Geremia 26,1-9 con il commento di Auro Panzetta



Dal libro del profeta Geremia
Ger 26,1-9

Testo del brano
All’inizio del regno di Ioiakìm, figlio di Giosìa, re di Giuda, fu rivolta a Geremìa questa parola da parte del Signore: «Così dice il Signore: Va’ nell’atrio del tempio del Signore e riferisci a tutte le città di Giuda che vengono per adorare nel tempio del Signore tutte le parole che ti ho comandato di annunciare loro; non tralasciare neppure una parola. Forse ti ascolteranno e ciascuno abbandonerà la propria condotta perversa; in tal caso mi pentirò di tutto il male che pensavo di fare loro per la malvagità delle loro azioni. Tu dunque dirai loro: Dice il Signore: Se non mi ascolterete, se non camminerete secondo la legge che ho posto davanti a voi e se non ascolterete le parole dei profeti, miei servi, che ho inviato a voi con assidua premura, ma che voi non avete ascoltato, io ridurrò questo tempio come quello di Silo e farò di questa città una maledizione per tutti i popoli della terra». I sacerdoti, i profeti e tutto il popolo udirono Geremìa che diceva queste parole nel tempio del Signore. Ora, quando Geremìa finì di riferire quanto il Signore gli aveva comandato di dire a tutto il popolo, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo lo arrestarono dicendo: «Devi morire! Perché hai predetto nel nome del Signore: “Questo tempio diventerà come Silo e questa città sarà devastata, disabitata”?». Tutto il popolo si radunò contro Geremìa nel tempio del Signore.

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
P.I.Tchaikovsky. The sick doll. G Major. Piano, Louis Sauter. Diritti Creative Commons. Musopen.org.

Meditazione
Auro Panzetta

 

 

 

Meditazione
La Parola di Dio deve essere sempre contestualizzata storicamente e culturalmente perché sia possibile comprenderne appieno il significato. Ciò nonostante, il messaggio contenuto in questi pochi versetti è chiaro: Dio permetterà il castigo del suo popolo se non ascolterà l’ultimo avvertimento. Ancora una volta assistiamo ad un appello alla conversione di Dio verso il suo popolo, che permetta di salvarlo dall’inevitabile punizione. E’ un Dio che non smette di mendicare dall’uomo un amore filiale, obbediente e sincero, disposto alla misericordia ed al perdono: «In tal caso mi pentirò di tutto il male che pensavo di fare loro per la malvagità delle loro azioni». La minaccia di Dio infatti ha un’introduzione condizionale: «Forse ti ascolteranno e ciascuno abbandonerà la propria condotta perversa». Ciò vuol dire che la libertà dell’uomo, e le scelte che da essa derivano, sono sempre coinvolte  nelle decisioni apparentemente irrevocabili di Dio. Dio non vuole salvarci da solo, vuole la nostra collaborazione che permetta la realizzazione della nostra libertà. Questa sottolineatura mostra una volta di più la specificità della fede cristiana, che si caratterizza per una relazione piuttosto che per una sottomissione ad obblighi morali, per quanto virtuosi. Dio desidera piuttosto la responsabilità delle nostre azioni, che la libertà  ci ha consegnato. D’altra parte occorre notare come il male che Dio  permette viene sempre inserito  in un più ampio disegno che ha come scopo la salvezza degli uomini. Oltre alla dinamica pedagogica che può assumere il castigo in funzione di un cambiamento del soggetto verso il quale è rivolto, esso nell’azione di Dio si colloca in  un orizzonte di significato più ampio, non è solo un atto di giustizia, ma una speranza di redenzione. Paradossale poi è il contesto  in cui viene proclamata la parola del Signore, il Tempio di Gerusalemme, sottolineando in tal modo come Dio pretenda che il suo popolo ritorni ad amarlo come unico Signore e abbandoni una fede fatta di norme e di abitudini spesso solo strumentali. La figura di Geremìa ha qui un sapore tutto biografico, e nelle vicende che lo videro perseguitato dagli ambienti del profetismo dei sacerdoti e del Tempio, possiamo riconoscere la stesso trattamento riservato a Gesù. Come non ricordare il parallelo della Sua disputa con i mercanti del Tempio ed indirettamente con i sacerdoti che permettevano quella compravendita? Nel Vangelo di Giovanni leggiamo che Gesù: «Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori, dicendo: “Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!”». Gesù attraverso la veemenza del proprio zelo ci ricorda che Dio preferisce un cuore sincero piuttosto che gesti e parole formali. Questo continuo stato di conversione che richiede discernimento e vigilanza è gradito a Dio perché sottomette le cose del mondo, le nostre preoccupazioni e i nostri problemi ad un obiettivo più grande, più alto. Non si vuole in tal modo trascurare i bisogni della carne, viceversa si riconosce un ordine gerarchico di valori che permette di vivere con un significato unitario anche l’orizzonte mondano. In Geremìa osserviamo non solo la figura del Cristo sofferente, accusato, solo e disprezzato, ma anche l’immagine speculare di tutti coloro che seguendo Cristo ne vivranno la condizione, perseguitati e irrisi dal giudizio del mondo. Al termine delle parole di Geremìa i sacerdoti ed il popolo insorgono, scandalizzati per la tragica profezia sulla città ed il Tempio: «Questo tempio diventerà come Silo e questa città sarà devastata, disabitata?». Ancora una volta il problema, pur comprensibile, nasce dall’anteporre la miope prospettiva umana al disegno imperscrutabile di Dio, ciò che accadrà anche con la predicazione di Gesù, e può capitare  a noi quando chiudiamo la volontà di Dio nella nostra volontà.  L’ultima osservazione riguarda i verbi ascoltare e camminare. L’ascolto è indubbiamente uno degli atteggiamenti più importanti richiesti dalla relazione con Dio, la visione infatti sarà propria della  Rivelazione, quando la Parola si farà carne. Tuttavia la disponibilità all’ascolto è la condizione perché si generi una relazione. Il cammino, viceversa, che è un dato costitutivo della nostra natura umana, rappresenta la dilatazione della relazione nel tempo. La strada allora diviene il simbolo della Storia della salvezza, su questa strada noi camminiamo tra cadute, disorientamenti e risalite, ma è l’unica strada che conosciamo, la sua meta l’unica che amiamo, il Suo abbraccio l’unico in cui speriamo.

 

 

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