Nemici mai...per chi si cerca come noi (Bibbia e Scienza)



Testo della catechesi
«Prof.. sa.. io l’ammiro molto, da grande voglio diventare come lei: appassionato della sua materia e ateo!». Con quest’affermazione un adolescente riminese si è rivolto al suo docente di Scienze Naturali, sentendosi rispondere in tutta franchezza: «Mi fa molto piacere, ma io non sono ateo..». Sorpreso e sconcertato che un uomo di scienza come lui potesse rimettere allo stesso tempo la propria vita nella mani di Dio, beh, sconvolse non poco l’alunno..

Il titolo di questa puntata, rivisitazione della celebre canzone di Antonello Venditti, vorrebbe provare a sfatare un falso mito, quello cioè che vede fede e scienza come antagoniste, il tutto, ovviamente, partendo dal e in relazione al testo biblico. 

Siamo fatti “ad immagine e somiglianza di Dio”, come attesta il primo libro della Bibbia (cfr. Gn 1,26), o “ad immagine e somiglianza della scimmia”, come attesta Charles Darwin? Detto altrimenti: siamo capaci di trascendere la nostra biologia o siamo appena un ammasso di istinti e “natura”? E ancora, se è vero che ogni essere a modo suo comunica, come mai apparteniamo all’unica specie dotata di linguaggio? La risposta risiede forse in quel Dio biblico che è Logos e Verbum, Ragione e Parola? 

Anzitutto, cos’è la scienza? Cosa si intende con questa vocabolo? Stando alle prime parole della celebre enciclopedia online Wikipedia, o Wikipidia per dirla all’inglese, «La scienza è un sistema di conoscenze ottenute attraverso un’attività di ricerca prevalentemente organizzata con procedimenti metodici e rigorosi, coniugando la sperimentazione con ragionamenti logici condotti a partire da un insieme di assiomi, tipici delle discipline formali. Uno dei primi esempi del loro utilizzo lo si può trovare negli Elementi di Euclide, mentre il metodo sperimentale, tipico della scienza moderna, venne introdotto da Galileo Galilei, e prevede di controllare continuamente che le osservazioni sperimentali siano coerenti con le ipotesi e i ragionamenti svolti». Il Dizionario etimologico della Zanichelli afferma che si tratta di un «complesso di risultati dell’attività speculativa umana volta alla conoscenza di cause, leggi, effetti intorno ad un determinato ordine di fenomeni, e basata sul metodo, lo studio e l’esperienza». Un altro poderoso tomo, il Dizionario dei sinonimi e dei contrari di Aldo Gabrielli, come contrari di scienza cita: «ignoranza, asineria, imperizia, fanatismo, mezza scienza, infarinatura, pregiudizio, mito (e) dogmatismo».. mooooolto interessante! Dunque sia “sistema di conoscenze” sia “complesso di risultati volti alla conoscenza”, per cui occorre chiedersi cosa sia la conoscenza, ovvero, stando all’ultima fonte, «la facoltà.. (e l’) effetto del conoscere», cioè «l’apprendere con l’intelletto, sapere qualche cosa». Questa catena di domande ci porta allora alla sapienza che, è ancora lo Zanichelli a dircelo, è «il più alto grado di conoscenza delle cose». Nella Bibbia cosa s’intende per sapienza? Prima della sua stesura, il lontano passato è stato caratterizzato da ciò che oggi chiamiamo genericamente “superstizione”: «Nel mondo pagano antico – scrive lo storico e giornalista Francesco Agnoli nel suo libro Scienziati, dunque credenti – vigeva l’idea animista: ogni cosa è animata.. tutto è abitato da presenze spirituali (ninfe, gnomi, folletti, troll..) che rendevano la natura superiore all’uomo», ragion per cui quest’ultimo era costretto a propiziarsi queste entità. I primi a sganciarsi da questa visione della vita furono i filosofi greci, che nella natura videro un certo ordine.. Il testo di Agnoli si apre con un’affermazione provocatoria quanto netta: «Chi sono i padri, gli “inventori” della scienza moderna come oggi la conosciamo?»; per poi rispondere qualche riga dopo: «l’autore della Genesi e, tramite lui, il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe; e dopo di lui, sant’Agostino, sant’Ambrogio, gli apologeti cristiani dei primi secoli, e, con loro, migliaia e migliaia di altri predicatori, confessori, teologi, filosofi, vescovi, papi. E con loro, come giganti sulle spalle di giganti, Grossatesta, Copernico, Galilei». Non è un po’ pretenziosa come risposta? Forse no, almeno a suo dire, come avrà modo di giustificare nel prosieguo del suo interessantissimo libro: «Perché.. non sono mai esistiti uomini capaci, da soli, di “inventare” un modo di vedere le cose troppo diverso da quello che hanno ereditato, e che caratterizza il loro tempo». Appperò, come inizio niente male.. Insomma, quelli che per noi oggi sono gli Scienziati con la esse maiuscola, «non sarebbero mai potuti nascere fuori dall’Europa, cioè da una cultura profondamente segnata dalla visione cristiana», dato che all’interno di «quella mentalità magica e superstiziosa di provenienza pagana che è ostacolo ad ogni possibile nascita di un pensiero razionale», la scienza non avrebbe mai potuto attecchire. Nel capitolo intitolato L’origine della vita, Agnoli taglia corto e si domanda: «E come mai allora la vita.. ad un certo punto è comparsa? Risposta di (Clinton Richards) Dawkins: – considerato uno dei padri del nuovo ateismo, ndr – per la “magia dei grandi numeri”, per una “circostanza fortunata”, per un “colpo di fortuna”..», e si chiede: «È scienza questa? È buona filosofia? È rispetto per la ragione (dei lettori)?».     

