Prima lettera di Giovanni 3,22-4,6 con il commento di Patrizia Gasponi



Dalla prima lettera di San Giovanni apostolo
1Gv 3,22-4,6 

Testo del Vangelo
Carissimi, qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da Dio, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato. Carissimi, non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo. Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto costoro, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. Essi sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio: chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da questo noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
F.Chopin. Andantino "Spring" B 117. Aya Higuchi. Creative Commons Attribution 4.0. Musopen.org

Meditazione
Patrizia Gasponi

Meditazione
Giovanni afferma con forza che l’unico comandamento ha due facce: la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e l’amore reciproco. La dimensione verticale e quella orizzontale, che sintetizzano lo statuto dell’essere cristiani. Perciò «chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato». Con tale affermazione l’autore cerca di spiegare che cos’è la comunione con Dio: è intimità, è reciprocità. È il dimorare in Dio e  essere sua dimora. La seconda parte del brano racchiude un intento polemico e nello stesso tempo chiarificatore, ponendo l’accento sulla contrapposizione tra lo Spirito di Dio e quello dell’anticristo. Giovanni si rivolge ai suoi interlocutori chiamandoli ancora “carissimi”, e fa loro due pressanti esortazioni: “non lasciatevi incantare da ogni spirito” e “non date credito ai falsi profeti”, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. Ed ecco, allora, che si manifesta la necessità del discernimento. Occorre vagliare l’esperienza spirituale, perché a volte possono nascondersi degli inganni. Nella storia della salvezza, infatti, compaiono anche i falsi profeti, ispirati dall’anticristo, di cui sono l’incarnazione, e non dal Signore. In questo caso si tratta degli eretici, ma già nell’Antico Testamento esisteva il problema di distinguere tra vera e falsa profezia. Geremia, ad esempio, ammoniva: «Curano alla leggera la ferita della figlia del mio popolo, dicendo: “Pace, pace!”, ma pace non c’è» (Ger 8,11). Gesù stesso mette in guardia «dai falsi profeti che vengono a voi in vesti di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?» (Mt 7,15-16). Paolo invece esorta Timoteo a custodire il deposito della sana dottrina (1 Tm 6,20). Nonostante le continue rassicurazioni in tutto il Nuovo Testamento della presenza dello Spirito di Dio nella comunità dei credenti, è chiaro come Egli non agisca in modo miracolistico. La sua presenza esige il discernimento, ed ecco perché Giovanni chiede di riflettere sullo Spirito della verità e lo spirito dell’inganno. Quest’ultimo è sempre causa di confusione, è divisivo, produce frattura. Lo spirito perverso che proviene dall’anticristo opera nei falsi profeti i quali, pur non essendo concordi tra loro se non nell’avversione totale allo Spirito di verità, possono apparire così seducenti da abbagliare i credenti. Giovanni indica allora tre criteri per un corretto discernimento: il primo è la retta professione di fede nell’incarnazione di Cristo: Gesù è vero uomo e vero Dio. È solo grazie all’ingresso di Dio nella storia, attraverso la carne di Cristo, che gli uomini hanno ricevuto la salvezza. Il secondo criterio è la valutazione dello spirito del mondo: tutti quegli atteggiamenti che allontanano dal cuore del Vangelo e si dimenticano della croce di Cristo in nome di un consenso facile e di una vuota apparenza. Il terzo consiste nell’ascolto dell’apostolo. Giovanni afferma: «Noi siamo da Dio: chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta». Egli invita all’ascolto del gruppo autorevole dei testimoni di Cristo, che sta all’origine della comunità. I falsi profeti non tengono conto dell’autorità apostolica né della comunità. Dio si manifesta anche nella voce e nelle azioni dell’autorità apostolica e dei fratelli e delle sorelle con cui si vive quotidianamente.

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