2Re 25,1-12 con il commento di Gianluca Conti ed Erika Guidi



Dal secondo Libro dei Re
2Re 25,1-12 

Testo del brano
Nell’anno nono del regno di Sedecìa, nel decimo mese, il dieci del mese, Nabucodònosor, re di Babilonia, con tutto il suo esercito arrivò a Gerusalemme, si accampò contro di essa e vi costruirono intorno opere d’assedio. La città rimase assediata fino all’undicesimo anno del re Sedecìa. Al quarto mese, il nove del mese, quando la fame dominava la città e non c’era più pane per il popolo della terra, fu aperta una breccia nella città. Allora tutti i soldati fuggirono di notte per la via della porta tra le due mura, presso il giardino del re, e, mentre i Caldèi erano intorno alla città, presero la via dell’Aràba. I soldati dei Caldèi inseguirono il re e lo raggiunsero nelle steppe di Gerico, mentre tutto il suo esercito si disperse, allontanandosi da lui. Presero il re e lo condussero dal re di Babilonia a Ribla; si pronunciò la sentenza su di lui. I figli di Sedecìa furono ammazzati davanti ai suoi occhi; Nabucodònosor fece cavare gli occhi a Sedecìa, lo fece mettere in catene e lo condusse a Babilonia. Il settimo giorno del quinto mese – era l’anno diciannovesimo del re Nabucodònosor, re di Babilonia – Nabuzaradàn, capo delle guardie, ufficiale del re di Babilonia, entrò in Gerusalemme. Egli incendiò il tempio del Signore e la reggia e tutte le case di Gerusalemme; diede alle fiamme anche tutte le case dei nobili. Tutto l’esercito dei Caldèi, che era con il capo delle guardie, demolì le mura intorno a Gerusalemme. Nabuzaradàn, capo delle guardie, deportò il resto del popolo che era rimasto in città, i disertori che erano passati al re di Babilonia e il resto della moltitudine. Il capo delle guardie lasciò parte dei poveri della terra come vignaioli e come agricoltori.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Meditazione
Gianluca Conti ed Erika Giorgi

Meditazione
Oggi siamo arrivati all’ultimo capitolo, il venticinquesimo del Secondo Libro dei Re. Ieri abbiamo letto che dopo che il re Ioiachìn viene deportato in Babilonia, rimane al suo posto lo zio Mattanìa, chiamato ufficialmente dai babilonesi Sedecìa. Nel 593 a.C. Sedecìa non sopporta più la dominazione straniera e costringe i babilonesi ad assediare ancora una volta Gerusalemme. La città si arrenderà per fame nel giro di un paio di anni, ma poco prima di cadere, Sedecìa sortisce una fuga notturna attraverso una breccia nelle mura della città, disperdendosi nella valle del Giordano. Il re però viene catturato dopo una fuga di una trentina di chilometri. La punizione per la ribellione, aggravata dal giuramento solenne che Sedecìa aveva fatto a Nabucodònosor, è pesantissima: uccisione degli eredi, accecamento di Sedecìa e, questa volta, la distruzione di Gerusalemme. L’esito dell’assedio fu devastante: la distruzione delle mura e l’incendio della città, saccheggi, esecuzioni capitali, deportazioni massicce. Si pensa che siano rimasti in Giuda qualcosa come dieci o quindicimila persone. E così questi secoli di storia racchiusi nei due libri dei Re ci insegnano che quando Israele era fedele al Signore, il regno prosperava, quando era infedele, cadeva in rovina. Il tema principale è tutta una serie di avvisi e di punizioni avvenute nel corso dei secoli fino ad arrivare alla distruzione completa, minacciata per lungo tempo. 

La fine del capitolo 25 ci lascia con speranza: il re Ioiachìn, da prigioniero che era, successivamente fu riabilitato e ammesso alla corte del re di Babilonia e trattato con benevolenza. Il Signore non ci abbandona mai. Anche quando ci allontaniamo da lui, lui ci aspetta e ci apre la porta della sua misericordia senza limiti.

 

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