Ezechiele 12,1-12 con il commento di Massimo Cicchetti



Dal libro del profeta Ezechiele
Ez 12,1-12 

Testo del brano
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli. Tu, figlio dell’uomo, fatti un bagaglio da esule e di giorno, davanti ai loro occhi, prepàrati a emigrare; davanti ai loro occhi emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo. Forse comprenderanno che sono una genìa di ribelli. Davanti ai loro occhi prepara di giorno il tuo bagaglio, come fosse il bagaglio di un esule. Davanti a loro uscirai però al tramonto, come partono gli esiliati. Fa’ alla loro presenza un’apertura nel muro ed esci di lì. Alla loro presenza mettiti il bagaglio sulle spalle ed esci nell’oscurità. Ti coprirai la faccia, in modo da non vedere il paese, perché io ho fatto di te un simbolo per gli Israeliti». Io feci come mi era stato comandato: preparai di giorno il mio bagaglio come quello di un esule e, sul tramonto, feci un foro nel muro con le mani. Uscii nell’oscurità e sotto i loro occhi mi misi il bagaglio sulle spalle. Al mattino mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, non ti ha chiesto la casa d’Israele, quella genìa di ribelli, che cosa stai facendo? Rispondi loro: Così dice il Signore Dio: Questo messaggio è per il principe di Gerusalemme e per tutta la casa d’Israele che vi abita. Tu dirai: Io sono un simbolo per voi. Quello che ho fatto io, sarà fatto a loro; saranno deportati e andranno in schiavitù. Il principe che è in mezzo a loro si caricherà il bagaglio sulle spalle, nell’oscurità, e uscirà per la breccia che verrà fatta nel muro per farlo partire; si coprirà il viso, per non vedere con gli occhi il paese».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Benjamin Martins. Pure Potentiality. Diritti Crative Commons

Meditazione
Massimo Cicchetti

Meditazione
Un’esortazione davvero attuale quella della parola di Dio attraverso Ezechièle, che si rispecchia nei giorni nostri. Come il popolo di Israele sempre più distante dalla dedizione rivolta a Dio verrà scacciato da Gerusalemme per diventare nomade e schiavo, così tocca a chi dimentica la presenza del Signore e predilige nuovi idoli. Questa scelta comporta il dover lasciare i propri agi, le proprie abitudini per una strada solitaria, ma che porta lontano. Annoto ancora una volta che le parole di Ezechièle non sono rivolte genericamente al popolo, ma ci parlano in modo individuale. Ci danno precisi canoni di riferimento: in una società che si ribella ai comandamenti divini per cercare un benessere materiale è necessario dare un esempio forte. Il peccato è un male virale, contagia rapidamente e porta in tempi rapidi alla dissoluzione dei costumi, allontanando la persona dalla proprio armonia. In un regno popolato da creature dissolute l’unica possibile soluzione è la scelta di una vita nomade. Partendo dalla parola di Ezechièle possiamo capire che la strada per il regno dei cieli chiede la fatica quotidiana di camminare lontano dalle comodità, dalle abitudini, dalla dissolutezza. Queste abitudini sono difficili da lasciare, non c’è una porta per abbandonare la città nel racconto che abbiamo letto. Con la fatica importante e personale si deve aprire un muro con le mani, è un’operazione dolorosa, è il discernimento che ci porta a capire che il nostro quotidiano è diventato un circolo vizioso che non porta al miglioramento ed alla crescita interiore. Ci si deve preparare con cura cercando l’essenziale indispensabile e solo quello, tale infatti è il bagaglio di chi deve camminare ogni giorno e non può che sopportare il peso delle cose più preziose alla vita, abbandonando tutte le altre inutili suppellettili. In questa efficace rappresentazione del profeta si legge ancora che questa scelta non deve essere nascosta da timidezza o pudori, è un atto di reazione alla stasi mentale e spirituale e deve essere evidente per chi ancora ozia in questo nulla della mente, deve essere un monito di esempio che dimostra che è possibile superare la propria pigrizia e con la sola volontà del cammino ritrovare la gioia della fatica e della scoperta quotidiana. Il gesto di coprirsi il volto rappresenta a mio avviso la necessità di non avere ripensamenti, di non guardare luoghi e persone della città che si lascia in modo da rimanere saldi sulla decisione presa. Questa figura nomade che ci racconta Ezechièle profetizza inoltre la venuta della figura cardine della nostra fede, che nel momento in cui inizia la propria azione profetica, abbandona la casa, lascia il proprio mestiere e si incammina senza una meta precisa a predicare la parola di Dio. Gesù profeta non ha più casa come ricorda il Vangelo di Luca, è lo stesso Gesù a spiegarci che: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».  L’abbandono è quindi definitivo ed è rivolto agli agi, alle cose materiali, con la leggerezza di chi possiede solo il bagaglio indispensabile per percorrere una lunga strada.

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