Lettera ai Romani 6,19-23 con il commento di Simona Mulazzani



Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani
Rm 6,19-23 

Testo del brano
Fratelli, parlo un linguaggio umano a causa della vostra debolezza. Come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità, per l’iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia, per la santificazione. Quando infatti eravate schiavi del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Il loro traguardo infatti è la morte. Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, raccogliete il frutto per la vostra santificazione e come traguardo avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
A.Fulero. Final Reckoning. Licenza della raccolta audio di YouTube

Meditazione
Simona Mulazzani

Meditazione
«Il Sicomoro è un albero che produce tantissimi frutti. Ma non hanno alcun sapore se non li si incide accuratamente e non si lascia fuoriuscire il loro succo, cosicché diventino gradevoli al gusto». Questa metafora, utilizzata per la prima volta da Basilio il Grande e ripresa nel 2008 dall’allora cardinal Ratzinger per parlare della cultura del nostro tempo, credo possa essere efficace anche per pennellare un passaggio di questo brano della Lettera ai Romani. Paolo scrive che, grazie al battesimo, siamo stati liberati dal peccato e possiamo raccogliere il frutto della nostra santificazione. Ora, guardando la nostra vita, nonostante la liberazione donataci con il battesimo, il peccato è sempre dietro l’angolo, anzi non è dietro, è proprio davanti a noi, ci andiamo spesso a sbattere, perché non è per nulla discreto o timido, permea la nostra vita con insistenza, corroborato dalla poca fiducia che abbiamo nei confronti del prossimo. Come un novello Leviatano si nutre di questa diffidenza e si insinua in ogni rivolo della nostra esistenza. Viene spontaneo chiedersi: dove sono i frutti che la grazia di Dio ci ha concesso liberandoci? Com’è che il bene fa così fatica ad imporsi sul peccato? Ecco che mi torna in mente la metafora del sicomoro. I frutti ci sono, ma forse hanno bisogno di essere incisi per diventare gustosi. Che tristezza essere frutti senza gusto, sarebbe la totale perdita di identità. Essere qualcosa in apparenza senza averne la sostanza. E allora la differenza può farla quella incisione, che dobbiamo lasciare sia compiuta su di noi. Ci sono probabilmente tanti modi che possono “incidere”. A me ne vengono in mente alcuni molto quotidiani: l’affidarsi nella preghiera, la lettura della Parola, un primo sguardo di bene su chi incontriamo, l’ascolto prima della parola, la sospensione del giudizio prima di conoscere veramente qualcuno. Micro incisioni, che però potrebbero aiutarci a ritrovare il nostro succo.

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