Dal secondo libro dei Re
2Re 2,1.6-14
Testo del brano
In quei giorni, quando il Signore stava per far salire al cielo in un turbine Elìa, questi partì da Gàlgala con Elisèo. [Giunti a Gerico,] Elìa disse ad Elisèo: «Rimani qui, perché il Signore mi manda al Giordano». Egli rispose: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita, non ti lascerò». E procedettero insieme.
Cinquanta uomini, tra i figli dei profeti, li seguirono e si fermarono di fronte, a distanza; loro due si fermarono al Giordano. Elìa prese il suo mantello, l’arrotolò e percosse le acque, che si divisero di qua e di là; loro due passarono sull’asciutto. Appena furono passati, Elìa disse a Elisèo: «Domanda che cosa io debba fare per te, prima che sia portato via da te». Elisèo rispose: «Due terzi del tuo spirito siano in me». Egli soggiunse: «Tu pretendi una cosa difficile! Sia per te così, se mi vedrai quando sarò portato via da te; altrimenti non avverrà».
Mentre continuavano a camminare conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elìa salì nel turbine verso il cielo. Elisèo guardava e gridava: «Padre mio, padre mio, carro d'Israele e suoi destrieri!». E non lo vide più. Allora afferrò le proprie vesti e le lacerò in due pezzi. Quindi raccolse il mantello, che era caduto a Elìa, e tornò indietro, fermandosi sulla riva del Giordano. Prese il mantello, che era caduto a Elìa, e percosse le acque, dicendo: «Dove è il Signore, Dio di Elìa?». Quando anch’egli ebbe percosso le acque, queste si divisero di qua e di là, ed Elisèo le attraversò.
Recita
Cristian Messina
Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri
Meditazione
Gianluca Conti
Meditazione
Nella prima lettura di questa giornata leggiamo l'episodio del rapimento di Elìa sul carro di fuoco, episodio famoso: Elìa sparisce alla vista, mentre va in cielo sul carro condotto dai quattro destrieri di fuoco; sparisce, ufficialmente non muore. Entra quindi di diritto nella mitologia popolare giudaica, così che secoli dopo viene menzionato nel Nuovo Testamento in un paio di occasioni. Quando Gesù chiederà ai discepoli «la gente che dice che io sia», i discepoli riferiranno che per alcuni Gesù era Elìa o altro profeta risorto; ma ancor meglio Elìa si trova accanto a Gesù e a Mosè nella trasfigurazione sul Tabor. Tornando alla lettura odierna, il profeta Elìa giunge alla fine della sua vita terrena accompagnato dal suo fido discepolo Elisèo. Elìa cerca di lasciare indietro Elisèo compiendo varie tappe prima dell'arrivo al Giordano. Elisèo, però, sapendo che è alla fine dell'esperienza insieme al suo maestro, non lo molla. Si accoda ai due personaggi un gruppo di "figli dei profeti". Dobbiamo intendere questi uomini non come profeti, ma come discepoli, uomini di fede jahvista che facevano vita in comune, come fossero dei monaci ante litteram. Arrivati al Giordano, Elìa arrotola il mantello, gesto che può essere inteso come la conclusione del suo mandato. Col mantello arrotolato percuote le acque, che si dividono, consentendo il passaggio ai due. In altre occasioni abbiamo visto questo segno: Mosè nel passaggio del mar Rosso percosse le acque; Giosuè al fiume Giordano fece la stessa cosa. Il segno narrato qui dimostra che lo Spirito del Signore ancora risiede su Elìa, che chiede se può fare qualcosa per Elisèo. Elisèo non chiede, ma "pretende" due terzi dello Spirito del Signore. La richiesta è audace, perché due terzi – per quei tempi – era la quota che giuridicamente il primogenito aveva diritto a ricevere dalla successione del padre. Elisèo chiede cioè di essere riconosciuto principale discepolo ed erede di Elìa, che non si sente di accordarglielo. Mentre ancora camminano e parlano, Elìa viene rapito, sparisce alla vista.
Elisèo capisce di non essere stato accontentato, preso dallo sconforto, oppure infuriandosi, si straccia le vesti, ma poi vede a terra il mantello di Elìa ancora arrotolato, prova a dividere le acque
con il mantello e – prodigio! – le acque si dividono ancora. Questo fatto, compiuto davanti ai figli dei profeti, riconoscerà Elisèo successore ed erede di Elìa. Il rapporto tra i due non e' semplicemente il rapporto tra scolaro e maestro. C'è un di più che si nota nel momento del distacco definitivo: l'uomo di Dio emette un fascino, un qualcosa di inesprimibile che attrae. Non solo Gesù ha attratto folle (che sembravano un «gregge senza pastore»), ma ad attrarre sono stati e sono tuttora gli uomini di Dio, i santi della porta accanto, per cui piace stare a loro contatto, come per bearsi di una loro azione o parola per diventare noi stessi imitatori prima, e poi “creativi di Dio” noi stessi.