Atti degli Apostoli 4,13-21 con il commento di Caterina Busca

Dagli Atti degli Apostoli
At 4,13-21

Testo del brano 
In quei giorni, i capi, gli anziani e gli scribi, vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto.

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
J.S.Bach. Orchestral Suite No.3 in D Major BWV 1068. Air on the third String. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione 
Caterina Busca

Meditazione
Non sappiamo che cosa replicare. Che cosa dobbiamo fare con questi uomini? Non possiamo negarlo, non possiamo negare quanto è avvenuto. Ma non lo possiamo nemmeno confermare. Che fare dunque? Ma sì, ecco la soluzione: costringiamoli al silenzio. Minacciamo, proibiamo, spaventiamo, ordiniamo, puniamo. Non parleranno. Mi piace questo passo perché manca il soggetto. I verbi sono tutti alla prima e alla terza persona plurale – dobbiamo, possiamo, rimanevano, riconoscevano, lasciarono – ma il soggetto non c’è: chi sono questi che devono, possono, rimangono, riconoscono e lasciano? Di chi stiamo parlando? Solo alla fine vengono nominati: sono «quelli». Si, ma «quelli» chi? Mi piace pensare che quelli siamo noi. Sono io. Siamo noi nel puntuale tentativo di omertà che ogni volta mettiamo in atto: è più facile rimanere in silenzio davanti alla vita, alla gioia, al dolore. È più facile rimanere in silenzio davanti a Gesù. Tenerlo segreto, provarne vergogna. Ometterlo dalle nostre vite, ometterlo dalla mia vita. Sono una campionessa dell’omissione. E quasi mi piace costringermi al silenzio anche quando è palese il suo intervento nella mia vita. Io lo so, io lo sento. Ma non lo voglio dire. Mi minaccio, me lo proibisco, mi spavento, mi ordino, se necessario mi punisco. Non parlerò. Nella mia vita, davanti a Gesù, sono la migliore delle codarde. E quindi puntualmente me ne vado. Scelgo di non riconoscerlo, scelgo di non essergli amica, anche quando l’essergli amica sarebbe così semplice. Mi ribello, mi costringo al silenzio. Puntuale si alza un grido: «non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Di fronte al miracolo di Gesù, Pietro e Giovanni dell’omertà proprio non ne vogliono sapere. Tutto il passo ruota attorno ad una parola: non viene mai pronunciata, nessuno me la suggerisce, eppure  Pietro e Giovanni la urlano fortissimo. La senti? Una parola piccolina: “coraggio”. Anche quando le minacce dovrebbero atterrirli, spaventarli, pietrificarli, loro urlano. Lo dicono. Parlano. Perché davanti alla grandezza di Gesù loro in silenzio non vogliono stare. Cavolo, Pietro e Giovanni quanto vi invidio! Quando tra amici parliamo, qualcuno tira sempre fuori la domanda “ma tu ci credi in Dio?”, in tutta la sua scomodità. E io in verità rispondo sempre: “boh”. “Sì, cioè, non è che non ci creda eh.. qualcosa c’è, non so cosa però.. boh che domanda, tu ci credi? Non è che non ci credo, davvero.. è solo che..”. Sono una campionessa dell’omissione. Perché poi in realtà io Gesù nel mio cuore lo sento. E mi dispiace, perché a volte quasi me ne vergogno. Vorrei essere un po’ più Pietro, un po’ più Giovanni. Vorrei non poter tacere quello che tante volte ho visto e ascoltato. Nonostante le minacce.

Nonostante la paura.