1 Samuele 3,1-10.19-20 con il commento di Paolo Vicini



Dal primo libro di Samuèle
1Sam 3,1-10.19-20

Testo del brano
In quei giorni, il giovane Samuèle serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo posto, i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuèle andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuèle era stato costituito profeta del Signore.

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

Meditazione
Paolo Vicini

Meditazione
Ci sono tre personaggi: Samuele, un giovinetto a cui ancora non era stata rivelata la parola di Dio, Eli, il vecchio sacerdote, e Dio. Sono le tre parti necessarie per avviare un fuoco: la benzina, la scintilla e l’ossigeno. Senza la presenza di tutti e tre la macchina non parte. Inizialmente è un problema di ricettore (Samuele) che non riesce a decodificare il suono che gli arriva, non capisce cosa sia, sente qualcosa, ma non sa dargli un nome, non è un problema di emettitore, di Dio che ci parla, ma siamo noi che non capiamo, che non riusciamo a comprendere. Ma perché Dio non è stato più esplicito con Samuele? Perché ha voluto che Samuele si sforzasse e cercasse l’aiuto di Eli? Per la libertà di Samuele di non interessarsi? Per l’impegno che ha dovuto metterci Eli, il sacerdote anziano, per capire cosa stesse accadendo? Dio è proprio strano e talvolta è illogico per noi. Cerca le strade più contorte per arrivare ai suoi progetti. Il Signore ha parlato nel tempio, ha parlato a un ragazzino che era destinato a stare nel tempio. Un ragazzo che ancora non aveva ricevuto l’annuncio. Dio alla fine parla a Samuele e «Nessuna parola andò persa», Samuele riuscì a tenerle tutte, aveva spazio, non aveva castelli interni, non aveva mai ascoltato la parola del Signore, era un puro. Eli gli dice la parola magica per capire il Signore: «parla, il tuo servo di ascolta», non basta un «Eccomi» a Dio per farlo parlare, ma vuole che ci mettiamo in ascolto, in silenzio, fermi di fronte a lui. Di solito siamo pronti al fare, abbiamo bisogno di fare delle cose, eccomi qua per fare quel servizio o quell’altro, ma riusciamo a metterci in ascolto? A fermarci in silenzio? Ma come metterci in ascolto? Come parla il Signore oggi nelle nostre comunità? A me parlano le persone noiose, quelle con cui faccio fatica, perché scavano dentro di me, mettono in discussione il mio senso di giustizia, e mi aiutano a amare e accogliere il diverso, a capire di non mettermi al centro delle cose con le mie idee e il mio aver ragione. Ognuno deve trovare il suo. Il Signore alla terza chiamata a Samuele si rimette accanto a lui. Devo pensare che le persone che incontro sono Dio che mi si mette accanto e io non debbo fare altro che ascoltarlo. Come Servo, senza sentirmi superiore, ma capire come li posso amare. Devo lasciare spazio all’altro, svuotarmi per fare entrare altro. Non basta l’«Eccomi» esclamato tre volte ma ci vuole: «parla il tuo servo ti ascolta».

 

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