Geremia 15,10.16-21 con il commento di Auro Panzetta



Dal libro del profeta Geremia
Ger 15,10.16-21

Testo del brano
Me infelice, madre mia! Mi hai partorito uomo di litigio e di contesa per tutto il paese! Non ho ricevuto prestiti, non ne ho fatti a nessuno, eppure tutti mi maledicono. Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti. Non mi sono seduto per divertirmi nelle compagnie di gente scherzosa, ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di sdegno. Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire? Tu sei diventato per me un torrente ìnfido, dalle acque incostanti. Allora il Signore mi rispose: «Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca. Essi devono tornare a te, non tu a loro, e di fronte a questo popolo io ti renderò come un muro durissimo di bronzo; combatteranno contro di te, ma non potranno prevalere, perché io sarò con te per salvarti e per liberarti. Oracolo del Signore. Ti libererò dalla mano dei malvagi e ti salverò dal pugno dei violenti».

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
P.I.Tchaikovsky. The sick doll. G Major. Piano, Louis Sauter. Diritti Creative Commons. Musopen.org.

Meditazione
Auro Panzetta

Meditazione
Tante  volte ci è capitato di considerare le nostre esperienze umane commiserandoci, desiderando un’altra vita, altri amici, altri orizzonti. Il profeta si lamenta con il Signore della propria condizione, fino a rimpiangere di essere stato chiamato ad esserne la voce, presso un popolo che non ne riconosce i meriti ed anzi, ne disprezza le parole e non vuol sentire moniti e rimproveri. Anche  per Geremia però il ricordo struggente dell’incontro con le Parole che ne avevano infiammato il cuore di un amore così ardente, si è come logorato nella quotidianità di una difficile testimonianza, costretta ad una marginalità umana e sociale, che pesa e amareggia. Non si può non vedere in questa condizione, così profondamente umana e attuale, lo specchio di alcune situazioni contemporanee: l’impossibilità di vivere una fedeltà coniugale o familiare che duri nel tempo oltre le abitudini e le reciproche pretese, le delusioni e il rammarico provocati dalle comuni sconfitte della vita, la disperazione in cui gettano certe condizioni di sofferenza fisica e morale, in cui si avverte una solitudine incolmabile. Si dirà che la fede e l’amore con cui Dio ci precede e ci seduce, dovrebbero bastare per sopportare il giudizio del mondo e l’indifferenza dei più, o le difficoltà di una testimonianza autentica e senza paure, eppure, come sappiamo bene, non è così. L’esperienza del profeta ne è la prova: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore,...», ma gli esiti di quella passione sono diventati occasione di rimpianto: «Me infelice, madre mia!...[sono diventato] uomo di litigio e di contesa per tutto il paese!» fino ad affermare: «Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire? Le contraddizioni della vita e i limiti della nostra natura umana sono spesso un fardello che appesantisce il cuore e rende difficile vedere la realtà delle cose, ma «Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca». Da notare qui che l’iniziativa è sempre di Dio, che chiama ed educa il cuore. Diventa esemplare per noi allora la vita di Gesù, di cui la vicenda di Geremia è figura. La stessa obbedienza nel fare la volontà del Padre, che il Messia ribadisce con parole e opere, deve divenire il metodo della nostra sequela; ma perché questo accada occorre la Grazia di un cambiamento autentico. Questo è probabilmente il nodo di ogni conversione, che l’Amore tenero e senza confini di un Padre ci abbracci, ci insegua sempre anche se spesso fuggiamo o cadiamo, e ci liberi da ogni nostra angoscia: prima del giudizio, che vinca il perdono. Allora accadrà di riuscire a superare le prove che l’amore pone sulle nostre strade, perché Dio è fedele: «di fronte a questo popolo io ti renderò come un muro durissimo di bronzo; combatteranno contro di te, ma non potranno prevalere, perché io sarò con te per salvarti e per liberarti». Tuttavia  la salvezza che ci viene proposta non segue le previsioni del merito umano, l’innocente e il giusto spesso soccombono  o soffrono l’ingiustizia e il dileggio degli uomini. Il profeta se ne lamenta, perché avere obbedito alla volontà di Dio ha causato molta sofferenza e il disprezzo del mondo, e allora in che modo Dio è vicino e salva? La risposta ancora una volta viene dalla vita, quella di Gesù in particolare: «E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima». Infatti Cristo ha offerto il Suo corpo per liberare la nostra anima. Ecco l’orizzonte di Dio che gli occhi dell’uomo fanno fatica a vedere: nell’unità della persona c’è un ordine, c’è un prima e un dopo, ciò che si vede e ciò che non si vede, quel soffio che dà vita alla carne e che la carne custodisce è il tesoro prezioso per cui Dio ha lottato e che ha liberato, ed alla cui salvezza parteciperà anche la carne.

 

 

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