2 Samuele 6,12b-15.17-19 con il commento di Chiara Piscaglia



Dal secondo libro di Samuèle
2Sam 6,12b-15.17-19

Testo del brano
In quei giorni, Davide andò e fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom alla Città di Davide, con gioia. Quando quelli che portavano l’arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un giovenco e un ariete grasso. Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Davide era cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la casa d’Israele facevano salire l’arca del Signore con grida e al suono del corno.
Introdussero dunque l’arca del Signore e la collocarono al suo posto, al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; Davide offrì olocausti e sacrifici di comunione davanti al Signore.
Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti e distribuì a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua.

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

Meditazione
Chiara Piscaglia

Meditazione
Il re fa salire l’Arca alla città di Davide. L’arca era una cassa di legno che custodiva le tavole della Legge. Rappresentava il segno visibile della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. E’ bellissima la descrizione della gioia con cui avviene questo trasferimento. La parola gioia è proprio espressa ed assieme al nome del sentimento ce ne sono le manifestazioni: l’immolare il giovenco e l’ariete, la danza, le grida ed il suono del corno. Poi ancora la benedizione che Davide fa al suo popolo e la distribuzione di cibo buono e abbondante per tutti, abbondante, ma non eccessivo. Si parla di una focaccia, una porzione di carne e una schiacciata di uva passa per ciascuno, ci si sfama, ma non si esagera. E’ molto bella questa descrizione così dettagliata della festa per la presenza di Dio in mezzo al popolo. La sento molto necessaria per me e ringrazio sempre tutti coloro che sanno fare festa in modo semplice, conviviale, allegro, ma senza esagerazioni. Penso che sia quanto mai necessario questo fare festa per la presenza di Dio nelle nostre comunità. Una festa in cui c’è spazio per tutti, come nel testo c’è cibo per tutti, in cui ognuno sente che si è pensato anche a lui. Se non si fa festa dove si è certi della presenza di Dio, dove si deve fare festa? E fare festa non è semplicemente il divertirsi, questo è alla portata di tutti e tocca la superficie delle persone. Il fare festa è qualcosa di più profondo, di più intimo, magari anche con meno eccessi esterni, ma che fa sentire le persone in comunione perché appartenenti a qualcuno, non sole. E’ un po’ la prosecuzione del brano di ieri. Il popolo sente di appartenere al re, il re è certo della presenza di Dio in mezzo al popolo e questo è un invito  a fare festa. Come popolo ci riuniamo ogni domenica attorno al nostro re, Gesù, concretamente presente nell’Eucarestia, cibo per tutti. Ogni domenica siamo chiamati a fare festa. Che senso ha uscire dalla Chiesa “immusoniti”, o inclini  a chiacchierare  dicendo cose poco belle gli uni degli altri? Apparteniamo al re Gesù, Lui c’è, è concretamente presente fra noi, ed è necessario far festa, come dice il Padre nella parabola del Padre misericordioso, trovando ciascuno il modo concreto di rendere la festa visibile, a partire dai sorrisi e dagli abbracci sinceri e affettuosi a chi ci è accanto.

 

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