Ma torniamo alla domanda lasciata in sospeso: nella Bibbia cosa s’intende per sapienza?

Nel Dizionario di teologia biblica, monumentale opera redatta “a più mani”, i francesi André Barucq e Pierre Grelot hanno curato la voce “sapienza”, in cui la stessa viene presentata secondo uno sviluppo, anzitutto pedagogico, che si aggancia a quanto avvenuto prima dell’Antico Testamento: «La ricerca della sapienza – si dice subito – è comune a tutte le civiltà dell’Occidente antico», ed aveva come fine quello di far sì che l’essere umano riuscisse nella vita, scopo che «implica una certa riflessione sul mondo.. Nella Grecia del sec. VI la riflessione prenderà un indirizzo più speculativo e la sapienza si trasformerà in filosofia». La sapienza costituiva insomma l’umanesimo dell’antichità. All’interno del popolo d’Israele, poi, la sapienza si manifesta con  Salomone, indicandone la cultura personale e l’arte di ben governare. Il binomio tra questo re e la sua sapienza ci dice che quest’ultima è un’arma a doppio taglio, dato che ogni essere umano, come Adamo, è tentato dall’accaparrarsi questo privilegio di Dio, di acquistare cioè con le proprie forze la conoscenza «del bene e del male» (Gn 3,5ss), e i Profeti da subito denunceranno questa tentazione. Ma che cos’è concretamente la sapienza biblica? «Il sapiente della Bibbia – proseguono Barucq e Grelot – è curioso delle cose della natura (1Re 5,13). Le ammira, e la sua fede gli insegna a vedervi la mano potente di Dio (Gb 36,22-37,18; 38-41; Sir 42,15-43,33).. i sapienti si interessano soprattutto alla vita degli individui. Sono sensibili alla grandezza dell’uomo (Sir 16,24-17,14) come alla sua miseria (Sir 40,1-11), alla sua solitudine (Gb ,11-30; 19,13-22), alla sua angoscia dinanzi al dolore (Gb 7; 16) ed alla morte (Qo 3; Sir 41,1-4), all’impressione del nulla che gli lascia la sua vita (Gb 14,1-12; 17; Qo 1,4-8; Sir 18,8-14), alla sua inquietudine dinanzi a Dio che gli sembra incomprensibile (Gb 10)». Negli scrittori postesilici il culto per la sapienza diventa tale da personificarla: qualcuno da cercare avidamente (Sir 14,22ss), una madre che protegge (Sir 14,26ss) o una sposa che nutre (Sir 15,2ss), oppure qualcuno che desidera ci sediamo al suo banchetto (Pr 9,1-6). In quest’ottica alla sapienza è opposta la follia, che invece attira nel regno dei morti (Pr  9,13-18). La sapienza di Dio però non agisce da sola, ma si manifesta in tutto ciò che Egli fa nel mondo, a partire dalla creazione di quest’ultimo, continuando poi a governarlo, fino al culmine della sua parabola che, in Gesù, vedrà il suo compiersi: il nazareno non è infatti solo profeta, messia, “servo di Jahve”, “figlio dell’uomo” e dottore, ma la Sapienza stessa. Sapienza di Dio che, se in passato era nascosta – pur dirigendo la storia da dietro le quinte – ora si è palesata, evento che ha manifestato allo stesso tempo quanto sia folle la sapienza unicamente umana, quella che, incapace di riconoscere il Figlio di Dio, lo ha crocifisso! (1Cor 2,8) Eppure tale sapienza si è manifestata in tutta la sua paradossalità, non venendo accordata ai sapienti ma ai piccoli (Mt 11,25), perché i soli capaci di accoglierla, essendo la sapienza un dono. «Questa – concludono i due biblisti francesi – è la sola prospettiva in cui le conquiste dell’umanesimo possono inserirsi nella vita e nel pensiero cristiani. L’uomo peccatore deve lasciarsi crocifiggere con la sua sapienza orgogliosa, se vuol rinascere in Cristo. Se lo fa, tutto il suo sforzo umano assumerà un senso nuovo, perché si effettuerà sotto la guida dello spirito».            

