Atti degli Apostoli 14,19-28 con il commento di Paola Magnani

Atti degli Apostoli
At 14,19-28 

Testo del brano
In quei giorni, giunsero [a Listra] da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali persuasero la folla. Essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto. Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli si alzò ed entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe. Dopo aver annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
J.S.Bach. Orchestral Suite No.3 in D Major BWV 1068. Air on the third String. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione 
Paola Magnani

Meditazione
Siamo alla fine del viaggio missionario di Paolo e Bàrnaba, e la sua conclusione continua a dirci tanto della vita della Chiesa di oggi. Ne sottolineiamo alcuni aspetti. In primo luogo il fatto che chi opera nella Chiesa deve essere pronto a subire di tutto per Gesù: ieri abbiamo visto come Paolo e Bàrnaba fossero riusciti a fatica a contenere l’entusiasmo degli abitanti di Listra che volevano adorarli come dèi, e oggi leggiamo che passa poco tempo che Paolo sfugge a fatica alla morte per lapidazione, per opera della stessa folla che l’aveva appena scambiato per il dio Hermes: non può non venirci in mente che pochi giorni passano tra l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme e la sua passione e morte. In secondo luogo il brano ci dice che niente può fermare l’opera evangelizzatrice di chi sente la chiamata missionaria: Paolo è appena scampato alla morte che va con Bàrnaba a predicare a Derbe, suscitando nuovi discepoli a Cristo. Vediamo qui anche ricordata la presenza insostituibile dei credenti anziani come punto di riferimento per la comunità: i presbiteri continuano a esserlo ancora oggi, con la funzione essenziale di mantenerne viva la fede in Gesù. Bellissimo è infine l’ultimo quadro: Paolo e Bàrnaba tornano finalmente ad Antiòchia, e lì vivono due esperienze ancora fondamentali per la nostra vita di fede. In primo luogo riconoscono che quanto hanno fatto non dipende da loro, ma dall’opera che Dio ha compiuto per loro tramite: la lode al Signore che opera attraverso di noi è la forza che ci sorregge nella nostra vita quotidiana come sorregge chi è coinvolto nelle grandi missioni intraprese dalla Chiesa – non per niente il congedo più bello alla fine della Messa è quello che dice «La gioia del Signore è la nostra forza, andiamo in pace». Infine da questa lode comune trae nutrimento la vera amicizia e la vera comunione. Paolo e Bàrnaba si fermano parecchio tempo con gli altri discepoli e apostoli a Gerusalemme: immaginiamo la gioia dei lunghi racconti e della festa, perché conosciamo anche noi l’amicizia che si fonda sulla comune adesione a Cristo, un’amicizia vera e profonda, dove si fa esperienza della pace che solo il Signore può infondere nel cuore dell’uomo, quella pace che diventa il segno tangibile della Sua presenza in noi.