Geremia 18,1-6 con il commento di Auro Panzetta



Dal libro del profeta Geremia
Ger 18,1-6

Testo del brano
Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremìa: «Àlzati e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola». Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto. Allora mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Forse non potrei agire con voi, casa d’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
P.I.Tchaikovsky. The sick doll. G Major. Piano, Louis Sauter. Diritti Creative Commons. Musopen.org.

Meditazione
Auro Panzetta

Meditazione
In questo brano ci sorprende ancora una volta la modalità comunicativa usata da Dio. Le parabole visive nascono da rappresentazioni dell’esperienza quotidiana, nel nostro caso dall’attività assai comune, per i tempi, di un vasaio. A Geremìa è chiesto di visitare la bottega del vasaio perché comprenda come il Signore agisce con il suo popolo. La creta che si modella tra le mani dell’artigiano è simbolo di ciò che Dio opera con l’uomo. Il significato è chiaro: Dio rivendica la possibilità di fare nuovo il cuore del suo popolo perché sia più docile alla Sua volontà e non tradisca, seguendo altri dei, l’alleanza stabilita con i Padri. Tuttavia il testo ci consegna altri interessanti significati. Il primato dell’opera creativa di Dio richiamato dal brano della Genesi, in cui l’uomo è tratto dalla polvere del suolo, si manifesta nella realizzazione di un oggetto di uso comune che in questo testo acquista un senso particolare. Il vaso è un contenitore predisposto per ricevere e trattenere qualcosa, l’allusione alla struttura umana composta di anima e corpo sembra esserne il motivo. D’altra parte la creta è un materiale inerte e modellabile, che ben si adatta a rappresentare la condizione creaturale, resa evidente nell’azione del vasaio: è lui l’artista che ha nella propria mente la forma da realizzare. La metafora usata dal profeta rivela la condizione della natura umana, la cui autonomia non è concepibile se non dentro a questa relazione originaria. La Rivelazione ci consegna dunque una verità essenziale: l’uomo non può darsi la vita da sé, un Altro ne è l?autore. Questa è ancora la notizia più sorprendente per noi, non siamo nostri, siamo di un Altro, che ci ha voluti, mostrandoci un amore ed una cura infinite. Tuttavia il vaso assume la propria forma mentre viene lavorato sulla ruota che l’artigiano muove incessantemente. Il tornio, appunto, ha costituito nei secoli una preziosa riserva simbolica, perché ha indicato il faticoso lavoro di tornitura che permette la realizzazione dell’opera, ed in tal senso allude al sofferto processo di formazione della persona secondo il progetto di Dio, che richiede il sacrificio della propria pretesa di autonomia. È stato osservato come il lavorio del tornio su cui è posto il materiale da plasmare  rappresenti la condizione esistenziale di coloro che hanno dovuto attraversare periodi anche molto difficili nella loro vita, ma che hanno saputo conservare la consapevolezza di essere amati da Dio. La realizzazione dell’opera del vasaio implica infatti una disponibilità della nostra libertà rispetto alla volontà del Creatore. La creta prende forma solo perché è modellabile, così come il cuore dell’uomo può compiacere Dio solo se si pone in diretta relazione con Lui. Questo combattimento tra la nostra natura carnale e l’aspirazione ad una dimensione più autentica è causato dalla maggiore o minore docilità della materia nelle mani dell’artefice. Per questo occorre rivolgere il nostro sguardo a Gesù, che, come ricorda Paolo: «Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono». L’opera di realizzazione di un uomo nuovo che abbia al centro del suo cuore l’amore sincero e appassionato per Colui che gli ha donato la vita, comprende anche il sacrificio delle nostre umane aspettative. Solo così è possibile realizzare nella nostra esistenza quel miracolo di bellezza che noi chiamiamo santità, cioè l’abitazione di Dio in noi: ecco a cosa serve il vaso, a contenere il prezioso dono del Suo Spirito. Un’altra considerazione sposta la nostra attenzione sui vasi che non riescono ad essere modellati secondo l’idea dell’artefice: «Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto». Dio dunque non scarta nulla, è sempre in grado di restituire ad una nuova possibilità ciò che sembrerebbe perduto. Anche nella nostra vita molte volte ci accade di considerare perduto o senza valore il tempo e lo spazio che abbiamo abitato, ma agli occhi di Dio nulla è privo di significato, tutto concorre ad un bene più grande. Per questo il brano sottolinea il primato dell’azione di Dio nei confronti dell’uomo, è sempre di Dio l’iniziativa, è sempre di Dio l’appello ad un rinnovamento insperato, è sempre di Dio la possibilità di una rinascita.

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