Ma l’elenco di coloro che si sono lasciati crocifiggere insieme al loro orgoglio è davvero lungo, come ampiamente mostrato da Francesco Agnoli nel suo ardito libro, che in 224 pagine evidenzia come la nascita dell’astronomia (cap. I), della vita (cap. V) e la sua evoluzione (cap. VI), gli albori dell’anatomia (cap. VII), dell’elettricità (cap. X) e del motore “a scoppio” (cap. XI), solo per fare alcuni esempi, siano strettamente legati al Dio biblico e a ciò che quelle pagine, nei successivi duemila anni, hanno saputo generare.

Se sant’Agostino (Tagaste, 354 – Ippona, 430) è stato tra i primi a combattere magia, astrologia e superstizione, al “padre” del monachesimo occidentale, san Benedetto (Norcia, 480 – Montecassino, 547), e ai suoi monaci, dobbiamo la ricostruzione agraria di buona parte dell’Europa. Un balzo di cinquecento anni ci introduce alla figura del presbitero e docente di Oxford Roberto Grossatesta (Stradbroke, 1175 – Lincoln, 1253), che nel suo De luce ipotizza qualcosa di molto simile alla teoria del Big Bang, ovvero che l’universo sia nato da un punto originario a-spaziale ed a-temporale. Più o meno dello stesso periodo è l’anatomista Mondino de’ Liuzzi (Bologna, 1275 – Bologna, 1326), uomo molto devoto che per primo sezionò i cadaveri umani per fini scientifici. Un secolo e mezzo dopo che il de’ Liuzzi stesso diventasse un cadavere, ecco sorger la stella luminosissima del canonico (e forse presbitero, aspetto sul quale ancora oggi si dibatte) Niccolò Copernico (Toruń, 1473 – Frombork, 1543), il cui “sistema” ha cambiato le conoscenze del tempo al punto da diventare sinonimo di “rivoluzione”, copernicana appunto, attuata col testo De revolutionibus, scritto su pressione del futuro vescovo Tiedemann Giese (Tideman Ghise) e dedicato a papa Paolo III. Poco dopo fu la volta di Giovanni Keplero (Weil der Stadt, 1571 – Ratisbona, 1630), astronomo, matematico e musicista, ma pastore protestante mancato.. Il suo Harmonices mundi termina tra l’altro con una lode abbastanza esplicita: «grande è il Signore nostro, grande è la sua virtù, e la sua sapienza non ha confini». Più o meno coevo gli fu il fisico e matematico, nonché monaco benedettino e fedele amico e collaboratore di Galilei, Benedetto Castelli (Brescia, 1577 – Roma, 1643), ricordato come il fondatore dell’idraulica moderna; come coevo fu il prete gesuita, oltre che filosofo, teologo e scienziato Marine Mersenne (Oize in Marine, 1588 – Parigi, 1648), vero collante all’interno della comunità dei dotti, intesse infatti una fitta rete epistolare con menti del calibro di Cartesio, Galilei ed Evangelista Torricelli (Faenza, 1608 – Firenze, 1647), matematico, ottico e fisico che di Galilei divenne assistente, ma la sua memoria è soprattutto legata all’invenzione del barometro. Abbiamo poi Bonaventura Cavalieri (Milano, 1598 – Bologna, 1647), anch’esso religioso e matematico, come il noto Blaise Pascal (Clermont, 1623 – Parigi, 1662) inventore della Pascalina, strumento precursore della moderna calcolatrice. Fondatore dell’aeronautica fu invece un altro gesuita, Francesco Lana de’ Terzi (Brescia, 1631 – Brescia, 1687). A proposito di voli, l’Agnoli ci ricorda che il primo aerostato di cui si abbia documentazione – realizzato prima dell’“invenzione” dei fratelli Montgolfier – sia stato probabilmente opera dell’ennesimo