L'ultimo nemico che sarà sconfitto (La Bibbia secondo Harry Potter)



Testo della catechesi 
Tra i successi editoriali più importanti di sempre compare la saga di Harry Potter, sette libri editi in Italia tra il 1998 e il 2007, resi ancor più celebri dalla trasposizione cinematografica realizzata dalla Warner Bros (società fondata nel 1918 da quattro fratelli, uno dei quali si chiamava casualmente Harry), che ne ha acquisito i diritti nel 1999, presentando la saga nelle sale di tutto il mondo tra il 2001 e il 2011: otto film (i Doni della Morte è stato infatti diviso in due pellicole) diventati la serie col più alto incasso della storia. 

Il pastore protestante metodista Peter Ciaccio, laureatosi alla facoltà valdese di Teologia di Roma con una tesi sul regista Ingmar Bergman, nel 2011 ha dato vita a Il vangelo secondo Harry Potter, edito dalla Claudiana. Nello spassosissimo testo mette in luce, senza ovviamente contare la magia, che funge da elemento diciamo così, trasversale, le diverse tematiche affrontate dalla celebre saga della Rowling: l’adolescenza, il male, la responsabilità, la predestinazione, il sistema scolastico, il libero arbitrio, la vocazione e tante altre ancora, su tutte però la morte, o meglio l’elaborazione del lutto.  

«Ognuno di noi – afferma l’autore – ha bene e male dentro di sé», come dimostra il fatto che Silente da giovane abbia causato la morte della sorella Ariana per orgoglio ed ambizione, riconoscendo però il male all’interno di sé stesso e decidendo di combatterlo, scegliendo di fare il professore e non il politico, ruolo che forse avrebbe maggiormente assecondato la sua ambizione. Lo stesso padre di Harry Potter in gioventù ha vestito i panni del bullo. Che dire poi di Severus Piton, mosso dal rancore per aver dovuto rinunciare al suo amore, eppur capace di sacrificarsi per la giusta causa? 

Quanto al binomio magia-teologia è necessario affermare anzitutto che la loro rivalità è stata per secoli portata avanti dalla Chiesa (sia da parte cattolica sia protestante), talvolta in maniera ossessiva ed omicida: dalle inquisizioni contro le streghe alle battaglie mediatiche di oggi. Ma la magia in questa saga è parte della natura, teologicamente parlando del “creato”, non un imbroglio di Satana. Tali critiche alla magia la Rowling le sottolinea ad esempio attraverso i personaggi degli zii Vernon e Petunia Dursley, classici esempi di chi vive senza fantasia. Nella Bibbia leggiamo: «Non praticherete alcuna sorta di divinazione o di magia», ma il libro del Levitico (19,26b) non vieta di leggere o guardare Harry Potter, bensì di affidarsi a chi promette una vita migliore attraverso lo sfruttamento. Da questo punto di vista, precisa Ciaccio, si tratta di una saga contro il Superenalotto piuttosto che contro Maga Magò. Il testo citato, tra l’altro – sottolinea il pastore metodista – è preceduto dalla citazione «Non mangerete nulla che contenga sangue», che quasi tutti noi ignoriamo, pur non rinunciando ad essere cristiani..  

Com’è possibile inoltre spiegare ai più piccoli, i prediletti da Dio, l’esistenza di un male radicale che neanche gli adulti comprendono? La risposta è già stata data da gran parte della letteratura per l’infanzia, pensiamo solamente a Pollicino, Pinocchio, Cappuccetto Rosso, e via dicendo.. Harry a scuola incontrerà sia il bene (rappresentato dal trio che forma con Ron ed Ermione) sia il male (Malfoy, Tiger e Goyle). La Rowling nel suo romanzo di formazione ha raccontato quindi l’adolescenza, identificata solitamente in quella fascia di età che va dagli undici ai diciotto-diciannove anni, non a caso quelli durante i quali si svolge l’intera saga, che accompagna Harry nel suo cammino adolescenziale appunto, e lo ha fatto ispirandosi sia ai grandi temi della letteratura per bambini sia al cristianesimo. 

