Genesi 16,1-12.15-16 con il commento di Andrea Parato

Dal libro della Genesi
Gn 16,1-12.15-16 

Testo del brano
Sarài, moglie di Abram, non gli aveva dato figli. Avendo però una schiava egiziana chiamata Agar, Sarài disse ad Abram: «Ecco, il Signore mi ha impedito di aver prole; unisciti alla mia schiava: forse da lei potrò avere figli». Abram ascoltò l’invito di Sarài. Così, al termine di dieci anni da quando Abram abitava nella terra di Canaan, Sarài, moglie di Abram, prese Agar l’Egiziana, sua schiava, e la diede in moglie ad Abram, suo marito. Egli si unì ad Agar, che restò incinta. Ma, quando essa si accorse di essere incinta, la sua padrona non contò più nulla per lei. Allora Sarài disse ad Abram: «L’offesa a me fatta ricada su di te! Io ti ho messo in grembo la mia schiava, ma da quando si è accorta d’essere incinta, io non conto più niente per lei. Il Signore sia giudice tra me e te!». Abram disse a Sarài: «Ecco, la tua schiava è in mano tua: trattala come ti piace». Sarài allora la maltrattò, tanto che quella fuggì dalla sua presenza. La trovò l’angelo del Signore presso una sorgente d’acqua nel deserto, la sorgente sulla strada di Sur, e le disse: «Agar, schiava di Sarài, da dove vieni e dove vai?». Rispose: «Fuggo dalla presenza della mia padrona Sarài». Le disse l’angelo del Signore: «Ritorna dalla tua padrona e restale sottomessa». Le disse ancora l’angelo del Signore: «Moltiplicherò la tua discendenza e non si potrà contarla, tanto sarà numerosa». Soggiunse poi l’angelo del Signore: «Ecco, sei incinta: partorirai un figlio e lo chiamerai Ismaele, perché il Signore ha udito il tuo lamento. Egli sarà come un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui, e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli». Agar partorì ad Abram un figlio e Abram chiamò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito. Abram aveva ottantasei anni quando Agar gli partorì Ismaele.

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Lorenzo Tempesti. Maramore. www.suonimusicaidee.it. Licenza gratuita

Meditazione
Andrea Parato

Meditazione
Può capitarci che, per porre rimedio da soli a una situazione che non ci sta bene, facciamo più danni. È il caso di Sarài, che dapprima induce la sua schiava Agar a unirsi con Abram, perché pensa che il Signore le abbia impedito di avere prole, e in seguito, quando la schiava resta incinta e si comporta con disprezzo nei confronti della padrona, fa ricadere l’offesa subita sul marito. E Abram le dà carta bianca sulla schiava. Ecco, spesso siamo così: quando qualcosa non va come vorremmo, prima cerchiamo il colpevole presunto o il capro espiatorio, poi inventiamo soluzioni alternative per raggiungere il nostro obiettivo, senza preoccuparci delle conseguenze su persone e cose. Intanto Agar scappa nel deserto dove incontra il messaggero del Signore, un angelo che le annuncia la promessa di Dio, una discendenza che non si potrà contare. In certi passaggi ci sono elementi speculari con la chiamata di Abram. Nasce Ismaele, “Dio-ascolta (il-lamento)”. A questo punto gli esegeti biblici e gli esperti di antropologia culturale ricordano che la sua nascita vuole dare radici ad una intera popolazione: si tratta dunque di un mito fondante delle popolazioni arabe. Eppure, dopo la lettura del testo, non posso fare a meno di pensare che se le cose si fossero svolte con maggiore fiducia in Dio e meno voglia di mettere a posto da soli, forse il rapporti tra figli di Isacco e figli di Ismaele – tra discendenti di Ismaele e di Israele si potrebbe dire – sarebbe stato meno complesso. E forse quella mano che «sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui» sarebbero potute diventare delle mani di accoglienza in una stretta fraterna. Ma questo è ancora solo un desiderio che i fratelli faticano ad esaudire.