gesuita, Bartolomeu Gusmão (Santos, 1685 – Toledo, 1724), chiamato non a caso “padre Voador”, per aver fatto sollevare da terra, nel 1709, un pallone riempito ad aria calda. Come tacere quindi che il fondatore della moderna geologia e della cristallografia sia il beato vescovo cattolico Niccolò Stenone (Copenaghen, 1638 – Schwerin, 1686)?! Ad Eusebio Francesco Ghini (Segno, 1645 – Magdalena de Kino, 1711), detto “padre Kino”, si deve la fondazione degli stati americani dell’Arizona e della California, che gli valsero la dedica di una statua nella Hall of Fame di Washington, unico italiano a riuscirci. Nemmeno a dirlo, anch’egli gesuita.. Non gesuita, ma monaco cattolico, fu il matematico Andrea Bina (Milano, 1724 – Milano, 1792), padre della moderna sismologia, tale da far diventare il monastero di san Pietro a Perugia, in cui visse, la culla della meteorologia e della sismologia, appunto. “Il principe dei biologi”, soprattutto per aver dato vita alla fecondazione artificiale in campo animale, è la definizione attribuita al gesuita e storico Lazzaro Spallanzani (Scandiano, 1729 – Pavia, 1799), cui è dedicato il celebre istituto di ricerca cremonese. Tra i più grandi matematici di tutti i tempi figura Augustin Louis Cauchy (Parigi, 1789 – Sceaux, 1857), membro della società di San Vincenzo de’ Paoli, di cui faceva parte anche l’amico André-Marie Ampère (Lione, 1775 – Marsiglia, 1836), noto ai più perché da lui prende il nome l’unità di misura relativa alla corrente elettrica. L’ultimo gesuita che menzioniamo – ma pensiamo di aver dato ampiamente la misura del contributo che quest’ordine ha dato alla scienza – è l’astronomo Angelo Secchi (Reggio Emilia, 1818 – Roma, 1878), fondatore della spettroscopia astronomica. Altro ordine che ha dato i suoi frutti in campo scientifico è quello degli Scolopi, con Eugenio Barsanti (Pietrasanta, 1821 – Seraing, 1864), inventore insieme a Felice Matteucci (Lucca, 1808 – Capannori, 1887) del primo motore a combustione interna della storia (impropriamente conosciuto come motore “a scoppio”), e Filippo Cecchi (Ponte Buggianese, 1822 – Firenze, 1887), inventore di diversi strumenti innovativi, tra cui un tipo di motore elettrico. Il padre della genetica è invece un frate agostiniano, Gregor Mendel (Hynčice, 1822 – Brno, 1884). Fondatore della meteorologia italiana è Francesco Maria Denza (Napoli, 1834 – Roma, 1894), presbitero barnabita. Un vero vulcano di idee ed invenzioni – tra cui il primo esempio di telescrivente – fu don Luigi Cerebotani (Lonato, 1847 – Verona, 1928). Se la terra fa i capricci il primo indicatore citato dai mass media è la “Scala Mercalli”, che valuta l’intensità di un terremoto in base ai danni prodotti su persone, cose e manufatti, e prende il nome dal geologo, sismologo e vulcanologo don Giuseppe Mercalli (Milano, 1850 – Napoli, 1914). Tra i premi Nobel per la medicina figura il nome di Alexis Carrel (Sainte-Foy-lès-Lyon, 1873 – Parigi, 1944), convertitosi al cristianesimo durante un viaggio a Lourdes. Belga è invece l’astronomo e fisico Georges Edouard Lemaître (Charleroi, 1894 – Lovanio, 1966), che per primo propose la teoria sull’origine dell’universo chiamata dell’“atomo primitivo”, conosciuta tuttavia come Big Bang, inizialmente osteggiata – per non dire irrisa – perché “troppo cristiana”.. Come mai? Perché anche Lemaître era un prete. 