I temi della predestinazione e della vocazione sono invece ben sintetizzati dallo scambio tra Harry e il cappello parlante (in inglese sorting hat, “cappello selezionatore, di smistamento”) nel momento in cui il primo deve essere associato ad una delle quattro casate di Hogwarts (letteralmente “maiale verrucoso”), castello il cui antico motto è Draco dormiens, nunquam titillandus, “mai solleticare un drago che dorme”, e geograficamente situato in Scozia. Ma se qualche babbano (termine che unisce babbeo, cioè “sciocco”, e umano, tradotto dall’inglese muggle, nel senso di chiunque non disponga di poteri magici) per arrivarci dovesse prendere un treno dal binario 9 e ¾ della stazione di King’s Cross a Londra, tutto ciò che vedrebbe sarebbe solo un castello in rovina ed un cartello: “attenzione, pericolo caduta massi”. Il cappello discerne i doni (in greco carisma), scruta le menti degli studenti per vedere qual è quello predominante, e smista gli alunni secondo i seguenti criteri: a Grifondoro finiscono i coraggiosi (come i primi martiri cristiani), a Corvonero gli intelligenti, a Tassorosso (in inglese Hufflepuff, poi tradotto con Tassofrasso) i diligenti, infine a Serpeverde (la casata di Tom Riddle) gli ambiziosi. 

Harry non è amato: non ha i genitori, vive in un sottoscala, è trattato malissimo e non ha un solo indumento proprio, dato che veste quelli dismessi dall’obeso cugino Dudley. Stessa sorte di Tom Riddle – futuro Lord Voldemort – che cresce in un orfanotrofio. I due parlano la lingua dei rettili, il Serpentese, inoltre la bacchetta magica di entrambi contiene una piuma proveniente dalla coda della stessa fenice (uccello simbolico che rimanda all’immortalità e alla risurrezione, i Padri della Chiesa ci vedevano infatti l’anima immortale e la risurrezione di Gesù), ma il legno di cui sono fatte è diverso: se quella di Tom è di tasso, ad Harry spetta l’agrifoglio; entrambe sono fatte con arbusti di foglie a punta spinosa e bacche rosse, ed entrambe sono piante potenzialmente velenose (da notare il legame semantico tra “tasso” e “tossico”), tanto che il tasso è soprannominato “l’albero della morte”, a differenza dell’agrifoglio, utilizzato per le decorazioni natalizie: insomma un albero della vita. L’utilizzo dell’albero di Natale tra l’altro, val la pena ricordarlo, proviene da un’usanza nordica che rimanda alla Croce di Cristo, il vero albero della vita. Cosa allora differenzia le vite dei due? Il modo di affrontarle (ecco il tema della responsabilità) a partire dalle «scelte che facciamo», come ricorda Albus Silente ad Harry ne La camera dei Segreti. 

Altro elemento circa la vocazione: prima di essere con-vocato a Hogwarts, Harry vive nel completo anonimato, a partire dal nome e dal cognome che possiede, comunissimi, al punto che nell’elenco telefonico di Londra ci sono ben 150 Potter. In italiano suonerebbe Enrico Vasaio, cognome che biblicamente rimanda ad un celebre passo del profeta Geremia, in cui il Vasaio è Dio stesso: «Questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore: “Prendi e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola.. Forse non potrei agire con voi, casa di Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa di Israele”» (Ger 18,2-6). Nel Siracide si legge invece: «Come l’argilla nelle mani del vasaio che la forma a suo piacimento, così gli uomini nelle mani di colui che li ha creati, per retribuirli secondo la sua giustizia» (Sir 33,13). L’anonimato di Harry è inoltre sottolineato dai suoi occhialini tondi, gli stessi di John Lennon, che li indossava perché erano quelli distribuiti gratuitamente dal servizio sanitario nazionale britannico ai più poveri. Detto altrimenti, Harry Potter può essere ognuno di noi, fatto «a immagine e somiglianza» di Dio. Se molti personaggi letterari e cinematografici hanno le “fattezze”, diciamo così, di Gesù (da Pinocchio a Luke Skywalker di Guerre stellari, dal leone Aslan de Le cronache di Narnia a Neo di Matrix, e l’elenco potrebbe andare avanti), nella nostra saga il ruolo è ricoperto come già evidenziato da Harry, che nel settimo libro si offre in olocausto a Voldemort per poter essere fonte di vita per i suoi amici, e «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici», ci ricorda il vangelo di Giovanni (15,13).  

