Atti degli Apostoli 2,14.22-33 con il commento di Caterina Busca

Dagli Atti degli Apostoli
Atti 2,14.22-33

Testo del brano 
Nel giorno di Pentecoste, Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, vi sia noto questo e fate attenzione alle mie parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli ìnferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli ìnferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
J.S.Bach. Orchestral Suite No.3 in D Major BWV 1068. Air on the third String. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione
Caterina Busca

Meditazione
«Come voi stessi potete vedere e udire». Chissà perché per credere dobbiamo sempre vedere e udire, la nostra fiducia deve passare per forza per qualcosa che possiamo guardare, sentire, toccare, analizzare. E solo alla fine allora sì, ci crediamo. Forse. Gesù deve per forza passare per qualcosa di materiale, qualcosa che possiamo a fondo guardare, sentire, toccare, analizzare. Gesù deve per forza farsi carne. Altrimenti mica gli crediamo. Ma anche allora, quando Gesù si fa uomo e respira e cammina e vive qui con noi, anche allora gli crediamo ma con riserva. Vogliamo le prove, vogliamo dei testimoni. Ed ecco arrivare il discorso di Pietro che ci riassume zelante tutto quello che Gesù ha fatto per noi, ci urla che sì, è proprio vero. Che ci possiamo mettere la mano sul fuoco, ci possiamo fidare. Io però, la mano sul fuoco non ce la metterei lo stesso. Che scatole! Vorrei, se solo fossi capace, sapermi fidare anche di quello che non posso vedere e udire. Vorrei non aver bisogno di prove per credere in questo amore. Vorrei saperlo toccare anche senza toccarlo. Vorrei saperlo capire. E invece non lo capisco. L’amore di Dio non mi tranquillizza perché non lo vedo con gli occhi, non lo tocco con mano, non lo capisco e in fondo in fondo nemmeno me lo merito. Eppure qui mi si dice che invece Gesù, guarda un po’, comunque mi ama. Anche se l’ho ucciso e l’ho crocifisso. È un Gesù che mi strizza l’occhio sulla croce, mi guarda, mi perdona, mi sorride e mi ama. Chissà se sarò mai capace di amare così. Un amore senza gesti, senza parole, senza mani che si possano stringere, un amore in silenzio che vive unicamente di fiducia l’uno nell’altro. Un amore che ti dica “No, non ti vedo. Ma ti sento”. Io Gesù vicino a me mica lo sento. Gli ho chiuso la porta in faccia talmente tante volte, che un fidanzato qualunque si sarebbe già stancato da un pezzo. Lo sento che è dall’altra parte che bussa, ma io faccio finta di niente, penso che prima o poi si stancherà anche lui di bussare. E invece continua, continua, continua. «Sta alla mia destra perché io non vacilli». Io comunque continuo a vacillare eh, cammino un po’ zoppa per la mia vita e, dove vado, non lo so bene nemmeno io. Lui comunque continua a stare alla mia destra e, anche se non so dove sto andando, lui viene con me. Si fida, mi lascia fare. Il suo amore non mi tranquillizza perché non l’ho chiesto, non ho fatto niente per meritarmelo e lui me lo regala. In un mondo in cui tutto è un dare-avere, Dio è gratuito e io a questo non sono abituata. Gesù è quell’amico fastidioso che non ti va mai di vedere, ma che ti cerca sempre. Io, invece, lo cerco solo quando ho bisogno. Che pessima amica. Gli chiedo quei «miracoli, prodigi e segni» di cui parla Pietro, gli prometto qualcosa in cambio che però non mantengo quasi mai. E io Gesù me lo immagino lì che mi sorride, magari pensa – ridendo – “guarda te che ruffiana questa”, e poi mi accarezza i capelli, come facevano i miei quando ero piccola. Non sono una brava figlia Gesù, lo so. Magari un giorno però la porta la apro.