La carrellata di scienziati cristiani è davvero impressionante, ma che ne è dei “pezzi da 90”? Proviamo a verificarlo a partire da un pezzo da 91: Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth, 1642 – Londra, 1727), il padre della legge gravitazionale universale, spese gran parte della vita allo studio del testo biblico, componendone tra l’altro diversi commenti, arrivando a sostenere che pianeti e comete non potevano nascere senza un Ente capace di generarle, Ente che «regge il tutto.. come (il) Signore dell’universo.. Dio è il sommo ente, eterno, infinito assolutamente perfetto». I più potranno sorprendersi, ma queste parole Newton le ha scritte nel suo Scholium generale. Non solo, nel suo Trattato sull’Apocalisse specifica che la sua devozione è in primis per il «God of order and not of confusion», per il “Dio dell’ordine, non (quello della) confusione”. Quanto al matematico, fisico e astronomo tedesco Carl Friederich Gauss (Braunschweig, 1777 – Gottinga, 1855), ben noto soprattutto a chi ha frequentato un liceo scientifico per via del suo teorema, sebbene preferisse tenere la propria fede per sé, era un cristiano protestante capace di leggere il Vangelo in lingua originale, il greco. Se nel XIX secolo la Francia ha potuto bere latte senza contrarre più il vaiolo (grazie alla “pastorizzazione”), lo deve al chimico e biologo Louis Pasteur (Dole, 1822 – Marnes-la-Coquette, 1895), fondatore della moderna microbiologia nonché dichiarato discepolo del maestro di Nazareth. Se ci avviciniamo al Belpaese ecco risplendere la luce di quattro scienziati coi fiocchi: due maschi e (finalmente) due femmine. Se l’inventore della pila Alessandro Volta (Como, 1745 – Camnago Volta, 1827) era uomo di profonda fede, nondimeno il padre della radio Guglielmo Marconi (Bologna, 1874 – Roma, 1937), premio Nobel per la fisica ed amico intimo di Pio XI. Bolognese come quest’ultimo fu la prima docente universitaria della storia,  Laura Bassi (Bologna, 1711 – Bologna, 1778), anch’essa scienziata credente, che può vantarsi di avere un cratere su Venere che porta il suo nome. Su una cattedra dell’Università felsinea sedette anche Maria Gaetana Agnesi (Milano, 1717 – Milano, 1799), per poi dedicarsi totalmente ai poveri e ai malati del Pio Albergo Trivulzio: se venne chiamata la “matematica di Dio” un motivo doveva pur esserci..                 

