Prima lettera di Giovanni 3,11-21 con il commento di Patrizia Gasponi



Dalla lettera di San Giovanni apostolo
1 Gv 3,11-21 

Testo del brano
Figlioli, questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal Maligno e uccise suo fratello. E per quale motivo l’uccise? Perché le sue opere erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste. Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui. In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
F.Chopin. Andantino "Spring" B 117. Aya Higuchi. Creative Commons Attribution 4.0 Musopen.org

Meditazione
Patrizia Gasponi

Commento

Il tema del brano è ben delineato nella dichiarazione iniziale: «questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri». L’intera esistenza cristiana consiste nella chiamata dei discepoli di Cristo ad amarsi vicendevolmente come li ha amati il loro Maestro e Signore, fino al dono assoluto della vita. È il comandamento nuovo, la parola costitutiva. In questa dichiarazione programmatica il messaggio di Giovanni giunge al suo vertice e, insieme, al massimo di semplicità e di concentrazione: amare o non amare equivale a essere cristiano o non cristiano, a vita o morte, a salvezza o a dannazione. All’amore vissuto e insegnato da Gesù, Giovanni contrappone la figura di Caino, che era del Maligno e uccise il fratello. Questa brutale uccisione, unico episodio dell’Antico Testamento riportato nella Lettera, evidenzia la drammatica sorgente del peccato: l’invidia, il rifiuto di donare la propria vita all’altro, fino a giungere all’odio profondo e all’omicidio. Sulla scia di questo scontro primordiale tra fratelli, che segna la storia dell’umanità e che purtroppo si riscontra nella cronaca di ogni giorno, viene collocata l’ostilità subita dai credenti da parte di chi, soggiogato dal Maligno, è costruttore di una cultura di morte. «Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia», spiega l’apostolo. In un mondo ingiusto, i giusti sono destinati a soffrire. Così è accaduto a Gesù, e così accade ai suoi seguaci. Ma se è vero che i cristiani subiscono l’odio di chi segue il Maligno, è anche vero che grazie alla loro esperienza di amore fraterno annunciano e testimoniano che una vita nuova è possibile. «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli». Chi non ama rimane nella morte. Se i cristiani non amano i fratelli, restano nelle tenebre e sono preda della morte; al contrario, amando, mostrano di essere viventi in Cristo, vivi della vita di Dio seminata nei loro cuori. All’odio omicida di Caino si contrappone infatti l’amore di Cristo, che dona la vita per tutti: «In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli». E per togliere ogni illusione a quanti pensano di essere disponibili al martirio senza vivere l’amore concreto e quotidiano, Giovanni fa subito un esempio: la condivisione con il fratello bisognoso. L’amore che si nutre di astrattezze, che reprime la compassione e la solidarietà, che non si traduce nei fatti, è pura ipocrisia. E chi, di fronte alla sorella o al fratello bisognosi di cibo e vestiti, si accontenta di belle parole, ha una fede sterile, morta, dice Giacomo nella sua Lettera (Gc 2,15-16). L’autore sa bene che gli uomini spesso sono egoisti e lontani dall’esempio offerto da Gesù: la consapevolezza di tale distanza dal Maestro può innescare in loro un lacerante dissidio interiore. Giovanni apre allora alla speranza ed esorta i cristiani a confidare nella bontà, nella misericordia divina: Dio è più grande del nostro cuore, conosce ogni cosa e non ci tratta secondo le nostre colpe.

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