1 Samuele 1,9-20 con il commento di Paolo Vicini



Dal primo libro di Samuèle (1Sam 1,9-20)

Testo del brano
In quei giorni Anna si alzò, dopo aver mangiato e bevuto a Silo; in quel momento il sacerdote Eli stava seduto sul suo seggio davanti a uno stipite del tempio del Signore. Ella aveva l'animo amareggiato e si mise a pregare il Signore, piangendo dirottamente. Poi fece questo voto: «Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me, se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo».
Mentre ella prolungava la preghiera davanti al Signore, Eli stava osservando la sua bocca. Anna pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva; perciò Eli la ritenne ubriaca. Le disse Eli: «Fino a quando rimarrai ubriaca? Smaltisci il tuo vino!». Anna rispose: «No, mio signore; io sono una donna affranta e non ho bevuto né vino né altra bevanda inebriante, ma sto solo sfogando il mio cuore davanti al Signore. Non considerare la tua schiava una donna perversa, poiché finora mi ha fatto parlare l'eccesso del mio dolore e della mia angoscia».
Allora Eli le rispose: «Va' in pace e il Dio d'Israele ti conceda quello che gli hai chiesto». Ella replicò: «Possa la tua serva trovare grazia ai tuoi occhi». Poi la donna se ne andò per la sua via, mangiò e il suo volto non fu più come prima.
Il mattino dopo si alzarono e dopo essersi prostrati davanti al Signore, tornarono a casa a Rama. Elkanà si unì a sua moglie e il Signore si ricordò di lei. Così al finir dell'anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuèle, «perché - diceva - al Signore l'ho richiesto».

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Arrangiamento di Gabriele Fabbri

Meditazione
Paolo Vicini

Meditazione
Abbiamo una donna, Anna, che chiede al tempio il dono di un figlio maschio. E’ disperata, sembra quasi ubriaca, il suo sguardo è sconvolto. Anna fa una promessa: «Se avrò un figlio maschio lo donerò al Tempio». Ma perché chiede un figlio? Per il timore del giudizio delle persone che la accusano di essere imperfetta, di avere commesso qualcosa, visto che Dio l’ha resa sterile, oppure per dare un senso alla sua vita, perché si sente inutile e di non valere? Piuttosto che non diventare madre è disponibile a donarlo al tempio, non desidera allevare un figlio ma solo metterlo alla luce. Quando chiediamo a Dio qualcosa, lo facciamo perché pensiamo che Dio sia quel genio che esce dalla lampada che abbiamo strofinato con le nostre preghiere, per ottenere quello che cerchiamo per i nostri interessi, per coprire il giudizio degli altri per una cosa che non abbiamo, presi dal bisogno, oppure perché crediamo che effettivamente Dio sia nostro Padre e quindi possiamo chiedere a un Padre quello di cui abbiamo bisogno? E’ la differenza che c’è tra domandare una raccomandazione al potente di turno oppure chiedere al tuo babbo. Perché chiediamo a Dio? Dovremmo non farlo perché ci ricordiamo di lui solo quando abbiamo bisogno? Mentre leggevo il brano ho scoperto che hanno diagnosticato una grave malattia a una mia amica, non ci ho pensato due volte a chiedere a Dio la guarigione, non mi sono fatto tante domande. Anche i miei figli appena hanno un problema mi chiamano, anche nel cuore della notte. E’ il tema della richiesta di una grazia, di una guarigione. Chiedo al Signore di intervenire, di allontanare questo calice, di risolvere il mio problema come se l’avesse generato lui o almeno lui può risolverlo. Quando mi trovo in certe situazioni di bisogno mi chiedo se è lui che mi ha cacciato in quella situazione o qualcun altro, ma non posso pensare che sia lui a farlo, non posso pensare che sia un Dio sadico che mi mette alla prova e si diverte con me. Quando mi succede una cosa buona ne do il merito a Dio, dico.. grazie a Dio, «che regalo bello che il Signore mi ha fatto», ma quando mi capita qualcosa che non vorrei non riesco a dire le stesse cose. Penso allora alla mia immagine di Dio. Un Dio “onnipotente” come si sente nella Messa o un Dio “todo-poderoso” come traduce lo stesso passo della liturgia in spagnolo? Ossia, è un Dio che può tutto e quindi è responsabile di tutto quello che accade di bello e di brutto, oppure è un Dio poderoso? Non mi addentro in queste riflessioni teologiche, non sono capace di sostenerle. Penso a quando mia figlia di undici anni, che mi chiede con insistenza una cosa e io non sempre gliela concedo, o perché non posso o perché non penso le faccia bene. Credo che Dio faccia così con noi. La mia reazione e quella di mia figlia alla risposta del Padre fanno la differenza. Mia figlia di undici anni quando si sente dire un «no» risponde subito «allora non mi vuoi bene, allora non sei più mio babbo»..  Anche io posso arrabbiarmi con Dio perché non esaudisce i miei desideri, e quindi pensare in cuor mio che non mi vuole bene oppure posso dire «non sono d’accordo, non capisco», ma «sento comunque che sei mio babbo e che mi vuoi bene lo stesso, e che forse lo capirò un giorno quando diventerò “grande”». Dopo che Anna ha chiesto a Dio il dono di un figlio, il sacerdote Eli la licenzia augurandole che Dio ascolti la sua richiesta, e questo basta per cambiare il volto di Anna, per rasserenarla. Sente che comunque la sua domanda è stata ascoltata, non sa la risposta. Questo le basta, Dio non è rimasto indifferente alla sua preghiera. L’augurio è di riuscire come Anna a rasserenarci, sapendo che Dio sicuramente ascolterà la nostra richiesta.

Scarica la nostra App su