Ma focalizziamoci su Galilei. Egli riveste una figura centrale perché sostiene anzitutto che la natura sia costituita da un ordine oggettivo e strutturato, ragion per cui la scienza lo può ricostruire. In secondo luogo afferma che la scienza si basa su un sapere sperimentale-matematico, in altre parole misurabile: ecco che la matematica diventa quel metodo universale applicabile in ogni campo. Sottolinea quindi come la scienza sia frutto della messa in comune della ricerca, e che il suo scopo è la progressiva conoscenza del mondo nonché il dominio su di esso. «Galilei – afferma il filosofo e pedagogista Aluisi Tosolini (cfr. Bibbia, cultura, scuola pag. 59) – ha pagato di persona.. l’incapacità altrui di leggere la Bibbia andando oltre il significato letterale». Il fisico pisano non fece altro che farsi portavoce di quanto cinquant’anni prima aveva già detto Copernico, che non venne condannato, pur minacciando apertamente la sua teoria le Sacre Scritture (dove si dice che Giosuè ordinò al sole di fermarsi, cfr. Gs 10,12). Perché? Perché non era chiaro se la teoria copernicana fosse un modello geometrico o la descrizione di una realtà fisica. Perché, chiediamoci anche, Galileo accettò di ritrattare quanto scoperto? «(Perché) – continua Tosolini – la verità dei suoi studi continua ad essere vera malgrado l’abiura.. il pensiero di Galileo è pervaso dalla convinzione che scienza e Scrittura abbiano un’unica fonte». «L’intenzione dello Spirito Santo – scrisse Galilei nella celebre lettera alla Granduchessa Cristina di Lorena – (è) di insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il Cielo», sostenendo in pratica che i libri da leggere in continuazione e simultaneamente sono due: da una parte quello della natura, che ci dice com’è fatto il mondo (“umano”), dall’altra la Bibbia che ci insegna come accedere a quello divino. L’inghippo è tutto qui, alla faccia di coloro che si approcciano al loro testo sacro in modo letterale, con tutti i danni che ne seguono. E questo lo aveva capito Origene già 1.400 anni prima. Non solo, scienza, fede e storia nella Sacra Scrittura non solo non sono in contrasto tra loro, ma sono chiamate a convivere e a completarsi a vicenda: pur essendo “parola di Dio” (dunque legato alla fede), il contenuto biblico necessita anche di un approccio scientifico che lo supporti pur senza sostituirlo, il tutto all’interno di una cornice storica che non è mai il fine ultimo degli autori ispirati, essendo la loro preoccupazione in primis teologica.         

Secondo il professor Lucio Rossi, fisico italiano che lavora al CERN (il più grande laboratorio al mondo per la ricerca nucleare) nonché uno dei protagonisti della scoperta del Bosone di Higgs, meglio conosciuto con l’impropria definizione di “particella di Dio”, la miglior qualità che deve possedere uno scienziato, ovviamente dopo le sue doti naturali, è la curiosità: quella che permette all’uomo e alla donna di ogni tempo di porsi domande; si badi bene, non di avere dubbi sistematici, perché quelli non portano a nulla. Intervistato a fine libro dal già citato Agnoli, afferma infatti che «Chi è religioso veramente, lo è perché si pone molte domande, perché ricerca il senso e vuole comprenderlo in modo sempre più approfondito. Le verità della fede.. – prosegue – non sono statiche: vanno penetrate sempre più, perché avendo a che fare con l’essenza dell’umano sono inesauribili. L’uomo di fede è certo, ma (di) una certezza mai paga». Che meraviglia.. Fede e scienza hanno insomma metodi e domini diversi, occupandosi l’una del “perché” e l’altra del “come”, domande che tuttavia sono e rimarranno unite tra loro: guai a separare cervello e cuore, pensiero e affetto! Se accade, è un attimo ritrovarsi da una parte a vivere come meri calcolatori nell’attesa del nulla, dall’altra da creduloni, capaci di abboccare alla prima risposta facile che “il mondo” ci propina.