Chi è, al contrario, l’Anticristo, termine che troviamo questa volta nelle lettere dell’evangelista (1Gv 2,18.22; 4,3 e 2Gv 7), cui sono legate diverse figure dell’Apocalisse: il drago, la bestia acquatica e terrestre, il falso profeta e la grande prostituta? Facile, ovviamente Voldemort, che non a caso si fa chiamare Lord, “Signore”. Ma chi è davvero costui? Tom Riddle, futuro Voldemort, cresce come già detto in un orfanotrofio londinese, tra il 1927 e il 1937, prima di venire a sapere da Silente di essere un mago.. concepito senza amore (la madre era una strega, aveva infatti indotto il padre ad amarlo attraverso una pozione), nato senza amore  e cresciuto senza amore, non può che “disinteressarsi” ad esso. Il suo tatuaggio sull’avambraccio sinistro inoltre (nella Scrittura il lato negativo, sbagliato, quello malefico insomma), costituisce un altro indizio: il Marchio Nero dei Mangiamorte, un teschio col serpente che fuoriesce dalla bocca, tristemente simile al Totenkopf, la “testa di morto” che le SS, la polizia nazista, portava anch’essa sul braccio sinistro sotto l’ascella, pur trattandosi del numero di matricola con grado e gruppo sanguigno. Ancora, la scelta di dividere la sua anima in sette Horcrux richiama i sette sigilli dell’Apocalisse (5,1). Un mago oscuro, precedente a Voldemort, era tra l’altro Gellert Grindelwald, un tedesco sconfitto nel 1945 da Silente, e qui troviamo un’ulteriore allusione al Terzo Reich, per poi essere rinchiuso nel carcere di Nurmengard, altro rimando a Norimberga, città simbolo della caduta del nazismo. Questa sottolineatura evidenzia un altro tasto pigiato dalla Rowling, che nella saga è fortemente critica anche e soprattutto nei confronti dei totalitarismi. Una prova? Nel 2017 il filosofo Simone Regazzoni pubblica La filosofia di Harry Potter, facendoci notare che la Casa di Serpeverde è stata fondata da Salazar Serpeverde, mago di cui Voldemort si dichiara l’Erede e che, non a caso, porta il nome del dittatore fascista portoghese António de Oliveira Salazar. Non solo, Voldemort «riprendendo un’idea teorizzata da Salazar, aspira a creare un mondo dominato dalla Razza dei maghi purosangue». Lo stesso autore sottolinea inoltre come, nell’attuale società orfana della grande narrazione, sia paradossalmente proprio quest’ultima a sfidare l’Occidente razionalista. In tal senso potremmo dire che è la magia a sfidare la tecnica. Emblematica una frase di Silente, il quale non dice: «quando e se vi troverete a scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto», e nemmeno «tra ciò che è bene e ciò che è male», ma «tra ciò che è giusto e ciò che è facile», perché è soprattutto tramite la facilità che la tecnica ci seduce!   

Dicevamo che uno dei temi toccati inerisce il sistema scolastico, già accennato nello smistamento, pratica volta ad instillare negli studenti un’identità forte, che proseguirà oltre la scuola, strategia della tradizione scolastica anglosassone che gioca sulla competizione degli alunni per migliorarne il livello. Una concorrenza però positiva, il cui lato negativo è rappresentato invece dal rischio di divisione. La saga è raccontata dall’autrice dal punto di vista degli studenti e dei professori, per cui c’è un’evidente presa di posizione contro le odierne politiche che, miopi, relegano l’istruzione come a qualcosa da sopportare appena. 

Tornando alla vocazione, la Rowling attinge da un antico stratagemma, quello dei “nomi parlanti”, utilizzato da tanti, ma che ha la sua tradizione più antica nella Bibbia: «Ed è per questo che ti chiamerai..», spesso poco evidenziato dalle attuali traduzioni: Adamo-“umano”, Eva-“fonte della vita” (o “madre di tutti i viventi”), Daniele-“Dio è il mio giudice”, Gesù-“Dio salva”, e così via.. Allo stesso modo, quasi tutti i personaggi di Harry Potter sono “parlanti”, almeno nella loro origine inglese, che ogni traduzione cerca poi di rendere al meglio. Solo per fare alcuni esempi: Albus Dumbledore (“muto”) è Albus Silente; mentre Minerva McGonagall è Minerva McGranitt; Severus Snape è Severus Piton; mentre Tom Riddle in italiano tradurrebbe Tommaso Enigma o Indovinello; quindi Voldemort, che nell’originale è Marvolo, che richiama marvel, “meraviglia, prodigio”; e ancora Draco, in latino sia “serpente” che “drago”, o il padre Lucius (evidente rimando a Lucifero), e la “moglie” Narcissa, “colei che pensa solo a sé”; ecc, ecc.. 

