Prima lettera di Giovanni 2,3-11 con il commento di Patrizia Gasponi



Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo
1Gv 2,3-11 

Testo del brano
Figlioli miei, da questo sappiamo di avere conosciuto Gesù: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato. Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio. Il comandamento antico è la Parola che avete udito. Eppure vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera. Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
F.Chopin. Andantino "Spring" B 117. Aya Higuchi. Creative Commons Attribution 4.0. Musopen.org

Meditazione
Patrizia Gasponi

Meditazione
Affrontata nel passo precedente la questione del peccato, Giovanni si sofferma sui criteri dell’autentica esperienza di Dio, evocata mediante il lessico del “conoscere”. Per farlo, presenta tre esempi, uno negativo e due positivi: 1) Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo. La comunione con Dio è inseparabile dall’accogliere e attuare la sua volontà, per cui pretendere di conoscere Dio senza custodirne i comandamenti è falso e contraddittorio; 2) Chi invece osserva la sua Parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Con questo primo esempio positivo Giovanni sottolinea come l’amore verso Dio si compie in coloro che custodiscono la sua Parola. Non si tratta di una fredda osservanza, ma di qualcosa di prezioso da proteggere e curare, affinché porti frutto; 3) Chi dice di rimanere in Lui, deve anch’egli comportarsi come Lui si è comportato. Con il secondo esempio positivo viene presentato il passaggio da Dio Padre a Cristo, con lo scopo di differenziare in modo netto la visione dell’autore da quella degli eretici, i quali pensavano di conoscere Dio e di raggiungerlo “saltando” il Gesù terreno. Giovanni, al contrario, sostiene che solo nell’imitazione di Gesù, del suo agire nella storia, è possibile conoscere Dio e dimorare in Lui. I comandamenti e la Parola da osservare sono del Padre, ma la sua volontà si è resa visibile e imitabile nel cammino concreto di Gesù. Il cristiano, perciò, non ha davanti agli occhi una legge, ma un esempio vivo, una persona. Comportarsi come Cristo si è comportato è la vera condizione per conoscere Dio. Con l’appellativo “carissimi” Giovanni apre una nuova sezione della lettera. Il discorso è qui incentrato sulla dialettica del comandamento “nuovo” e “antico”, e sull’antitesi tenebra-luce. Precisa che i comandamenti si riassumono in uno solo e che camminare nella luce significa amare il fratello. Per Giovanni il termine comandamento non indica solo “precetto, legge, ordine”: in lui è soprattutto rivelazione della volontà divina, progetto, missione. Viene infatti scambiato, quasi fosse un sinonimo, col termine parola: il comandamento antico è la Parola che avete udito. I molti comandamenti non sono che la manifestazione esterna dell’unico comandamento che è l’agàpe, cioè l’amore totale e disinteressato, quello che si dona fino in fondo senza pretendere nulla in cambio, addirittura fino al sacrificio della vita. Di nuovo, lo specchio è la persona di Gesù. L’osservanza del comandamento dell’amore decide se si è nella luce o nelle tenebre, cristiani o no, ed è un comandamento nuovo perché è il segno, il frutto e insieme la causa del mondo nuovo che Gesù ha inaugurato. Il tempo è passaggio dalle tenebre alla luce, in forza dell’evento-Gesù, la luce vera che illumina ogni uomo. Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va.. Con la dualità luce-tenebre Giovanni evidenzia due tipi di esistenza che richiedono discernimento: occorre scegliere l’una e rifiutare l’altra, o viceversa. Egli dice che chi ama è nella luce e poi precisa: “non vi è in lui occasione di inciampo”. Chi ama riesce a vedere le cose nel loro significato più profondo. Anche chi non ama può conoscere molte cose, ma il suo sguardo è deformato perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi. La tenebra che acceca è la prassi dell’odio, del disinteresse, di ciò che ferisce l’amore fraterno. L’amore e l’odio non si fermano al piano dell’agire, ma raggiungono l’essere, penetrano nell’intimo della persona, rinnovandolo o corrompendolo.

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