2Re 24,8-17 con il commento di Gianluca Conti



Dal secondo Libro dei Re
2Re 24,8-17 

Testo del brano
Quando divenne re, Ioiachìn aveva diciotto anni; regnò tre mesi a Gerusalemme. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Necustà, figlia di Elnatàn. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, come aveva fatto suo padre. In quel tempo gli ufficiali di Nabucodònosor, re di Babilonia, salirono a Gerusalemme e la città fu assediata. Nabucodònosor, re di Babilonia, giunse presso la città mentre i suoi ufficiali l’assediavano. Ioiachìn, re di Giuda, uscì incontro al re di Babilonia, con sua madre, i suoi ministri, i suoi comandanti e i suoi cortigiani; il re di Babilonia lo fece prigioniero nell’anno ottavo del suo regno. Asportò di là tutti i tesori del tempio del Signore e i tesori della reggia; fece a pezzi tutti gli oggetti d’oro che Salomone, re d’Israele, aveva fatto nel tempio del Signore, come aveva detto il Signore. Deportò tutta Gerusalemme, cioè tutti i comandanti, tutti i combattenti, in numero di diecimila esuli, tutti i falegnami e i fabbri; non rimase che la gente povera della terra. Deportò a Babilonia Ioiachìn; inoltre portò in esilio da Gerusalemme a Babilonia la madre del re, le mogli del re, i suoi cortigiani e i nobili del paese. Inoltre tutti gli uomini di valore, in numero di settemila, i falegnami e i fabbri, in numero di mille, e tutti gli uomini validi alla guerra, il re di Babilonia li condusse in esilio a Babilonia. Il re di Babilonia nominò re, al posto di Ioiachìn, Mattanìa suo zio, cambiandogli il nome in Sedecìa.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Meditazione
Gianluca Conti

Meditazione
Con la lettura di oggi arriviamo alla fine definitiva del regno di Giuda, anche se di fatto l’indipendenza politica era da tempo andata perduta, fin dal tempo di re Manasse. Da re Manasse in poi i re potevano continuare a “reggere” il territorio, in cambio di un tributo annuale piuttosto ingente da versare ai dominatori. Nel brano propostoci dalla liturgia di ieri avevamo visto lo smembramento dell’impero assiro e il recupero delle terre da parte di Giosìa. Siamo attorno al 600 a.C., Nabucodonosor sale al potere e, dopo una serie di guerriglie combattute a fianco di truppe fedeli siriane, ammonite e moabite, riprende il controllo completo di Siria e Palestina fino ai confini dell’Egitto. Gerusalemme viene cinta da un vero e proprio assedio. Il re Ioiakìm morì o fu assassinato. Gli successe al trono il figlio Ioiachìn. Il libro dei Re si attiene ad una riflessione teologica dei fatti, per cui la triste fine di Gerusalemme è dovuta allo sdegno del Signore per le cattive azioni che i predecessori di Ioiachìn avevano compiuto. Anche in questo caso al versetto 9 «(la madre di Ioiachìn) fece ciò che è male agli occhi del Signore», per cui dopo tre mesi i babilonesi espugnano Gerusalemme. La città non viene distrutta, ma vengono saccheggiati il tempio e la reggia. Secondo l’uso babilonese, essendosi il re Ioiachìn arreso senza opporre resistenza, vengono deportati lui, la famiglia allargata e la corte, i cittadini influenti, le maestranze e gli artigiani, nonché gli uomini abili alla guerra. Rimangono in Giuda le classi povere. Al governo fu messo lo zio di Ioiachìn, Mattanìa, al quale Nabucodònosor cambiò il nome in Sedecìa. Il cambio di nome è un segno di umiliazione per cui al governo del territorio di fatto c’è un funzionario nominato dall’autorità babilonese (Sedecìa), e non un legittimo familiare della dinastia del regno di Davide. Il popolo eletto non ha più il re, le ricchezze, il tempio. Molti partono per l’esilio. Prima il popolo aveva tutto e stava bene, adesso deve ripartire da zero. In questo periodo scuro sembra che il Signore sia assente, sembra che abbia abbandonato il suo popolo. Invece è presente. Anche oggi nei momenti bui il Signore c’è e sprona a ricominciare da capo.

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