Ma la tematica portante della saga resta il binomio amore-morte. Stando a quest’ultima chiave di lettura, i personaggi principali non sarebbero allora Harry e Voldemort, ma quest’ultimo e la madre di Harry, Lily Evans Potter. Perché lei e non il figlio? Da subito risulta evidente che protagonista e antagonista, si distinguono anzitutto per i rispettivi modi di fare i conti con la morte: Lily affrontandola, muore infatti per salvare il piccolo Harry, che in quella notte di Halloween, (letteralmente “la notte prima di tutti i santi”), il 31 ottobre del 1981, aveva appena poco più di un anno; Voldemort, al contrario, fuggendola. Obiettivo dell’Oscuro Signore e dei suoi seguaci è infatti quello di dominarla, infliggendola ad altri: Vol-de-mort in francese significa infatti “Volo della morte”, nel senso di “fuga dalla morte”. La stessa creazione degli Horcrux consiste nel togliere la vita ad altri per salvaguardare la propria. Il filo rosso che lega l’intera saga è dunque l’elaborazione del lutto. Non a caso i suoi simboli chiave sono i tre Doni della Morte: bacchetta di Sambuco, Pietra della Risurrezione e Mantello dell’Invisibilità, raccolti nel logo rappresentato da un triangolo equilatero con all’interno un cerchio e una linea verticale, vagamente somigliante a quello “della pace”, nello specifico il “logo della campagna per il disarmo nucleare”, stilizza infatti l’uomo con le bandierine diagonali ai fianchi, ma è anche la fusione delle lettere D ed N, Disarmo Nucleare. Ne I Doni della Morte Harry capisce che all’interno del Boccino d’Oro lasciatogli in eredità da Silente (sul quale è scritto “Mi apro alla chiusura”) c’è la Pietra della Risurrezione; ed è solo quando Harry è in procinto di affrontare la propria morte, offrendosi disarmato a Voldemort, che la Pietra acquisterà senso. Il maghetto può allora affrontare la propria morte perché è riuscito prima ad affrontare quella dei suoi cari (ecco l’elaborazione del lutto), e accettando di morire fa uccidere all’Oscuro Signore l’Horcrux che, accidentalmente, si era creato in lui. In tal senso il frammento di anima di Voldemort che vive in Harry è simbolicamente molto potente, dicendo del lutto non elaborato. Ma l’amore di cui parla la Rowling, precisa Peter Ciaccio, non è l’eros del binomio freudiano eros-thanatos, dove il primo è l’aspirazione alla sopravvivenza e il secondo la spinta all’autodistruzione, bensì l’agape cristiano, quello che spinge fino a “dare la vita per i propri amici”, ben riassunto dall’epitaffio (dal greco “sopra la tomba”) posto sulla lapide dei coniugi Potter: «L’ultimo nemico che sarà sconfitto sarà la morte», citazione della Prima Lettera ai Corinzi (15,26). Quello che capeggia sulla tomba della madre e della sorella di Silente è invece un celebre passo del Vangelo di Luca: «Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (12,34). 

