conoscenza del bene e del male, il comico milanese si domanda: «Perché questa verità si trasforma in minaccia? E la minaccia in punizione? E la punizione in senso di colpa? Colpa per cosa? Vorrei spiegazioni». Il peccato d’origine è davvero un grande enigma, sul quale forse molti di noi avrebbero bisogno di alcune spiegazioni..

Del sesto capitolo di Genesi, che include il diluvio, cerca poi di interpretare quella che definisce «micidiale bomba d’acqua.. che si abbatte sul Medioriente». Rispetto alla convivenza “zoologica” sull’arca si chiede quindi come animali così tanto diversi tra loro potessero stare insieme: «con gli erbivori si fa presto.. Ma con i carnivori come la si mette? ..Uno come me, al posto di Noè, si sarebbe chiesto con una certa inquietudine come comportarsi se qualcuno dei partecipanti a questa strana crociera avesse chiesto, al posto del menù, la lista dei passeggeri». Quando poi ebbe inizio una pioggia “mai vista prima” (?!), Dix commenta in nota che «È in ricordo di quel mitico giorno.. che si dice “piove che Dio la manda”». 

La parte più esilarante è tuttavia nel quarto capitolo in cui, commentando l’età dei patriarchi (proporzionalmente lunga – dal punto di vista simbolico, ovviamente – alla predilezione divina), quella di  Tare nello specifico, il padre di Abramo, fa dire a quest’ultimo a chi gli stava facendo le condoglianze: «“Che volete, purtroppo mio padre non mai avuto una salute di ferro, come il nonno del resto”. In effetti, il padre del padre, Nacor, era morto a soli centoquarantotto anni, lasciando un vuoto tremendo. Una famiglia.. destinata a premature scomparse» (!?!). 

Non esita poi a definire quella messa in atto da Giacobbe e Rebecca, ai danni di Esaù (circa la primogenitura), «un sublime caso di truffa, ancora più ignobile e intollerante perché perpetrata ai danni di un padre anziano e malato», ovvero Giacobbe. 

Di quest’ultimo, facendo un passo indietro, sottolinea l’incontro con la futura moglie, che poi è sua cugina. Premesso che, recatosi al pozzo, si sentì dire dai pastori che per rotolare la pietra che lo chiudeva occorreva essere in molti, tanto era pesante (cfr. Gn 29,1-8), la Bibbia dice testualmente «Quando Giacobbe vide Rachele.. si avvicinò, (e) rotolò la pietra dalla bocca del pozzo»: «Come? Cosa? – commenta Gioele Dix – Di che pietra stiamo parlando? ..Non ci credo, non ci credo.. Giacobbe vede la ragazza, ha una scarica di adrenalina, prende la pietra e la sposta! ..E qualcuno: “Sì, è Hulk, figlio di Helk, fratello di sua madre..”. Incredibile. La sposta da solo. Anzi.. la fa rotolare, fa del virtuosismo, capite? Probabilmente la lancia anche per aria, la stoppa, di petto, di tacco, palleggia..». Spet-ta-co-lo! 

Nel settimo capitolo, in cui tratteggia il personaggio di Giona, sottolinea il come quest’ultimo sia stato rigettato dal grosso pesce sulla terra ferma: «Il fatto che la balena lo vomiti, perlomeno chiarisce quel dubbio riguardo all’esatta ubicazione.. Giona al suo interno: le era rimasto sullo stomaco. (È un dettaglio confortante – commenta fra parentesi – , perché se il profeta avesse soggiornato nell’intestino l’uscita sarebbe stata segnalata altrove)». 

L’ultimo capitolo infine, considerato il suo nome d’arte, lo intitola ironicamente Gioele, ma quale profeta minore (!?!), e così lo chiude: «Forse sarò di parte, ma a me questo Gioele non dispiace affatto.. E anche se non fosse mai esistito, pazienza! ..Sarà per questo che mi identifico così tanto in lui: perché a volte anch’io mi convinco di avere personalità e fantasia, ma non sono tanto sicuro di esistere». 

Nell’explicit del libro, invece, mischia serio e faceto, quando nella postfazione scrive che la presenza di Dio nel mondo «ognuno (la) declina e risolve a suo modo.. Ma per chiunque – presto o tardi che sia – Dio è il problema. Persino per chi esclude categoricamente che esista. Penso al mio nonno materno.. che anni fa mi disse: “Ringraziando Iddio, sono ateo!”. – E conclude – Per quel che mi riguarda, considero il problema parzialmente irrisolto. È come un cantiere aperto, i lavori sono ancora in corso e la data di consegna continua a slittare. Non ho dubbi sull’esistenza di Dio (nonno mi dispiace, so di darti un dolore), ma cerco Sue tracce più chiare nella mia, di esistenza». 

Grazie Gioele, o David, insomma grazie ad entrambi, non solo per averci ricordato che la nostra esistenza ha a che fare con la Sua, ma soprattutto perché se con la sua Parola “pretende” di avere (quasi) sempre ragione, è perché ci chiede di far due chiacchiere con Lui, anzi, due risate..                  

  

 

Recita
Cristian Messina

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