Nel 2019 appare nelle librerie italiane Qualche nota su Dio e sulla fisica quantistica. Due facce della stessa medaglia, realizzato dai fratelli Michael ed Anselm Grün. Se il primo è un fisico e matematico, il secondo è un teologo e monaco benedettino. Questo libro parte da lontano, è figlio infatti di una conferenza intitolata Fisica e religione tenuta da Michael nel 2014, cui il fratello ha aggiunto più tardi la seconda parte, facendola diventare un testo scritto. Cosa si prefigge l’opera? Ce lo dice Michael nella prefazione: «Poter sostenere.. che la fisica non nega l’esistenza di qualcosa al di là della realtà percepita dagli organi di senso, o dagli strumenti di misurazione, e che dunque un fisico non ha timore di riflettere su Dio e di concedere alle religioni un posto nel mondo». E aggiunge: «che molti giovani tendessero a credere più a uno scienziato che a un teologo.. ha giocato un ruolo fondamentale nella decisione di pubblicare la conferenza». Lo stesso scienziato fa poi notare come «nella fisica classica (quella basata sulle scoperte e il pensiero dei vari Galilei, Cartesio, Newton e Kant, diventata quindi fondamento sia dell’Illuminismo sia della Rivoluzione industriale, ndr).. Dio era sottoposto alle leggi della fisica e del tempo.. (diventando) superfluo.. dimenticato, oppure liquidato con sarcasmo come l’espressione di ciò che la scienza non aveva ancora scoperto. Alla fine, è stato negato anche nella sua veste di creatore, poiché i più hanno cominciato a dare per scontato che l’universo sia sempre esistito». È come se l’essere umano ad un certo punto avesse fatto un passo in avanti, dal punto di vista della “conoscenza”, tale da fargli prendere in considerazione l’ipotesi di potersi affrancare da Dio.. non è infondo, con le dovute proporzioni e differenze, quel che accade all’adolescente nei confronti dei genitori? Da questo punto di vista è come se la fisica classica avesse inaugurato l’adolescenza della storia. Siccome adolescente è il participio presente del latino adolescěre (“crescere”), è lecito chiedersi quando l’uomo “scientifico” diventerà adulto (participio passato, cioè “cresciuto”)? Ce lo dice sempre Michael Grün, quando scrive che «molti fisici affermano che l’universo sia sorto necessariamente in ragione di leggi fisiche ma, prima o poi, ci si dovrà chiedere chi abbia formulato tali leggi. Che esse siano divenute ciò che sono per caso è (infatti) praticamente escluso dalla probabilità e dalla logica». È solo questione di tempo, mettiamola così. La tendenza umana a contrapporre anziché ad affiancare è dura a morire, ma «La religione e la fisica moderna non si contraddicono, piuttosto si integrano a vicenda.. (poiché) Se la descrizione fisica della realtà è libera dal sentimento, quella religiosa ne è intrisa. Entrambe.. possono comunicare soltanto un’idea parziale della verità assoluta. Albert Einstein ha detto in proposito: “La scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca”». «Se la fisica classica ci aveva reso presuntuosi – chiosa Michael Grün – , la fisica moderna ci sta insegnando l’umiltà e lo stupore, lasciando intravedere – in alcuni casi mostrandoci con certezza – che dietro l’universo si nasconde qualcosa di grandioso, da molti chiamato Dio». Alle illuminanti sottolineature dello scienziato, il fratello monaco Anselm aggiunge sinteticamente che «ai nostri giorni la teologia può essere affrontata in maniera responsabile soltanto se in aperto dialogo con la filosofia, la psicologia e le scienze contemporanee.. (un) dialogo.. che comincia già nella Bibbia. L’Antico Testamento eredita (infatti) la concezione del mondo egizi e persiani. Il primo racconto della creazione è un mito.. Paolo (poi) sviluppa la propria teologia in rapporto con la filosofia stoica – e conclude – Il nostro compito, oggi, non è dissimile dal tentativo (dell’Apostolo). Possiamo annunciare il messaggio di Gesù agli scienziati soltanto conoscendo e prendendo sul serio il loro sapere e le loro convinzioni».

«Una fede senza ragione – diceva Benedetto XVI – non è autentica fede cristiana». Per Anselmo di Canterbury Fides quaerens intellectum, “la fede richiede intelletto”, perché vuol comprendere ciò che crede: donaci, Signore, cominciando dall’ascolto della tua Parola, parole che, partendo dal cervello, sappiano uscire dalla bocca solo dopo essere passate dal cuore.        

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
J.S.Bach Suite n.3 in Re maggiore BWV 1068. Aria sulla quarta corda. Enrico Cenci e Fabio Severini
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