Ma quanto detto fino d’ora sarebbe solo parzialmente comprensibile, se non conoscessimo l’autrice di questo mondo fantastico: Joanne Rowling nasce il 31 luglio 1965 a Yate, cittadina inglese a circa quindici chilometri da Bristol e, terminati gli studi universitari, si trasferisce a Londra dove lavora come ricercatrice e segretaria bilingue per Amnesty International, famosa organizzazione mondiale che si occupa di tutelare i diritti umani. Proprio in questo periodo, mentre sta viaggiando in treno, nasce il personaggio di Harry Potter, che la porta a scrivere, durante le pause pranzo, il suo libro: Harry Potter e la pietra filosofale. Da Londra si trasferì ad Oporto, per insegnare lingua inglese, ed in Portogallo si sposò col giornalista Jorge Arantes nell’ottobre del ’92, unione dalla quale nascerà Jessica. L’idillio durò tuttavia appena un anno, nel 1993 la coppia infatti divorziò, così Joanne si trasferì dalla sorella ad Edimburgo, conoscendo forse il periodo più cupo della sua vita, segnato da una situazione finanziaria difficile e da una forte depressione. Ma Joanne seppe cogliere l’attimo: approfittando delle camminate per far addormentare Jessica nel passeggino, si recava spesso con la piccola al pub del cognato, luogo in cui cercò di portare avanti il suo romanzo. Fu proprio in questo momento buio che la scrittrice inventò la figura dei Dissennatori, creature che «risucchiano la pace, la speranza e la felicità dall’aria che li circonda». Il manoscritto, portato avanti nel buio, vide la luce nel 1995, per poi essere proposto a tre diverse case editrici, ma tutte rifiutarono il romanzo, etichettandolo come troppo lungo. Solo due anni più tardi la Bloomsbury, casa editrice nata appena nel 1986 e al tempo poco conosciuta, accettò la sfida, ma ad una condizione: che il libro venisse firmato con uno pseudonimo, poiché si temeva che il potenziale pubblico, gli adolescenti, accettasse con difficoltà una scrittrice donna. Mah.. Joanne non se lo fece ripetere due volte, scegliendo di firmarsi solo con le iniziali J.K.Rowling, quelle di Joanne e Kathleen, nome della nonna paterna. Il compromesso fu decisamente azzeccato, giovando ad entrambe le parti, un po’ meno alle tre case editrici precedenti, che possiamo solo immaginare quante mani si siano mangiate col senno di poi: Harry Potter e la pietra filosofale non solo raccolse il consenso di lettori di tutte le fasce di età, ma fruttò successo e ricavi da capogiro! Il 26 dicembre 2001 Joanne si risposò, questa volta con l’anestesista Neil Michael, dal quale ebbe due figli. Lodevole è inoltre il suo impegno sociale, devolvendo in beneficenza ingenti somme a favore delle donne e dei bambini, della lotta alla povertà e della ricerca scientifica. Dal punto di vista politico non ha mai nascosto il suo schierarsi “a sinistra”, connotazione già intuibile dalla donazione di 1 milione di sterline fatta al Partito laburista. La stessa chiarezza l’ha poi fatta in campo religioso, dichiarandosi cristiana senza mezzi termini: «Io credo in Dio, non nella magia». Mentre scriveva il suo romanzo frequentava tra l’altro una congregazione della Chiesa di Scozia, nella quale battezzò Jessica. Il suo background religioso venne quindi chiarito in un’intervista rilasciata al quotidiano olandese de Volkskrant nel 2007: «Ufficialmente sono stata cresciuta sotto la Chiesa di Inghilterra, ma in realtà ero più che altro la stramba della famiglia. Non parlavamo di religione a casa. Mio padre non credeva in nulla, allo stesso modo mia sorella. Mia madre a volte andava in chiesa, prevalentemente durante il Natale. Io invece ero immensamente curiosa. Da quando ero tredicenne o quattordicenne, andavo in chiesa da sola. Trovavo molto interessante quello che veniva detto lì, e vi credevo. Quando sono andata all’università, sono divenuta più critica. Divenni più annoiata della stucchevolezza delle persone religiose e iniziai ad andare in chiesa sempre meno. Adesso sono al punto da cui ho iniziato: sì, io credo. E sì, vado in chiesa. Una chiesa protestante qui a Edimburgo». La sua parabola religiosa non è insomma molto diversa da quella di tanti altri cristiani.. 

Quanto alle casate, è molto interessante il fatto che siano quattro, numero simbolicamente potentissimo e dai molteplici significati: i punti cardinali, che in lingua greca formano l’acrostico ADAM (Anatolè-est, Dysmè o Dysis-ovest, ArKtos-nord e Mesembria-sud); gli elementi della terra (acqua, aria, terra e fuoco); i venti; le stagioni; le fasi lunari; i principali momenti della giornata (mattina, pomeriggio, sera e notte); senza considerare che in antichità si pensava che la terra fosse quadrata, oltre che piatta e sorretta da quattro colonne, da cui l’espressione “i quattro angoli della terra”; probabilmente per la stessa ragione i Romani dividevano le loro città in quattro, partendo dall’intersecazione tra i due assi principali (cardo e decumano), andando in tal modo a formare i “quartieri”. Le quattro case della saga sono dunque Tasso-rosso, animale che si nutre del proprio grasso (aspetto che lo ha reso simbolo del vizio, in primis dell’avarizia) e vive in una tana buia perché “teme la luce”; Corvo-nero, uccello che vive di carogne e trascura i suoi piccoli; quindi Serpe-verde, animale che nell’immaginario collettivo rimanda al peccato e alla morte (forse perché striscia a contatto con la terra e vive nelle buche), non a caso il tentatore di Genesi; infine Grifon-d’oro, animale fantastico frutto della fusione tra la terra (ha il corpo di leone) e il cielo (con testa e ali d’aquila), che trae probabilmente le sue origini tra gli Assiri, in ciò che essi chiamavano k’rub, da cui l’ebraico cherubino. Dapprima considerato negativamente (Satana che cattura le anime), con Dante Alighieri il grifone diventa simbolo della duplice natura di Cristo, colui che è stato capace di unire terra e cielo, umano e divino.

Da tutto ciò emerge chiaramente che l’intuizione di Peter Ciaccio – sapientemente nascosta dalla Rowling – sta soprattutto nell’aver decodificato questo prodotto dell’industria culturale, sapendoci cogliere, in filigrana ma non troppo, il vangelo: bravo Peter, “sul tuo libro edificheremo la nostra conoscenza di Harry Potter”! 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Harry Potter and the Sorcerer's stone Soundtrack by John Williams. Archive.com. Diritti Creative Commons

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