Ezechiele 28,1-10 con il commento di Massimo Cicchetti



Dal libro del profeta Ezechiele
Ez 28,1-10 

Testo del brano
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, parla al principe di Tiro: Così dice il Signore Dio: Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: “Io sono un dio, siedo su un trono divino in mezzo ai mari”, mentre tu sei un uomo e non un dio, hai reso il tuo cuore come quello di Dio, ecco, tu sei più saggio di Daniele, nessun segreto ti è nascosto. Con la tua saggezza e la tua intelligenza hai creato la tua potenza ammassato oro e argento nei tuoi scrigni; con la tua grande sapienza e i tuoi traffici hai accresciuto le tue ricchezze e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore. Perciò così dice il Signore Dio: Poiché hai reso il tuo cuore come quello di Dio, ecco, io manderò contro di te i più feroci popoli stranieri; snuderanno le spade contro la tua bella saggezza, profaneranno il tuo splendore. Ti precipiteranno nella fossa e morirai della morte degli uccisi in mare. Ripeterai ancora: “Io sono un dio”, di fronte ai tuoi uccisori? Ma sei un uomo e non un dio, in balìa di chi ti uccide. Per mano di stranieri morirai della morte dei non circoncisi, perché io ho parlato».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Benjamin Martins. Pure Potentiality. Diritti Creative Commons

Meditazione
Massimo Cicchetti

Meditazione
Ezechièle consegna alla storia la superbia del re di Tiro, potrebbe sembrare una pergamena ingiallita destinata al ricordo e poco legata alle nostre vicende personali. In verità il re di Tiro è una figura di assoluta attualità, per la sua tracotanza e la supponenza di essere superiore ad ogni uomo, così da considerarsi un dio. Molto spesso, anche se con minore vistosità, questa tentazione attraversa il nostro animo: non solo sentiamo sempre più debole il bisogno e la custodia di Dio Padre, ma arriviamo perfino ad affermare che non esiste più motivo di adorarlo, che i poteri custoditi nelle nostre mani sono tali da poterne superare la grandezza. Così il re di Tiro si sente talmente grande e potente da percepire la sensazione di essere a sua volta un dio, considerandosi alla pari del Signore. Cosa porta a tanta alterigia? Forse avere accumulato tesori preziosi e ricchezza di mezzi indescrivibile. Forse il possesso di un potere che permette di disporre a propria discrezione della vita di altri uomini e donne a lui sottomessi. Ancora, il pensiero di poter comprendere sempre meglio i meccanismi dell’universo, tanto da pensare che non ci sia più bisogno di adorare il Creatore, capace com’è di interferire perfino nei processi che regolano la vita e allontanano le malattie, che dominano le forze della natura e permettono la sopravvivenza in luoghi altrimenti ostili. Infine il disporre di armi e di soldati numerosi che gli consentono la conquista di nuovi territori e l’imposizione della sua effige nelle zone di conquista. Eppure non sono questi i poteri che possono elevare alla potenza divina. Tanto che per bocca del profeta Ezechièle il re di Tiro viene ammonito a considerare la propria fine, e nemmeno per mano del popolo di Israele, ma attraverso la spada di popoli stranieri che la sua cupidigia ha reso nemici e desiderosi di vendetta nei suoi confronti. Per quanto egli possa sentirsi  forte e invincibile non è immortale, si troverà presto a scoprire che la sua potenza è alla stessa stregua della fragilità di qualunque uomo. Molto spesso nella nostra civiltà moderna entriamo in possesso di facoltà che possono illuderci di essere vicini alla divinità: la manipolazione della vita, la modifica della natura per come ci è stata donata, la possibilità di disporre di grandi forme di energia da impiegare per ottenerne profitti e quasi mai il miglioramento della vita. Anche per questi sventurati che si credono invincibili, vicini all’immortalità, resta il monito divino attraverso la parola di Ezechièle, che li invita a considerare la loro natura umana e la loro caducità.

Scarica la nostra App su